lunedì 27 agosto 2018

LIQUID SKY

(Id. 1982)
Regia  Slava Tsukerman
Cast Anne CarlislePaula E. SheppardSusan Doukas 


Ha già compiuto trentasei anni questo proto manifesto new wave che è il capolavoro del musicista  e regista fallito, profugo russo, Slava Tsukerman. Alla sua uscita in Italia, il film fu pesantemente stroncato dalla critica, in particolare da Tullio Kezich che non approvò il plot confusionario che contraddistingueva la pellicola. In realtà Liquid Sky è uno splendido resoconto di un'epoca oscura, fatta di discoteche buie e di musica ossessiva (composta ed eseguita dallo stesso regista) , un mondo in cui Anne Carlisle canta "me and my music box" fra gemiti confusi e provocazioni sessuali mentre un ospite alieno la segue nelle sue vicissitudini erotiche. 


Truccata da eterno cadavere metropolitano la protagonista diventa schiava di un occhio extraterreste che estrae l'adrenalina provocata dall'orgasmo dei suoi concubini che, inevitabilmente, muoiono spogliati di ogni succo vitale. Una catarsi di autodistruzione tra amori saffici, new wave, droga (la sostanza che estrae l'alieno dal cervello umano è ovviamente oppiacea) e tutta la cupa enfasi degli anni 80, quelli dei Joy Division, dei Bauhaus, Dead can Dance e tutti gli altri cupi poeti di un decennio oscuro. Devo comunque notare con disapprovazione che questa pellicola continua ad essere non cagata dalla critica rivalutatrice di questi ultimi anni. Cosa aspettiamo ad eleggere a livello di culto questo spettacolare affresco degli anni 80?

lunedì 20 agosto 2018

JUSTINE UNA MINORENNE DELIZIOSA


(Justine and the Whip, 1979)

Se siete alla ricerca disperata del mitico "Justine ovvero le disavventure della virtù", excursus desadiano di Jess Franco dove compare Romina Power completamente ignuda e seviziata, attenti a non fare confusione con quest'altro titolo del regista spagnolo che qui si firma come David Though. Altri non è all'infuori di un mero rimontaggio di vari spezzoni presi qua e là dall'estesa filmografia di Franco, rimaneggiato e rimontato da Joe D'amato, il quale ha aggiunto elementi pornografici diretti da lui stesso. 

Uscito in Italia con il titolo "Justine, una minorenne deliziosa" (ma ha anche un altro titolo: “Le porno libidini di Justine”), il film in realtà narra le vicende di una spogliarellista tutt'altro che minorenne, infatuata di un aitante hippie ossessionato dalla religione che indugia spesso e volentieri nelle punizioni corporali a suon di frusta. La pellicola, quasi tutta girata in interno con primi piani e dettagli misti di parti anatomiche, volti, occhi, tette, culi e anche un pisellino che fatica a sollevarsi nonostante il generoso blow-job della protagonista, ha dialoghi ridotti all'osso mentre la narrazione è affidata a Lina Romay in fuoricampo. Di notevole suggestione sono le atmosfere psycho beat che legano la sofisticata fotografia ipersatura con le musiche di Nico Fidenco, prelevate da altri film musicati dal maestro (Emanuelle Docet!) e buttati nell'audio uno dopo l'altro senza soluzione di continuità. 

Se le scene erotiche risultano allo spettatore alquanto datate e di dubbio gusto, vanno un pò meglio le sequenze lesbiche tra Justine e una vecchia amica del cuore da cui fugge per consolarsi delle delusioni amorose. Certo i fan del maestro madrileno avranno sicuramente visto di meglio e devo dire che la sensazione di deja-vu in questo rimescolamento di corpi femminili, è molto forte. Non basta la rapata pubale della Romay, le autoreggenti e le scarpe con lo zoccolone ad eccitare, complice anche una confusione visiva che rischia più che altro di far venire il mal di testa. Franco compare in un breve cameo nella parte di un cliente di Justine che, alla vista del suo corpo nudo, esplode in un pianto infantile coadiuvato da sensi di colpa di tipo cattolico. Verso la fine troviamo anche una scena di necrofilia con la Romay che fa un pompino al suo compagno appena suicidatosi. questo prima di infilarsi una pistola nella vagina e porre fine anch'essa alla propria esistenza in un tripudio shakespeariano di dubbio gusto ma decisamente in pieno Franco style.

martedì 14 agosto 2018

THE DEVIL IN MISS JONES

(Id. 1973)

Regia  
Cast  , ,  


Dopo il polverone tirato su da Gola Profonda, il regista Gerard Damiano ci riprova con una sorta di porno favola dai contenuti catto-moraleggianti in cui Georgina Spelvin è Justine, una donna che ha sempre condotto una vita irreprensibile e morigerata, sconosciuta ai piaceri della carne. La disperazione porta la donna al suicidio e quindi davanti alle porte dell'inferno, qui John Clemens (che interpreta il diavolo Abaca) s'intenerisce della sua condizione e le offre qualche giorno per sfogare tutta la libido repressa nella sua esistenza. 

