lunedì 25 settembre 2017

I CARNIVORI VENUTI DALLA SAVANA



(Squirm, 1976)
  
Inizia con un forte temporale, poi una torretta dell'alta tensione si spezza mentre la telecamera ostenta dettagli di viscidi vermoni zannuti che emettono una serie di improbabili suoni. Ed è proprio l'improbabilità il leit motiv più frequente nella pellicola di Jeff Lieberman, che nuota sulla falsariga di The Birds il capolavoro del sottogenere denominato "eco horror"  realizzato nel 1963 da Alfred Hitchcock (improbabilità #1). Anche qui il crescendo dell'orrenda invasione viene sviluppato gradualmente partendo da un verme che nuota nel cioccolatte di Don Scardino, allegro studente di New York che arriva nella piccola cittadina a trovare la sua amata Patricia Pearcy. Iniziano quindi a verificarsi strani incidenti, la doccia inizia a sputare viscidi lombrichi (un chiaro omaggio a Psycho ), nel terreno vengono ritrovati dei cadaveri ridotti a mucchi d'ossa. 

Ma la scena migliore è quando, sulla barca Patricia allontana il muscoloso spasimante R.A. Dow facendolo cadere (improbabilità #2) su una scatola di vermi da pesca che gli si infileranno nella faccia, uno dei pochi effetti speciali del film, molto ben fatto, che fa ancor oggi la sua porca figura. Scopriamo quindi subito che un cavo dell'alta tensione staccato sta scaricando nel terreno migliaia di volts, ed è proprio questa la causa della trasformazione di innocui vermetti in aggressivi carnivori  (improbabilità #3). Ben presto la moltitudine strisciante farà cadere un albero sulla casa della protagonista (improbabilità #4) e si potrà assistere quindi ad una schifosa fiumana di spaghetti gommosi che inonderanno l'abitazione tenendo sotto assedio i nostri eroi per tutta la notte.

Ma non è tutto, il muscoloso Roger (lo spasimante) tornerà infatti, con i vermi infilati ancora dentro la pelle (improbabilità #5) nel tentativo di riprendersi la sua amata, arrivando, nel finale, a strisciare lui stesso, come un insetto su per le scale inseguito dalla sua nefasta corte di larve carnivori. Nonostante le numerose improbabilità della trama però, il film è gradevole, recitato con piglio quasi da teenage comedy, ed ha il grande merito di non far vedere più di quello che si può permettere. Una perplessità sul titolo italiano: ma se tutto il film è ambientato in una piccola comunità rurale americana, cosa cavolo c'entra la Savana?

lunedì 18 settembre 2017

MEGA PIRANHA (2010)

(Id. 2010)
Regia  
Cast  , ,




Quelli della Asylum ci hanno ormai abituato alla loro cafonaggine cinematografica, al punto che proprio quest'ultima rischia di diventare il loro marchio di fabbrica, nel bene o nel male. Le caratteristiche peculiari di questo stile sono un montaggio frenetico stile anni novanta, grande dispendio di freeze frame e accelerazioni del timing, al punto che si arriva a pensare che l'addetto al montaggio sia malato di Parkinson. Va da sè però che si deve riconoscere una grande inventiva nel realizzare con poco quello che invece costerebbe tanto, certo la vaccata è sempre dietro l'angolo ma almeno il divertimento è assicurato.Fatte queste giuste premesse, chi si avvicina al cinema della Asylum ormai sa quello che si deve aspettare: truzzaggine senza ritegno, effetti speciali che neanche il Commodore 64 e nessuna vergogna nel plagiare le grandi produzioni hollywoodiane al punto che ormai l'obiettivo è precedere, così mentre tutto il mondo attende trepidante Piranha 3D di Alexandre Aja, remake dell'omonimo cult di Joe Dante, questi ci piazzano MegaPiranha in prima televisiva sul canale SYFY Channel il 10 Aprile. Nella stessa serata poi, come se non bastasse, seguiva il già acclamatissimo cult Mega shark vs. Giant Octopus. Ed è proprio da quest'ultimo, terrificante (inteso a livello estetico) titolo che l'esordio di Eric Forsberg trae maggiormente spunto, anzi direi che in due o tre scene utilizza gli stessi, riconoscibilissimi, set, quindi oltre il mockbuster, signori, siamo di fronte al plagio del plagio del plagio. In altre parole un capolavoro!!

