Regia Shyam Ramsay, Tulsi Ramsay
Cast Deepak Parashar, Amita Nangia, Shubha
Che sia una commedia o un horror,
il genere bollywood segue sempre degli schemi ben definiti , forse per questo
motivo il cinema indiano da noi viene sempre catalogato a parte. Anche questo
horror dei fratelli Ramsay non esce dal seminato, con peculiarità molto precise
anche se lontane mille miglia dal genere. Innanzitutto la durata, sfiancante,
di quasi due ore e mezzo, dilungate da siparietti e situazioni al limite del
surreale dove la trama principale inevitabilmente annega in un mare di
fregnacce, poi i numeri musicali, puntuali come la rogna, a irrobustire la
visione con canzoncine romantiche che sembrano uscite dal repertorio dei
Casadei. Non manca alla fine la storia d'amore tormentata come in questo caso
dove il giovane fotografo con un'orrenda pettinatura tipo "colpo d'accetta
in mezzo alla fronte" viene osteggiato nel suo amore per la bella (anche
se un pò tracagnotta) ricca ereditiera di Giovanni Rana (non scherzo...è
proprio lui in versione indiana, il cognome oltretutto è quello) dalla crudele
zia che vuole invece farla maritare con un bellimbusto di nome Vikram e per
farlo non esita a mandare i suoi scagnozzi a "convincere" il nostro
eroe.
La storia si svolge in quest'enorme palazzone dove risiede un demonio
barbuto con le mani adunche che rimane prigioniero dentro una fossa dalla
presenza di una croce che una specie di apostolo barbuto gli piazza sul
coperchio. Il demone tuttavia riesce a comandare una specie di statua cornuta
che si anima per spaccare la faccia prima a un servo ubriacone che pensa di
ripulire 2000 metri quadri con una saggina, poi ad un amichetto dell'ereditiera,
il quale viene seppellito subito dal resto del gruppo nella dura terra senza
nemmeno uno straccio di bara (e senza neanche una pala, per scavare usano una
zappa). I fratelli Shyam e Tulsi Ramsay non ci fanno mancare neanche i classici
combattimenti fintissimi tra teppisti baffuti vestiti come gli Wham dei primi
anni ottanta (del resto il film è del 1989!) e una specie di siparietto comico
in cui il ciccione amico del protagonista (che non è nemmeno lui uno
sfilatino!) si spaccia per un criminale baffuto che gira su un elefante in
mezzo ad una ridicola corte dei miracoli dove c'è persino un bambino con i
baffoni che parla come Alvaro Vitali.
Tutte situazioni che allungano il brodo
già insopportabile come la canzone che i due innamorati si cantano a turno e
che dovrebbe titolare nella versione italiana come "Non ti scordar di me" con tanto di
accompagnamento mazurkoso e vai col lissio indiano! C'è addirittura una scena
che sembra citare "A Nightmare on Elm Street" con le zampacce del
demone che spuntano fuori dal letto per abbrancare la ziaccia in un tripudio di
piume e gommapiuma che qualche disgraziato della Crew probabilmente lanciava in
aria alla cazzo di cane mentre si girava. Alla fine il demone viene impalato da
un crocefisso più grande ed esplode in una massa di fuoco, e siccome gli
effetti costano e bisogna sfruttarli, la scena dura almeno dieci minuti di
agonia (per lo spettatore). Il finale incomprensibile vede i sopravvissuti uscire
dal palazzo con in mano dei ceri, quasi
fossero in processione, ma a quel punto il cervello di chi assiste a questa
incredibile palla in celluloide, è talmente atrofizzato che non si cercano
spiegazioni, al massimo si cerca il telecomando per porre fine alla nostra
sofferenza.
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