giovedì 28 aprile 2016

FACE OF THE SCREAMING WEREWOLF

(Id.1964)
Regia ,  
Cast  , ,


Se sentite improvvisamente fame e vi viene voglia di un bel minestrone weirdo, cercate la ricetta in questo apocalittico B movie firmato da due latinoamericani, i sedicenti Gilberto Martínez Solares e Rafael Portillo autori di questo superclassico monster movie in bianco e nero dai toni assolutamente deliranti.
Si parte con un gruppo di scienziati che ipnotizzano Ann Taylor (Rosa Arenas) la quale scopre di essere la reincarnazione di una giovane atzeca sacrificata ull'altare. Detto e fatto la donna e gli studiosi vanno nella piramide messicana dove è avvenuto il misfatto e ci trovano non una ma bensì due  mummie, una "vivente" e l'altra con le fattezze di un uomo moderno (quelle del mitico Lon Chaney Jr. qui in evidente stato di astinenza da uomo lupo alimentare). 

Sarà proprio quest'ultima a venire trafugata da tre scienziati, i quali, nella migliore tradizione del Dr. Frankenstein, riportano alla vita il corpo tra tuoni, fulmini e strani macchinari che fischiano accompagnati da un sottofondo musicale alla Forbidden Planet. Ma il nostro uomo non è Frankenstein, nè una mummia vivente, infatti altri non è che un licantropo in vecchio stile ma con l'aggiunta della goffaggine dell'età che avanza e che piega, grottescamente, il pover Lon (di cui ricordiamo, se c'è ne fosse bisogno, il suo fondamentale apporto all'horror con il film The Wolf Man ).
 
Insomma il nostro eroe ci fa la figura del demente in questo film, con tanto di panzetta e trucco che lo fa sembrare un orsetto paffutello emanante dosi eccessive di tenerezza naif. In breve entra di nuovo in scena la mummia atzeca vivente ma viene subito seccata da un'automobile. Al povero lupo invece toccherà una sorte più avversa, dopo aver terrorizzato un palazzo salendo come King Kong al terzo piano che viene fatto assomigliare al 15mo dell'Empire State Buildig, finirà bastonato con una torcia dall'unico scienziato, sopravvissuto egli stesso a questo grottesco, imperdibile assemblamento di fotogrammi che una volta assomigliava al cinema.




giovedì 21 aprile 2016

THE WILLIES

(Id.1990)
Regia
Cast  , ,  





Attore di secondo piano e tuttofare nel mondo del cinema americano, Brian Peck è riuscito nella sua carriera a dirigere un solo film e se da un lato, qualitativamente, si può gridare "Per fortuna!" a livello di intrattenimento, dall'altro lato si potrebbe anche gridare "Peccato!" Si perchè questo "The Willies", nonostante l'aura Camp che oscilla tra i Goonies e I Gremlins riesce a divertire un mondo, a patto che si sorvoli, per l'appunto su recitazione, ritmo e messa in scena. Cosa rimane allora, direte voi? Beh, prima di tutto, il livello nostalgia che mi assale quando guardo questi vecchi film anni ottanta (anche se, in questo caso, il titolo era già entrato nel nuovo decennio), poi bisogna dire che le storie che compongono l'opera sono spassosissime, almeno quanto i mostroni di plastica e gommapiuma che spuntano da ogni parte. La pellicola inizia con tre ragazzini (Tra cui  Sean Astin che diventerà l'inseparabile Hobbit Sam di Padron Frodo)  dentro una tenda, nella migliore tradizione americana, che hanno ricevuto il permesso dai genitori di passare la serata a raccontarsi storie di paura, anticipando così la saga "Urban Legend".   

La prima storia è più che altro un breve flashback con una vecchia ingorda che ordina al California Fried Chicken un secchio di pollo fritto, ma il primo pezzo che addenta si rivela con orrore essere un bel rattone impanato. La seconda storia narra più che altro su come il Tunnel degli orrori del Luna park una volta fosse molto ma molto più spaventoso. In realtà i due microepisodi sono solo delle anticipazioni prima dei titoli di testa. Le due storie principali saranno infatti "Sweet Revenge" e "FlyBoy".  In particolare, nella prima, Brian Peck ha modo di dimostrarci la sua incapacità nel coordinare i dialoghi e nel far recitare i ragazzini, creando una situazione quasi surreale a livello di interpretazione, con ragazzini che recitano le loro battute con una legnosità e un imbarazzo tali che sembra non ricordino bene il copione. La storia vede un ragazzino occhialuto e magrolino che viene vessato da tre compagni di classe con la maglietta degli Iron Maiden che, a quei tempi, voleva dire che chi la indossava era il cattivo (un pò come oggi per le sigarette insomma). I tre bulletti appendono il nerd al soffitto legandolo con il tubo dell'idrante. Durante il compito in classe però il ragazzino deve andare in bagno e qui scopre una sorta di creatura che sembra un pollo spelacchiato con la faccia da mandrillo senza peli, una sorta di scimmia epilata che decapita il bidello e la maestra. A questo punto il nerd decide di vendicarsi dei tre bulletti e li rinchiude in bagno con la bestiaccia. Nonostante la creatura sia ben fatta e il cameo di Kathleen Turner,  il ritmo della storia sembra scandito da allucinogeni per la lentezza del susseguirsi delle situazioni, sconsigliato da vedere se vi siete fatti una canna. Il secondo episodio va un pò meglio anche se il tono "Camp" diventa ancora più marcato con un ragazzino di nome Gordy, obeso e antipatico al punto da passare tutto il suo tempo in cantina a creare modellini di abitazioni e locali inserendo mosche morte come personaggi della scenografia. 

