lunedì 29 gennaio 2018

MEET THE FEEBLES

(Id. 1989)
Regia  
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Peter Jackson è un artista geniale che ha trovato subito la propria collocazione nell'olimpo del cinema, troppo in fretta a mio avviso, visto che non ha potuto, nei suoi esordi a briglia sciolta, realizzare più capolavori come questa sorta di "The Muppet Show" per adulti in cui le personalità dei pupazzi animati vengono così avvicinate a quelle degli esseri umani da rendere questo cartoon un film più vero del vero. Sotto certi aspetti meet the feebles riproduce l'anarchia e  il cattivo gusto per l'estremo dell'ormai consacrato Bad Taste facendovi apparire, in una veloce comparsata, anche uno degli alieni mangiatori di humanburger! La storia si svolge in un teatro dove "meet the feebles" è il nome dello show in preparazione, il tutto viene gestito dal losco tricheco Bleach che si tromba la gatta Samantha, spaccia droga e gioca a golf con un cinghiale punk mafioso. 

All'interno di questa folle location si alternano numeri di cabaret in stile Monthy Python a intrallazzi della peggior telenovela trash che mai mente malsana al mondo avrebbe osato rivelare. Troviamo Harry the rabbit, dedito ad orgette varie, intento a riempirsi di pustole, il dr. Quack sospetta una malattia venerea e uno schifoso moscone che mangia merda a cucchiaiate e 
minaccia di ricattarlo. Sid l'elefante invece viene perseguitato dalla gallina Sandy affinchè riconosca il figlio della loro colpa. Lo schifoso ratto Trevor si dedica a filmini sadomaso con una mucca vestita di borchie e cuoio e vuole irretire la tenera cagnetta sandy innamorata del porcospino wolbert. Il coccodrillo Louie è invece un tossico veterano del vietnam che rifà, in un delirante flashback alla Platoon, la roulette russa de Il cacciatore.In tutto questo si snoda la tragedia di Heidi, l'ippopotama primadonna dello spettacolo che, all'ennesima ferita infertagli dal suo innamorato Bleach, impugnerà il kalashnikow per un massacro finale degno di Taxi Driver.

L'anarchia regna sovrana in questo film, nella miglior tradizione dissacratoria di personaggi squallidi che diventano pupazzi animati quasi a voler sottolineare la morte dell'infanzia, Jackson non risparmia nessuno ma ci offre un finale alla Animal House  in cui scopriremo cos'è successo ai gommosi personaggi di questo assurdo capolavoro.All'altezza e forse superiore di Bad Taste, Meet the feebles ci ha confermato purtroppo che certi lampi di genio nascono solo facendo di necessità virtù con budget ristretti e costituiscono il più feroce, meraviglioso esempio di vero cinema.

lunedì 22 gennaio 2018

L.S.D. INFERNO PER POCHI DOLLARI

(Id. 1967)
Regia  
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Un'automobilina giocattolo che gironzola per un parco, accosta ai piedi di due tizi benvestiti e subito esplode, non contento il ragazzino che manovrava il giocattolo accoppa con una freccia al curaro il terzo tizio lasciando in vita solo una ragazzina alla quale dichiara "Mi chiamo Rex Miller e da grande voglio  fare l'agente segreto". La ragazzina lo guarda esterefatta e risponde "Beato te!!"

Comincia così, accompagnato da una canzoncina che plagia apertamente il tema di James Bond e cantata da un Nicola di Bari urlatore alla sbarra, quello che è considerato il primo film italiano sull'LSD con tutti i pregi e i difetti che quest'affermazione comporta. Conosciuto con un'altra valanga di nomi (Un'atomica nel cervello, Flesh of the devil, ecc. ecc.), il film di Massimo Mida, scomparso nel 1992 dopo una non propriamente eccelsa carriera nel cinema, più che trattare di esperimenti psichedelici sullo stile di Roger Corman, preferisce buttarsi in una spy story caciottara portando l'american boy Guy Middleton a togliersi il cappello da cowboy e indossare il completo da 007 dei poveracci. 

La messa in scena è talmente rozza e pasticciata che sembra di trovarsi in una parodia alla Franco e Ciccio piuttosto di  un film d'avventura fatto e finito. Le tematiche sociali sulla droga vengono ridotte al minimo con qualche effetto di sovrapposizione, in realtà più che all'interno della pellicola, l'allucinogeno sembrano averlo preso gli sceneggiatori  ed il regista stesso i quali piazzano dentro al copione una serie di dialoghi surreali ed una serie di accessori alla James Bond che sembrano usciti da un incubo di Fleming, con libri e pendoli che si trasformano in radio ricetrasmittenti, candelabri con auricolari e persino un'autocisterna dotata di periscopio, per tacere poi delle ridicole sparatorie dove i banditi colpiti fanno delle simulazioni di morte platealmente finte o gli inseguimenti in auto che durano un'eternità. Non contento il regista ci piazza la sottostoria degli esperimenti segreti americani con LSD e tanto di ripresine in super8 dei soldati che impazziscono. 

