venerdì 19 dicembre 2014

L'ULTIMO SQUALO

(Id. 1981)
Regia
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Negli anni ottanta non era una novità che le produzioni nostrane copiassero o quanto meno si ispirassero al cinema americano per realizzare prodotti cinematografici ad uso esclusivamente commerciale. Nessuno però aveva mai osato tanto come Enzo G. Castellari quando ha fatto uscire nelle sale questo Ultimo Squalo! Talmente commerciale da ottenere un incredibile successo negli Stati Uniti, talmente derivativo da far incazzare la Universal al punto da intentare una causa per plagio, decretando l'entrata di questo clone del celebre Jaws nell'olimpo della cinematografia monnezzara a 360°. 

La storia ricalca in pieno il film di Steven Spielberg con James Franciscus nella parte dello "squalologo" e Vic Morrow in quella del solito pescatore scafato ed esperto, ovviamente, in mostri marini. A subire i primi attacchi sono dei ragazzini che fanno windsurf e sin da subito Castellari si cimenta nei suoi mitici ralenty che lo hanno reso famoso nel cinema di genere. Ma il vero punto di forza del film sono le spettacolari esplosioni delle barche quando il mostro le attacca da sotto lo scafo, un vero e proprio marchio di fabbrica di un regista nato sotto il segno del cinema d'azione. Ovviamente questo Ultimo squalo è girato in straeconomia ma sono diversi i momenti di assoluto genio che un artigiano privo di soldi deve realizzare per tener testa alle produzioni più elevate. Primo fra tutti l'uso di una boa in bocca allo squalo per segnalarne economicamente la presenza a bordo acqua durante una regata dove tutti i partecipanti si buttano in mare quando passa il palloncino.

L'uso promiscuo di sequenze di repertorio con reali aggressioni da parte del grande squalo bianco sono sapientemente mescolate nel montaggio con quelle realmente girate per il film, e addirittura Castellari si sbilancia nella spettacolare sequenza dello squalo che trascina a fondo addirittura un elicottero. Per non parlare delle scene subacquee dove lo squalo si trasforma in muratore e comincia a chiudere una grotta coi pietroni spinti col muso. Quando si erge fuori dal mare il mostro rivela la sua posticcia natura di cartapesta muovendo le fauci come una bambolina che chiama la mamma! Ma tutto questo non ci impedisce di provare reale tenerezza e affezione per questo spettacolare junk movie che, nonostante la cialtroneria dei suoi mezzi, si è rivelato un ottimo affare, quando ancora il cinema pareva esserlo per gli italiani.
 


lunedì 15 dicembre 2014

RUBBER'S LOVER

(Id.1996)
Regia
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Fukui Shozin deve essere rimasto veramente sconvolto dalla visione di Tetsuo, dal momento che sia la sua opera d'esordio "964 Pinocchio" e questo "Rubber's Lover" richiamano le atmosfere post-punk-cyber-industrial del maestro Shinya Tsukamoto. Iniettato da un cupo bianco e nero il film si snoda tra deliri narrativi, visioni psycho-cinematiche e personaggi al limite dell'umano. Nelle prime sequenze vediamo subito una specie di infermiera che passa il tempo a leccare un tipo legato che urla come una scimmia. Poi ci si addentra tra le maglie di un assurdo esperimento per liberare poteri psichici da una cavia umana vestita in stile fetish e legata strettissima, imbottita di una droga chiamata "etere" (ma che non fa per niente venire la vocina!) e attraverso un macchinario composto da gigantesche casse audio chiamato DDD bombardata da ultrasuoni al fine di stabilizzare il bulbo oculare ripreso da uno schermo attaccato all'occhio. 

I risultati iniziali non sono incoraggianti visto che la cavia esplode e i due scienziati pazzi schizzati, uno con il culto dei propri muscoli che gira sempre in slip e calzini, l'altro che passa il tempo a inserire nastri e a schiacciare pedaliere e distorsori per chitarra elettrica, devono ripiegare su una nuova cavia a cui applicano un enorme casco in puro stile "cura ludovico" con tanto di dolorosissimi serra palpebre. Di più, i loro finanziatori minacciano di sospendere tutto e inviano una dipendente per avvisarli. I due pazzi però la rapiscono e la stuprano mentre danno vita al nuovo esperimento in cui l'etere viene addirittura iniettato via anale attraverso un gigantesco pistolone a pompa.

