martedì 26 marzo 2013

THE SINFUL DWARF

(Dværgen, 1973)
Regia
Cast , ,

Perfido e delirante come il nanerottolo protagonista, questo film danese ad opera di Vidal Raski è un vero focolaio weirdo che già dalle prime scene iniziali la dice lunga sul suo status di cult assoluto della corrente "women in cage" che nella prima metà degli anni '70 stava attraversando il mondo cinematografico occidentale. Anche se normalmente i film sul regime carcerario al femminile (condito spesso e volentieri da sesso lesbico e violenza) vengono ambientati in riformatori/centri di reclusione, in alcuni casi, peraltro straordinari ma incredibilmente originali, l'ambientazione poteva essere una cantina o, come nel caso di questo "nano peccaminoso", in una soffitta.
Il film inizia subito senza mezzi termici a darci una pratica dimostrazione di che cos'è il weirdo, vediamo infatti il bruttissimo Olaf (Torben Bille) che passeggia con il suo bastone e un cagnolino a molla, mostra il gioco a una ragazza che saltella sulle caselle disegnate col gesso sul marciapiede (anche se un pò grandicella per stò gioco eh), e mentre lei si china a carezzarlo, il nano gli dà una bastonata e si porta via trascinandola la giovane. Olaf vive con la madre, ex cantante e spogliarellista alcolizzata ed insieme gestiscono un ostello fatiscente. In realtà la donna passa il tempo con una sua amica a sbevazzare e rinverdire con assurdi teatrini canori, la sua carriera artistica. Intanto Mary (Anne Sparrow) e il marito Pete (Tony Eades) hanno la brutta idea di prendere una camera nell'albergaccio, subito sentono strani rumori e il nano che entra ed esce da una stanza buia. Naturalmente allo spettatore è dato subito di capire che dietro una porta sbarrata Olaf tiene segregate un gruppetto di ragazze completamente nude che assoggetta ai suoi voleri con la droga e le fa prostituire in una sorta di squallido harem.
Dopo un ora di questo delirio, fra amplessi vari, nudità, rumori, pupazzi a molla e siparietti caraibici, anche Mary verrà rapita dal nano che la stuprerà con un bastone obbligandola a cedere alle voglie dei suoi clienti. Fortunatamente Pete riesce a scoprire il commercio di droga che passa nascosto nei pupazzi di peluche che il nano passa a un riparatore di giocattoli, avverte la polizia e dopo una collutazione sanguinosa, Olaf si getterà dalla finestra. Le ultime scene vedono il cane a molla iniziale che zampetta attorno alla mano insanguinata del nano.
Come si evince dalla storia è un film che non va solo visto ma "vissuto",  gli attori non sono un granchè, alla protagonista si preferisce guardare le tette che soffermarsi sulle sue penose espressioni di angoscia   ma, nonostante la povertà dei mezzi, la bruttura della confezione (oltrechè del nano) e lo squallore dei temi trattati, si lascia vedere bene, sopratutto non si dimentica facilmente come non si dimenticano gli infernali giochi a molla che infestano tutto il film, titoli di testa (peraltro bellissimi) compresi.

martedì 19 marzo 2013

TRASH I RIFIUTI DI NEW YORK

(Trash, 1970)
Regia
Cast , ,

Il culo butterato di Joe Dallessandro in primo piano mentre si fa praticare un blowjob da una Go-go dancer è il perfetto biglietto da visita per una delle opere più rappresentative del cinema weirdo/underground così come concepito sia stilisticamente sia concettualmente dalla factory di Andy Warhol. Episodio centrale di un trittico minimalista  realizzato dall'eccentrico Paul Morrissey, Trash è pura essenza vitale di un cinema fatto con due soldi, 25.000 dollari per l'esattezza, una telecamera, un cavalletto e tanti personaggi schizzati che, uno dopo l'altro, esprimono le bassezze più estreme di una stagione assolutamente Straordinaria. Protagonista del film è Joe, Un tossicodipendente che convive con il travestito Holly, interpretato realmente da un transgender portoricano di nome Holly Woodlawn che Warhol incontrò per caso alla prima di Heat e che inizialmente doveva fare un piccolo cameo. La spontaneità interpretativa di Holly, invece, conquistò il regista che decise di affidarle il ruolo di co-protagonista.

