martedì 17 dicembre 2013

BLOOD FEAST

(Id. 1963)
Regia
Cast , ,  


Qui basta una parola C-A-P-O-L-A-V-O-R-O. Questo è il primo splatter della storia del cinema, realizzato da Herschell Gordon Lewis utilizzando come effetti manichini lordati con parti di interiora animali. L'effetto ormai è un pò datatao ma se ci si immedesima nell'epoca in cui, questa pellicola da circuito di mezzanotte, sia uscita sugli schermi, ci si può rendere conto dell'effetto sgradevole che tutte quelle riprese di camera che ostentano sulle budella in vertiginosi primi piani. 

Considerarlo un semplice culto è sminuire la portata di questo film, un modo diverso di vedere hollywood, ovvero una subhollywood dal basso, dove la splendida playmate di giugno 1963 Connie Mason (interprete anche di Two Thousand Maniacs! ) vive un incontro di fuoco con un fervido seguace (Mal Arnold) della dea egiziana del sangue, Ishtar. Pronto a tutto pur di risvegliare la sua divinità dall'oltretomba, il maniaco non disdegna di preparare fumanti minestroni a base di parti femminili prelevate col machete a giovani ragazze bionde. 

L'assassino, che è pure zoppo, finirà molto male, non senza prima dare una dimostrazione di come si può animare un party di wasp americani con un festino egiziano a base di sangue. Tre anni dopo Psycho  , H.g. Lewis ci mostra (all'inizio del film) l'omicidio nella vasca da bagno, susseguendo le turpitudini in una serie di location alquanto insolite, difatti,  l'ambientazione del film è, paradossalmente, una zona residenziale immersa nel verde con tante villette tipiche degli anni '50. Un monito alla borghesia americana a considerare meno agi e denaro per guardarsi più "dentro", nelle proprie viscere.



mercoledì 11 dicembre 2013

IL POZZO DI SATANA

(Kaidan semushi otoko,1965)
Regia  
Cast , ,  



Non c'è niente da fare, il cinema giapponese ha delle sue precise peculiarità, indipendentemente dal genere a cui attinge. Una di queste è certamente l'essere sempre fuori dalle righe, spesso creando molta confusione nella trama ma assolutamente visionario nelle immagini. Nel caso di questo anomalo esempio di horror nipponico, le basi di riferimento sono decisamente il cinema gotico europeo, tuttavia il regista Hajime Satô (ricordato per opere pregevoli come "I mostri della città sommersa" o "Il ritorno di Diavolik) non rinuncia alla tradizione del sol levante esagerando in maniera sostanziale le atmosfere macabre di cui impregna la pellicola.


Ecco quindi che, immersa nella penombra di una ottima fotografia che satura i chiaroscuri accentuando la cupezza delle inquadrature, si sviluppa una storia di case maledette e maledizioni ordite dal marito morto della protagonista che si scoprirà essere una specie di serial killer paranormale in grado di trasmutare nel corpo del servo gobbo rassomigliante ad una brutta copia di Cristopher Lee ne "La Maschera di Frankenstein". Vediamo quindi il gobbuto trasformarsi gradualmente in una maschera kabuki intenta a spogliare e strozzare le giovani donne di casa. Da tutte le parti si odono urlacci, gemiti, porte che si aprono e si chiudono da sole, corvi aggressivi, mostri impagliati, cadaveri (realizzati in cartapesta) nascosti nei pozzi, tutto all'insegna di un allegro caos narrativo dominato da un continuo viavai di persone che suonano alla porta di casa. 