L'esperimento riesce ma la cavia Shimika si trasforma in un assurdo essere con due schermini  LCD fissati alle anche che inquadrano i due bulbi oculari ondeggianti, tutto vestito con tuta nera in lattice e un casco composto da materiale ferroso riciclato qua e là. Poi tutto degenera tra luci stroboscopiche, cavi che oscillano, bava schiumosa e spruzzi di sangue dappertutto. Difficile seguire la trama che verso la fine diventa un puzzle assurdo di situazioni e visioni psichedeliche. Di certo più della storia, affascina la componente visiva di quest'opera che recupera e costruisce attraverso la spazzatura industriale nuove architetture deliranti, montate ad arte per generare immagini da incubo. La recitazione sopra le righe raggiunge livelli camp imbarazzanti, tutti urlano come pazzi, si agitano e dicono cose deliranti. Praticamente un film perfetto se lo guardi senza audio.
 





lunedì 8 dicembre 2014

UOMINI COCCODRILLO

(The Alligator People, 1959)
Regia
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Questo film è la dimostrazione che anche in certe produzioni low budget possono nascere idee interessanti pur supportate da effetti e trucchi assolutamente modesti. E' il caso di questa pellicola diretta da Roy Del Ruth e scritta da Orville H. Hampton e dalla quale è stata tratta l'ispirazione per uno dei più inquietanti comprimari di Spider-Man, ovvero Lizard. Il mito del dottore che tenta di ricreare gli arti umani asportati utilizzando ormoni di rettile (in questo specifico caso l'alligatore) viene qui per la prima volta esemplificato in una storia in bianco e nero, raccontata come un lungo flashback e supportata da attori del calibro di Beverly Garland, Bruce Bennett e Lon Chaney Jr. (qui inspiegabilmente accreditato nei titoli senza l'appellativo Jr.). 

L'ambientazione fosco-paludosa contribuisce molto alle atmosfere cupe del film (che probabilmente hanno molto ispirato anche Tobe Hooper per il suo DeathTrap), i coccodrilli sono sempre un elemento vincente nel cinema horror e l'assenza di happy end è particolarmente innovativa per l'epoca. Insomma tutto bene tranne una cosa, il make up finale della creatura che risulta troppo finto e gommoso contribuendo a rovinare decisamente un bel film, pur non impedendone la sua entrata nell'olimpo del cult per quanto riguarda il genere "monster movie". Una coppia di sposini stanno trascorrendo la luna di miele in treno, ad un tratto lui riceve una lettera, scende di colpo alla prima fermata e scompare. La moglie disperata si mette sulle sue tracce e raggiunge una vecchia casa isolata nelle paludi. 

Qui non ci metterà molto a scoprire che il consorte è parte di una serie di volontari per un esperimento a base di ormoni di alligatore, in grado di far ricresce parti del corpo amputate. L'uomo, il cui volto è completamente avvolto in squame verdi da rettile, dovrà subire un trattamento a base di raggi gamma per tornare alla realtà ma qualcosa non andrà per il verso giusto. Nel complesso, un film minore ma dotato di ottimi momenti e avvolto dalle giuste inquietudini, peccato per il coccodrillone di gomma finale, ma a quei tempi l'esposizione del mostro era un perno fondamentale per lo spettatore pagante, anche a costo di rendere ridicolo un progetto altrove molto originale e interessante.

 