Ed in effetti guardando "Trash" si finisce per farsi conquistare dal personaggio assolutamente fuori di testa di Holly, ossessionata dal riciclo della monnezza al punto da rinunciare al sussidio pur di non consegnare all'impiegato un paio di kitchissime scarpe argentate trovate per strada. Da parte sua Joe è invece talmente fatto da non riuscire più ad avere erezioni, nonostante l'innegabile successo con le donne, l'unica con cui sembra farcela è la sorella incinta di Holly, anche se visibilmente preoccupato di poter farle del male. Nel film colpiscono sopratutto i dialoghi assurdi che si alternano fra i membri del cast, dialoghi che partono dal progetto di un menage a trois fra Joe e una coppia borghese che lo scova in casa mentre tenta di rubacchiare qualcosa fino al delirante duello con l'assistente sociale a cui tentano di strappare l'assegno mensile.

Dalessandro appare quasi sempre nudo ma il regista non tenta di propinarcelo come oggetto sessuale, nonostante l'evidente fisico atletico del protagonista. La camera ostenta sui dettagli più crudi come il rito del buco con una siringa a pompetta che Joe sembra più titillare che premere. Eppure nonostante l'evidente poverta di mezzi, gli interpreti spesso monoespressivi e l'antiestetica imperante Trash rimane un documento straordinario, un'opera d'arte quasi dadaista e sopratutto uno spettacolo che affascina e avvolge come una coperta sporca, che nonostante le pulci riesce comunque, ancor oggi, a scaldare il corpo e la mente.

mercoledì 13 marzo 2013

ALEX L'ARIETE

(Id. 2000)

La storia del cinema italiano è piena di operazioni strutturate ad hoc per sfruttare il successo di questo o quel personaggio, sia che esso provenga dal mondo della televisione oppure dal mondo dello sport come nel caso di Alberto Tomba, sciatore ed ex carabiniere vincitore di numerosi trofei a livello internazionale. Spesso però queste operazioni, realizzate con un pressapochismo quasi imbarazzante risultano fallimentari in un primo momento salvo poi risalire la china gradualmente nell'olimpo del trash, dove non si butta via nulla ma anzi, dove certe ciofeche diventano motivo di aggregazione ludica per indimenticabili serate con gli amici.Alex L'ariete, primo e per fortuna unico tentativo di trasformare l'albertone nazionale in una star del cinema, è stato quello che si dice una vera e propria meteora nelle sale, scomparso nel giro di pochi giorni con risultati veramente disastrosi a fronte di un ingente investimento produttivo che si aggirava attorno ai 6 miliardi delle vecchie lire.
In realtà, a quanto si narra, il film non è altro che un rimontaggio di una serie televisiva mai andata in onda per ovvi motivi e da qui forse si capisce il motivo di una confezione da piccolo schermo con la regia di Damiano Damiani (Che ci ha lasciato da pochi giorni ed al quale dedichiamo un affettuoso saluto), il quale, pur avendo girato in passato titoli dignitosi come "Il giorno della civetta " e "Amityville Possession" era passato in seguito a dirigere sceneggiati televisivi (La piovra).
A questo si aggiunge anche l'exploit di Michelle Hunziker, molto apprezzata in televisione ma scarsamente dotata per il cinema e l'apparizione del pur bravo Orso Maria Guerrini, in tutto questo però emerge la presenza di uno dei più bravi sceneggiatori del cinema horror nostrano come Dardano Sacchetti, autore anche del soggetto. A ben guardare non è certo lo script il motivo di tanta bruttezza, anzi se fosse stato utilizzato un cast di altro spessore, probabilmente sarebbe uscito un buon action movie (ed in ogni caso le scene di sparatoria e scazzottamenti non sono poi così male neanche qui).
Quello che veramente distrugge tutto e lo trasforma in una farsa grottesca è sicuramente la recitazione elementare di Tomba, monoespressivo, incapace di dare forma compiuta ad una qualsiasi frase senza mangiarsi tre parole, eppure talmente "oltre" da rendere unica e sublime la bruttezza dell'insieme, dove l'intrigo giallistico si mescola con un road movie in cui il nostro eroe, Gis d'assalto, in colpa per non aver coperto un amico in una sparatoria, deve portare in tribunale un'indiziata per omicidio (La Hunziker). Ricciolone un pò farfallone, stupido al punto da lasciare in macchina la ragazza per andare in camera con un ex fiamma appena incontrata in albergo (Ramona Badescu), Alex tuttomuscoli deve contrastare il carattere ribelle della testimone che cerca in continuazione di scappare poichè nessuno crede nella sua innocenza, finchè un tris di cattivoni dove il capo fa talmente il duro da rasentare il ridicolo, tentano di farli fuori lungo il tragitto, portando finalmente l'ottuso Alex a dubitare della reale colpevolezza della biondina fino a individuare nella sua testimonianza una specie di tratta sado-maso delle prostitute a uso e consumo di ricchi violenti e assassini. Recitazione penosa a parte (ma di cui ormai si è detto di tutto e di più), il film è di una lentezza disarmante alla quale si aggiunge tanta pena nel veder rovinata la carriera di uno splendore come Corinne Cléry e, ultima ma non meno importante, una fastidiosa retorica propagandistica delle forze armate tipica delle fiction televisive con cui ci bombarda tutti i giorni l'odiata televisione.