Ma andiamo con ordine. Il protagonista è Fitch (Paul Logan), iperpalestrato di turno e invincibile agente speciale che si reca in Venezuela dove incontra la biologa Sarah Monroe (interpretata da Tiffany, pop singer anni 80, icona dei teen-ager qui leggermente inchiattita) che lo informa dei recenti attacchi di una razza preistorica di piranha giganti che si aggirano sul fiume Orinoco. Dopo essere stato accolto dall'esercito locale del colonnello Antonio Diaz, Finch si reca sul fiume per tastare con mano la situazione. E qui assistiamo al primo lampo di genio stile Asylum in cui le immersioni vengono realizzate in soggettiva (molto probabilmente comprate da qualche scuba-diver) e Finch inquadrato più volte sott'acqua da fermo probabilmente immerso in uno stagno puzzolente. Dopo aver avuto un teté a teté con un mostruoso pescione dai dentoni ricurvi (hanno una strana idea di come sia fatto un piranha da quelle parti), Fitch convince il Colonnello Diaz ad organizzare una spedizione notturna per bombardare il fiume e qui assistiamo ad un'accozzaglia di sequenze realizzate in CGI, alcune decenti, altre inguardabili al punto che ci si chiede perchè non si faccia in sede di montaggio un po' di selezione.Vabbè, a un certo punto non si sa cosa è fatto peggio, se i piranha al computer (che sembrano fuoriusciti dall'incubo di un disegnatore della Disney) o gli elicotteri digitali, fortuna che ogni tanto ci sono anche i pescioni fatti con la gomma che ci ricordano di quando c'era la Full Moon Entertainment. Comunque man mano che la storia prosegue la tamarraggine perde qualsiasi approdo con la realtà trasfigurando il tutto in puro genio weirdo con Piranhoni giganti che nuotano come delfini e vanno a schiantarsi dentro le case sulla spiaggia, zompando sopra interi atolli, disintegrando letteralmente le barche fino a divorare un'intera portaerei in una sequenza che dire è fatta col culo può essere quasi un complimento. 

Anche se la scena Cult (che ha già sconvolto il mondo nei trailer messi in giro) è sicuramente quella dove Fitch si butta a terra e assesta un bel po' di calcioni in faccia ai piranha.AH! Ma non è finita qua, come per magia spunta il sottomarino atomico già masticato dal mega-shark del precedente film che lancia contro i poveri pescioni un bel missile nucleare. La cosa divertente è che nonostante la deflagrazione a pochi chilometri di distanza, il sottomarino non fa una piega, no dico, neanche una vibrazioncina piccina picciò! Peccato che manco la bomba atomica fermi i mostri, così il buon Fitch decide di organizzare un ultimo disperato attacco con sommozzatori esaltati come Marine e armati di superfucili ma nella mischia spunta fuori l'elicottero del colonnello Diaz che è incazzato con Fitch perchè aveva liberato i biologi che lui stava torturando (prendendoli a libri in faccia, della serie la morte della cultura), arriva quindi un megapiranha che attacca l'elicottero trascinandolo sul fondo in una scena peraltro molto debitrice a L'ultimo Squalo del buon Enzo Castellari (che del resto avevano già omaggiato con la mitica scena dell'aeroplano in Mega-Shark).

Ovviamente il lieto fine è d'obbligo con i piranha che si divorano l'un l'altro o almeno pare perchè la scena va in loop e per dieci minuti vediamo gli stessi pescioni che roteano su sè stessi cozzando contro il cadavere di uno dei loro simili. Insomma non manca niente? Ah si, il bacio finale tra la biologa e il truzzone Finch, sicuramente una storia d'amore destinata a durare.
 

lunedì 11 settembre 2017

LE TOMBE DEI RESUSCITATI CIECHI

(La noche del terror ciego, 1972)
Regia
Cast  , ,  



Cosa rende grande Amando de Ossorio se non la capacità di fare quattro film con una trama così diversa tra loro  utilizzando sempre gli stessi protagonisti? Stiamo naturalmente parlando dell'ordine oscuro dei resuscitati ciechi: cavalieri scheletro dediti a rituali satanici nonchè al cannibalismo ed al vampirismo ai quali furono asportati gli occhi e che, dopo morti, arrancano con i loro cavalli spettrali attraverso vecchi cimiteri e monasteri abbandonati. In questo primo episodio della quadrilogia, forse il migliore della serie, la trama nasce dalla fine, ma in modo talmente impercettibile che non ce ne rendiamo conto quando in una piscina di lusso, due ex compagne di scuola con un passato lesbico, si reincontrano e decidono di farsi un viaggetto insieme col trenino panoramico  che sfreccia lungo le vallate madrilene. 