giovedì 27 novembre 2014

GHOULIES 2

(Id. 1988)
Regia
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Non chiedetemi il motivo ma sin dagli anni ottanta, questo è uno dei titoli che ho visto più volte e sempre volentierissimo, cosa strana se si pensa che è il seguito di quel Ghoulies di Luca Bercovici che invece trovo alquanto insopportabile. Sarà perchè rispetto al primo questo è diretto dal mai troppo rimpianto Albert Band, un nome che associato al figlio Charles rappresenta un'icona imprescindibile del cinema gommmoso degli anni ottanta, sarà perchè qui i mostriciattoli sono fatti decisamente meglio, come del resto ci si poteva aspettare se l'artista del make up si chiama John Carl Buechler. Insomma nonostante la sua aura precisa da B-movie straight to videocassetta, Ghoulies II è un concentrato di sano e cattivo divertimento assolutamente ed orgogliosamente debitore di Gremlins, ma che tra i vari apocrifi nati sulla stessa linea del film di Joe Dante (si pensi all'infinita saga dei Critters!) è quello che forse ne coglie più direttamente lo spirito cialtronesco e fracassone. 
Ambientato in un Luna Park di provincia, il film vede entrare in scena i cinque mostriciattoli evocati da una setta in saio rosso  armati di bastoni da baseball che inseguono un vecchio. Non si sa come il fuggitivo tiene in un sacchettone i demonietti scalcianti ma quando tenta di affogarli nel solvente viene a sua volta abbrancato e sciolto nell'acido.Tutti squittanti e ringhiosi i ghoulies salgono su un camion che trasporta un'attrazione da luna park: l'antro di Satana che, però non gode di grande successo fra il pubblico, ci penseranno il pesciolone calvo, la gatta spelacchiata, il rospone vorace, il topastro cornuto e il pipistrello fischiante a rinnovare lo spettacolo del tunnel degli orrori a colpi di rasoio, lame penzolanti (citazione de "il pozzo e il pendolo") e cadaveri mummificati. 
Almeno fino a quando gli umani troveranno una formula per sconfiggere i demoni evocandone uno più grosso e decisamente ghiotto di ghoulies.

Anche qui come, nel primo film, assistiamo alla celeberrima scena del mostro che spunta dal cesso, i soliti punk che diventano cibo per mostri, un mago fallito e alcolizzato e un nano che recita shakespeare. Insomma c'è veramente il compendio del cinema horror di stampo bandiano ma soprattutto, ancor oggi mantiene intatta la sua identità da pop corn movie da vedere rigorosamente con gli amici!



venerdì 21 novembre 2014

PAPAYA DEI CARAIBI

(Id. 1978)
Regia
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Nonostante all'estero sia uscito col titolo Papaya, la dea dei cannibali, questo mirabile esempio del periodo esotico-core di Joe D'Amato, non ha niente a che vedere col cannibal movie. O meglio, a parte la prima scena, dove Papaya (Melissa Chimenti), splendida e sensuale creola dagli occhi profondi, seduce ed evira a morsi un ricercatore bianco. Il tutto fa parte di un'organizzazione di popolani caraibici sloggiati da un villaggio per fare posto ad una centrale nucleare. Questa sorta di società segreta, dedita a riti orgiastici e ad organizzare rapimenti di scienziati impiegati nella costruzione della centrale, catturerà anche Vincent (Maurice Poli) geometra della centrale e Sara (Sirpa Lane, la protagonista di La Bète nel suo periodo di riflusso italiano) giornalista intraprendente con la passione per i combattimenti dei galli. Circuiti dalla bella Papaya, i due verranno avvolti in un mondo magico e misterioso di cui Sara diverrà parte integrante subito dopo aver scoperto di amare alla follia la meravigliosa mulatta.
  

La trama cerca sviluppi da spystory con inseguimenti di ragazzini, omicidi rituali, sesso e tanto delirio. In realtà appare chiaro che il tutto è incentrato sul pretesto di mostrare più nudità possibile, nonostante, questo di D'amato, non è neanche il più spinto dei film...anzi!). Bisogna però riconoscergli di aver sposato una causa, una volta tanto ecologista, che si potrebbe tradurre in una frase citata da uno dei nativi: "Noi non abbiamo bisogno di centrali nucleari, abbiamo il sole, il mare e l'amore e questo ci basta!"

Certo non deve essere stata una bella pubblicità per i movimenti antinucleari vedere un gruppo di indigeni intenti a sedurre e uccidere gli stranieri invasori ma il film mostra anche argomenti sempre di grande attualità uniti a splendidi corpi che si uniscono in copula, paesaggi caraibici in questo pastiche dopotutto scorrevole e divertente, anche se ancora una volta si deve storcere il naso nel vedere maiali sbudellati in modo assolutamente gratuito (beh almeno qui sono morti prima delle riprese).