Ma il meglio del peggio Mida, che come l'omonimo Re trasforma in merda tutto quello che tocca, ce lo offre nell'assurdo finale dove la coppia di agenti segreti, dopo aver sgominato la banda di malfattori capitanata da Mister X (ma che fantasia, eh?!) si concedono un brindisi con un whisky speciale, dove a loro insaputa è stata sciolta la potente droga. E così nell'ilarità generale, vediamo i protagonisti ridere e danzare come se avessero un bastone dritto nel sedere fino ai titoli di coda lasciando lo spettatore basito di fronte a tanta atrocità. Rimangono a consolare i bei paesaggi calabro svizzeri e una colonna sonora di Egisto Macchi non da buttar via. Preso a piccole dosi, comunque, il film risulta anche divertente nel suo genere.
 

lunedì 15 gennaio 2018

FUGA DAL BRONX

(Id. 1983)
Regia
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Sull’onda del successo del post apocalittico Escape from New York di John Carpenter, l’Italia risponde l’anno successivo con Enzo G. Castellari regista artigiano dotato di un grande senso dell’azione e dello spettacolo. Enzo Girolami realizza una sorta di trilogia post atomica incentrata sul protagonista Mark Gregory nel ruolo di “Trash” muscoloso capellone espressivo come una pietra tombale ma dotato del phisique du role per interpretare l’eroe senza macchia e senza paura del terzo Millennio. Ed è proprio alle epopee medievali che Castellari si ispira per il primo film 1990: I guerrieri del Bronx sostituendo i cavalli con le motociclette e ambientando il tutto in mezzo a palazzoni periferici degradati con eroismo di grana grossa e ampia esposizione di Stunt men che saltano da una parte all’altra dello schermo. 

Villain della pellicola è il compianto Vic Morrow deceduto improvvisamente l’anno dopo in un incidente durante le riprese di Twilight Zone: The Movie. Non direttamente collegato ma in un certo senso attinente a questo film è il trascurabile I Nuovi Barbari diretto subito dopo con George Eastman che sostituisce Gregory in rotta, a quei tempi, con il regista. Il sodalizio tra i due riprende finalmente nel 1983 con la realizzazione di questo Fuga dal Bronx, vera e propria macchina da spettacolo senza sosta con un “Trash” che torna a casa nel malfamato quartiere newyorkese e si ritrova in mezzo ad uno scontro tra le multinazionali e i degradati abitanti del posto. L’epopea post atomica dei primi due film entra in un contesto decisamente più fantapolitico con aspre critiche agli speculatori edilizi e le corporazioni immobiliari che, in quegli anni, ricoprivano di cemento l’italica terra e non solo. Critica sociale dunque che anticipa il fenomeno degli squatters e calca la mano in favore di clochard, ribelli e punk.
 
Trash, nonostante l’orribile capigliatura, si unisce perfettamente con la gentaglia del Bronx per difenderli dal malvagio Henry Silva e dai micidiali lanciafiamme dei suoi sgherri. Salti da stuntmen, incendi, morti da tutte le parti, raffiche di mitra senza sosta invadono lo schermo per novanta minuti. Castellari ci porta in un’atmosfera da anni di piombo camuffata da fantascienza ma i riferimenti sono chiari. La violenza dominava le strade in quegli anni ed il cinema, come anche le Istituzioni, si limitava a guardare, a riprendere, a spettacolarizzare un mondo in preda al delirio.
A prescindere dai contenuti socio politici Fuga dal Bronx è un bellissimo B movie che all’epoca riscosse anche un buon successo e negli anni non ha perso il suo smalto e la carica adrenalinica che ha da sempre contraddistinto il cinema del nostro artigiano capitolino.
 

martedì 9 gennaio 2018

LE PORNO KILLERS

(Id. 1980)
Regia
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Certo che il cinema di genere italiano presentava una concezione tutta particolare riguardo a temi di contestazione sociale che imperversavano  negli anni settanta, in particolare verso la fine del decennio, quando Roberto Mauri, regista smaccatamente di genere, concluse indegnamente la sua onorata carriera di regista realizzando questa ciofecona che mescola soft core con elementi da crime-movie decisamente dozzinali. In particolare il tema qui affrontato (va bè abbozzato, dai!) è quello dell'emancipazione della donna, soprattutto in una specifica scena dove due amabili maschioni da spiaggia, uno con i baffetti da sparviero e osceni calzettoni bianchi, l'altro in slippini rossi e la faccia da tossico, dissertano amabilmente sul ruolo della donna nella società, asserendo che la donna è "buona solo per andare a letto" e roba del genere. 

Questo edificante dialogo si compie davanti alle due prosperose protagoniste della pellicola, le quali non gradiscono decisamente la discussione e difatti li menano a calci e pugni, salvo concludere il tutto con una sana trombata nei cespugli. Figlie bastarde di Tura Satana, Carmen Russo e Cintia Lodetti, formano una coppia dalle meyeriane premesse, due prorompenti virago che gestiscono una proficua attività di killeraggio a pagamento, talmente proficua da permettergli di passare tre giorni nel completo scazzo per le vie di Roma, aspettando che la vittima designata ritorni al suo castello, dopo un viaggio d'affari. Incaricate da un'incazzatissima beghina teutonica con gli occhi di ghiaccio (come ci fa gentilmente notare una particolare zoomata al dettaglio) di accoppare un marsigliese, le due se la spassano invece tra calde docce saffiche, rimorchiate sulla spiaggia e gesti di insolita giustizia urbana inseguendo rapinatori e papponi (che però sono sempre gli stessi due sfigati) e mazziandoli a colpi di un improbabile kung-fu topless.

C'è da dire che le due attrici riempiono cicciosamente lo schermo con morbide carni e abbondanti mammelle anche se nella versione soft, il sesso è solo abbozzato (Per chi cerca scene più spinte vada a cercarsi la versione hard intitolata "Le porno Salamandre") ed anche un po noiosetto, del resto non è che la recitazione brilli di luce propria e la carriera di attrice della nostra Carmelona si ridurrà a pochi sfortunati cameo (anche se mitici) lasciandogli almeno la consolazione di aver avuto questo brillante ruolo di comprimaria che probabilmente non avrebbe fatto ridere nemmeno la claque registrata del Drive In.