A questo il punto il film è una sequenza di apprendistato erotico dove Justine impara a fare blow Job, gode dei piaceri saffici (in una sequenza veramente ai vertici dell'arte pornografa) e passa da un'orgia all'altra fino al termine del suo patto satanico. E qui, purtroppo per lei, scopre di essere stata ingannata; in una sorta di contrapasso dantesco si ritroverà a condividere l'eternità con un pazzo (interpretato dallo stesso regista) frigido che parla solo di farfalle e ragni. Evocativa la scena finale in cui Justine maledice l'inferno masturbandosi di fronte all'inerme personaggio. Un film culto degli anni '70, epoca in cui porno non voleva dire solo una mera rappresentazione dell'atto sessuale ma una continua ricerca dell'eccitazione e dell'erotismo attraverso straordinarie perversioni cinematografiche che hanno decretato in quel periodo uno dei momenti d'oro di questo cinema sommerso ma decisamente irrinunciabile.

giovedì 9 agosto 2018

EROTICOFOLLIA


(Id. 1975)

In Italia quando si realizza un film weird si sta attenti ad ogni particolare, a cominciare dal titolo che, come da copione, non c'entra nulla con la trama della pellicola. Se di follia, infatti, il regista Mario Siciliano, ce ne ha messa tanta, di erotico invece c'è poco o nulla, a parte qualche nudo gratuito qua e là, in grado di provocare ilarità più che eccitamento sessuale. Il protagonista è una sorta di ricco playboy che si sveglia in una casa stile moderno anni settanta in cui il pavimento è disseminato di belle figone addormentate e seminude dopo quello che appare come un super party selvaggio. Ma il nostro, che si chiama Peter Crane ed è interpretato dal muscolosissimo e abbronzatissimo messicano Jorge Rivero, ha un piccolo problema, fa sogni stranissimi, tipo gente nuda con il pisello al vento che fa delle facce assurde. Poi incontra una francese che dice di averlo sognato a sua volta. A questo punto al protagonista gli prende una specie di raptus, comincia ad aprire e stringere il pugno in una sequenza che vorrebbe essere d'effetto ma risulta solo effetto ripetizione a catena, e poi la strozza.

L'incubo di Peter va avanti così, incontrando gente che non ha mai visto prima e facendola fuori. La spiegazione viene a galla a metà film quando esplode l'elemento soprannaturale, accompagnato dai soliti oggetti appesi a fili invisibili che affollano le stanze, vetri che esplodono, dischi che partono come lame rotanti alla Jeegrobodacciaio et similia. Sono le anime de li mortacci loro! Ovvero gli spettri di gente uccisa per invidia o cupidigia, che possiedono Crane come un involucro assassino, per scatenare la loro vendetta nei confronti di chi li ha subdolamente eliminati. A complicare le cose ci si mette anche il maggiordomo Walter che, dopo averlo a lungo spiato, cerca di ricattarlo, con l'unico risultato di finire appeso al muro a sputare sangue e schifosissime rane (ma che si calavano 'sti sceneggiatori una volta?!). Fortuna che entra in scena una amorevole psichiatra che prende il nostro eroe sotto la sua caritatevole ala protettrice e se lo porta in montagna ma anche qui si scatenano le forze occulte...e anche la confusione del regista che da qui in poi sembra essersi veramente calato un acido. 

Arriva anche il poliziotto che da tempo indaga sui delitti, nonostante abbia qualche problema di udito (ogni tanto, come fenomeno extrasensoriale, perde completamente l'audio di quello che gli accade intorno, mah!) e all'improvviso con un taglio di montaggio degno di un salumiere, ecco che Crane con la psichiatra sono in macchina, sparati a folle velocità verso un dirupo, abbagliati da misteriose luci oscure. Il finale rimane quindi aperto a possibili interpretazioni che vadano oltre la tossicodipendenza di chi ha scritto questo pasticciaccio in cui riesce ad avvilirsi anche il cameo di Richard Conte, fresco fresco direttamente da " Il Padrino" e pronto a farsi cannibalizzare dal cinema bis-tris-italiano. Rimangono in positivo le atmosfere che rendono il prodotto appetibile ai nostalgici puri e duri oltre alle ottime musiche beat realizzate dal bravo Stelvio Cipriani. Il film è conosciuto anche con il titolo "Malocchio" a cui aggiungerei, per coerenza, un bel "Occhio e prezzemolo finocchio"!