mercoledì 6 marzo 2013

RAPE SQUAD

(Act of Vengeance, 1974)

Regia
Cast , ,

Linda (Jo Ann Harris) è una giovane donna in calzoncini che si attarda nella stalla a parlare con il suo cavallo, quando esce viene assalita da un losco figuro (Stanley Adams) vestito con una tuta arancione e una maschera da hockey, il quale dopo una violenta collutazione, immobilizza e violenta la ragazza obbligandola a cantare Jingle Bells. Sconvolta e ferita, la donna si reca alla polizia ma ne esce ancora più incazzata di prima di fronte allo stupido maschilismo ed all'impotenza delle forze dell'ordine. Si unisce quindi ad altre donne che come lei sono state stuprate dal misterioso maniaco per formare una sorta di squadra antistupro.
Capitanate da una bionda dedita alle arti marziali e perennemente vestita con il kimono (anche fuori all'aperto, nonostante il freddo) che mena calci e pugni, il gruppo di protofemministe in cerca di riscossa malmenano un tipo che ha abbordato una di loro in discoteca, sfasciandogli l'appartamento, pestano un pappone nero mentre cerca di picchiare una prostituta e danno una caccia serrata all'uomo con la maschera. Il novello Jason Vorhees, che viene chiamato Foul Mouth, dal canto suo delira frasi di onnipotenza machista registrandosi la voce in auto, strangola una della rape squad mentre dipinge quadri di fronte ad un lago fino ad arrivare allo scontro finale in un vecchio zoo deserto di notte dove la nostra protagonista chiuderà il cerchio prendendo il maniaco a badilate in faccia.
Siamo di fronte ad un classico B movie americano in perfetto stile anni '70, nato sull'onda del successo di Death Wish  con scene ad alto potenziale weirdo (fra tutte il confronto con un gruppo di carcerati, tutti con la maschera da hockey addosso), un pò di nudo qua e là ed echi di femminismo esplicito che tendono soltanto a mascherare quello che alla fine non è altro che un prodotto per voyeuristi pruriginosi che sbavano mentre il maniaco lecca le tette attraverso le feritoie di una maschera destinata in futuro ad ospitare ben altri e più terribili personaggi della storia horror moderna. La regia di Bob Kelljan si mantiene sui canoni di mestiere senza particolari guizzi, tendendo anzi ad allentare il ritmo in molte sequenze. Certo siamo di fronte ad una pellicola profetica dal punto di vista del villain di turno ma i motivi di interesse finiscono tutti qua.