Una delle due Virginia (María Elena Arpón) non gradisce però le attenzioni che il loro accompagnatore Roger (César Burner) ha per la bella creatrice di manichini Betty (Lone Fleming). Infastidita, Virginia scende dal treno in moto per recarsi in una cittadella che ha visto dal finestrino. Peccato che si rivelerà un vecchio monastero abbandonato e a Virginia non resterà altro che passare la notte lì. Mal gliene coglierà visto che gli sgradevoli zombie incappucciati riposano proprio in quelle vecchie tombe e non tarderanno a far sentire la loro silente presenza. Pedro e Betty ritroveranno il cadavere della ragazza  pochi giorni dopo, orribilmente sbranato, e decideranno di scoprire cosa è successo al vecchio monastero. Scopriranno quindi una terribile leggenda che avvolge il luogo, leggenda che prenderà forma in Virginia, anch'essa resuscitata e famelica. Il finale vede una specie di assalto al treno zombesco davvero efficace che poco lascia vedere ma tanto sentire (e difatti i cavalieri zombi possono solo sentire). 

 

Il film si chiude con urla e strilli decisamente sopra le righe, un pò come tutto lo sviluppo della sceneggiatura, non privo di momenti di ironia e di erotismo (un pò) gratuito. I personaggi e le situazioni vengono però approfonditi talmente bene che ancor oggi si riesce a provare inquietudine in questa produzione ispano lusitana, ma solo se ci si dimentica dei mezzi e dell'epoca che inevitabilmente agiscono impietosi sulla pellicola facendola apparire un pò datata (ma i contenuti sono sempre attualissimi). Per apprezzare "Noche del terror ciego" basta lasciarci coinvolgere dalla fantasia malata di un autore come De Ossorio, uno tra i più particolari e misconosciuti registi degli ultimi quarant'anni. 

mercoledì 6 settembre 2017

HARDGORE

(Id. 1976)
Regia
Cast  , ,




A prescindere dal geniale titolo, si deve sentire molta nostalgia nei confronti dei porno in pellicola degli anni '70 per apprezzare questo rozzo prodotto della mente deviata di Michael Hugo (originariamente neanche accreditato nei titoli come regista). Una deriva psichedelica porno horror, la prima nella storia del cinema, che spinge il tasto verso estremi, per il periodo in cui il film raggiunse le sale, veramente disturbanti. La ninfomane Maria viene ricoverata in una clinica per disturbi sessuali, già dopo i primi 3 minuti fa conoscenza con una prima infermiera che le propone alcuni giochetti saffici. Dopo la doccia di rito l'infermiera scompare, Maria la trova sgozzata in corridoio poco prima di essere coinvolta in un'orgia satanica dove viene palpeggiata, su un lettino, da un gruppo di uomini in maschera, fra i quali uno viene anche evirato mentre riceve una fellatio. Maria incontra un'altra infermiera con cui scopre le gioie del vibratore, al punto da rimanerci quasi impalata. 

Il tutto si trasferisce in un'altra orgia decisamente pittoresca, accompagnata da musiche psichedeliche e valori cromatici molto elevati, con una poveretta, vittima sacrificale del grande maestro con maschera diabolica al seguito (che declama in continuazione Nirvana! Nirvana!) il quale la condanna alla ghigliottina, non senza essere prima finire deflorata dallo stesso boia. Il medico raccomanda a Maria di stare cheta ma c'è poco da stare tranquilli visto che il luminare stesso è dedito a riti orgiastico sanguinari. Con un complice il dottore conduce la ninfomane in una sorta di obitorio pieno di donne sgozzate dove il collega si dedica al rapporto necrofilo con uno dei cadaveri. La scena malata e sanguinaria diventa idilliaca durante il rapporto tra Maria ed il medico per poi ritornare malattia pura nell'ennesima orgia finale in cui la protagonista stessa impazzisce e compie un massacro con un'ascia medioevale, prima di essere soppressa a colpi di teschio umano. Il film si interrompe dopo un'ora abbondante in cui il sesso la fa da padrone con dovizia di particolari, sederi e vagine pelose e corpi avvinghiati in un continuo ansimare (ma chi sei Piero Angela? n.d.r.). 
  
La colonna sonora però ogni tanto ci regala qualche urlo, tanto per sottolineare che, oltre ad essere un porno, questo è anche un horror, di più: una divagazione splatter della gioia del fare l'amore condita da momenti veramente weirdo tra i quali non posso non citare la scena cult assoluto di una serie di peni razzo che fanno bukkake sul corpo della nostra eroina. Hardgore è il cinema di Hershell Gordon Lewis portato all'estremo, nella reale pornografia dove lo spessore dell'arte si misura in liquidi. Se nel cinema splatter l'unità di giudizio è definita dai litri di sangue sgorgato, in Hardgore la si può misurare attraverso il rapporto tra sperma ed emoglobina: inevitabilmente, ci accorgeremo che la bilancia pende decisamente verso il primo. Tra gli attori, tutti prescindibili in un contesto del genere, non si può non ammirare il volto fresco, sofferto e naturale dell'interprete principale, una Justina Lynn impegnata fino in fondo nel suo personaggio e che, nella sua totale semplicità, manda a casa le finte pornostar di quest'epoca dominata dal porno di plastica!