Il marito morto, dopo essersi infilato un fiore in bocca nella bara in una rara sequenza weirdo iniziale, si insinua anche nel corpo di una vecchia medium che, a un certo punto sbava,  capovolge gli occhi e urla come un'ossessa in quella che, a mio avviso, è una delle scene più memorabili del film (a dimostrazione che non c'è niente di più weirdo di una seduta spiritica giapponese). Avviandoci verso la fine del film si fatica a capire i tanti intrecci che il regista ci propone, tra cui un probabile inciucio tra la protagonista ed il suocero e una serie di morti sequenziali, fino al consueto rogo purificatore. Nonostante comunque gli eccessi tipici del cinema asiatico  Satô sviluppa una confezione di tutto rispetto, dominata da luci spettrali ed un bianco e nero opprimente, si potrebbe quasi paragonare l'opera al cinema di Antonio Margheriti se solo ci fosse stata più attenzione alla sceneggiatura. In ogni caso un filmino interessante che sarebbe anche utile riscoprire. Una curiosità, nell’edizione italiana il cast compare con pseudonimi inglesi come se, guardando le prime scene prima dei titoli di testa, non fosse già chiara la reale provenienza del film stesso.
 

martedì 3 dicembre 2013

A NYMPHOID BARBARIAN IN DINOSAUR HELL

(1990)
Regia
Cast , ,  



C'è solo da fare un grosso plauso al lavoro di recupero effettuato dalla Troma Entertainment per quanto riguarda la scena indipendente americana, in grado di scovare piccoli gioiellini come questo Nymphoid barbarian, e dargli la distribuzione e visibilità (seppur limitata) che meritano. In realtà di Nymphoid, in questo film a opera di Brett Piper, c'è solo il titolo, per il resto è tutto ambientato in un futuro postatomico ampiamente spiegato durante i tioli di testa che raccontano di come le guerre nucleari abbiamo regredito il pianeta terra allo stato barbarico e abbiano trasformato cani e gatti in mostruose creature, l'inferno dei dinosauri appunto. Per prima cosa vediamo la protagonista Lea (Linda Corwin) assalita da un gruppo di loschi figuri, il suo barbarico fidanzato Marn (Paul Guzzi) però la salva ed un orrendo brucone spuntato dal terreno fa il resto. I due fidanzatini, in puro stile adamo ed eva, raggiungono il mare. Qui però un gruppo di umanoidi truccati da Planet of the Apes con tanto di cresta verdognola hanno appena ammazzato un nanetto baffuto a cui il cattivissimo signore di tutto (Alex Pirnie) con l'elmo da scheletro divora un braccio. Avvistata la coppietta, il gruppo di cannibali ferisce lui e rapisce la ragazza.

Marn viene salvato da un vecchio (Al Hodder) che gli regala una pistola, il gruppo di crudeli mostri, mentre assiste allo scontro fra un mostruoso rinoceronte ed un cane dinosauro, si fa sfuggire Lea che viene aiutata da un barbaro (Mark Deshaies) con la folta chioma bionda e una maschera di pelle che gli copre il volto deforme. Dopo aver fatto amicizia ed aver raccolto alcune vestigia della precedente civiltà, tra cui una sorta di abecedario, i due vengono rintracciati dai mostri che uccidono il barbarico fantasma dell'opera e portano la ragazza in un terribile castello infestato da mostri di ogni tipo. Per fortuna il ragazzo non tarda ad arrivare, ammazza il crudele orco e salva la ragazza. Storia semplice e funzionale come potete leggere, sorretta da maschere anche ridicole ma decisamente spassose, mostri animati a passo uno nella migliore tradizione passatista, lotte, combattimenti e dialoghi ridotti al minimo.


Che volere di più da quella meravigliosa macchina dell'entertainment che è il cinema? Qualche soldo in più magari, una scrittura più impegnata, forse ma sinceramente trovo più appagante vedere realizzati i sogni di qualche appassionato underground come questo misconosciuto signor Piper, che assistere all'inutile e vacua operazione di marketing di qualche grossa major hollywoodiana ormai prima di anima.
Magari quella di Nymphoid è putrida e idiota ma almeno è un'anima pura e innocente, come gli occhi di un bambino che guarda meravigliato la schiera di mostri che appaiono sullo schermo per questi irrefrenabili, ridicoli, magici novanta minuti di puro divertimento.