L'ossessione per le mosche porterà Gordy a fare uno scherzo crudele ad una sua compagna di classe, dandogli da mangiare un biscotto fatto di mosche morte. Non contento ruba a una specie di agricoltore scienziato, un po del miracoloso fertilizzante in grado di crescere carote e pomodori giganti e invasarlo con mosche vive. Il risultato, manco a dirlo, sarà l'ingigantimento degli insetti che staccheranno le braccia al ciccione così come lui faceva con le ali delle sventurate colleghe. Non si può sorvolare sull'effetto ilare che emanano le moscone giganti che ondeggiano le gambe e sembrano uscite da una festa in maschera trash. Il risultato finale di The Willies è quasi straniante, le recitazioni fuori dalle righe fanno quasi pensare ad una parodia ma anche come film comico, a voler essere buoni, la confezione risulta veramente weirdo. Tuttavia non si può nascondere un "Guilty pleasure" nel gustarsi opere come questa, leggere come piume ma talmente esagerate e di cattivo gusto da risultare assolutamente irresistibili. Nel cast anche il povero Clu Gulager, recuperato probabilmente da "Il ritorno dei Morti viventi" in cui aveva recitato assieme a Brian Peck.
 

lunedì 11 aprile 2016

VIOLENT SHIT

(Id. 1989)
Regia
Cast  , ,  


Esiste, da parte dell'essere umano. la necessità biologica oltrechè psicologica, di mettersi sempre in discussione attraverso una serie di prove che consentano di temprarsi, di acquisire sicurezza e fiducia in sè stessi. Una di queste prove, a mio avviso, potrebbe essere la visione di questo pesantissimo, confuso pasticciaccio brutto del regista amatoriale tedesco Andreas Schnaas, diventato inspiegabilmente oggetto di culto tra gli appassionati horror per l'uso eccessivo del gore in un canovaccio confuso quanto praticamente inesistente. C'è un certo Karl The Butcher (interpertato dallo stesso regista) che passa tutto il tempo a squartare, sbuzzare e affettare gente lungo un percorso di fuga dall'autoambulanza che lo stava portando al manicomio. Attraverso alcuni flashback apprendiamo che il giovane Kurt è stato visitato nientemeno che da un demonio linguaccione ed a seguito del fortuito incontro il nostro eroe ha preso in mano una mannaia cominciando il suo massacro, ovviamente dai familiari. Il film è stato girato con una telecamera VHS-C utilizzando abbondantemente l'effetto strobo che alla lunga diventa una vera e propria prova di forza per i nostri occhietti mentre l'eccessiva lunghezza di certe scene rappresenta un perfetto narcotico per le nostre notti insonni. Arrivare alla fine di questo film è una vera e propria impresa, una di quelle che poi ti fanno dire: "Se ho sopportato questo posso sopportare tutto".

Schnaas cerca poi di propinarci un certo surrealismo simbologico religioso con Kurt che entra letteralmente nella pancia di Gesù Cristo inchiodato alla croce per poi finire in una buca a partorire il suo degno successore.
Certo tra questo ed il suo contemporaneo Bad Taste di Peter Jackson c'è un abisso infinito a livello qualitativo, Violent Shit non è assolutamente capace di mantenere viva l'attenzione dello spettatore manco per sbaglio, gli effetti gore sono dozzinali e insipidi, ma più di tutto infastidisce il modo in cui vengono ostentati dal regista, con il desiderio di scioccare a tutti i costi senza averne le potenzialità.

 
Dopo il primo schizzo di sangue già si sbadiglia e si sa subito come andrà avanti il film, sicuramente i due seguiti Violent Shit II  e Violent Shit 3 - Infantry of Doom saranno stati più curati, ma quello che veramente ci si chiede è "che tipo di piacere si possa ricavare da questi film?"...a questo quesito io ho trovato una risposta: utilizzateli come prova di forza e di volontà, mettetevi in discussione, organizzate delle gare coi vostri amici a chi si addormenta prima. Dopotutto noi amanti del Trash non buttiamo via niente!
 

venerdì 1 aprile 2016

BAD MILO



(Id. 2013)
Regia 
 
"Un condensato di tutto l'horror anni ottanta" - si potrebbe riassumere così questa pellicola dell'esordiente Jacob Vaughan se non fosse che, dietro l'operazione nostalgia e l'apparente ironia che ne permea le atmosfere trash, si cela una profonda riflessione sulla condizione umana del nuovo millennio. Condizione dominata totalmente dallo stress psicofisico che, al pari del sonno della ragione, genera mostri. E nel caso del protagonista, il broker finanziario Duncan, divorato da un lavoro snervante, ossessionato dalla paura di assumersi responsabilità familiari, castrato psicologicamente da una madre troppo intraprendente, lo stress genera una creatura mostruosa, sorta di feto mutante dalle suggestioni henenlotteriane, che fuoriesce dall'ano e divora la causa umana del problema. 

Il povero Duncan non esita a rivolgersi allo psichiatra new age Peter Stormare per scoprire che, nel fondo delle sue ansie, si rivela una forte carenza paterna. Ma non tutto si rivelerà essere generato dalla mancanza del padre, strafottente e iperdrogato hippie di mezza età. Esiste una causa genetica ben precisa che Duncan non tarderà a scoprire con sommo terrore. Permeato da una comicità sottile che rifugge da facili battute ma si mantiene sulla strada che il buon vecchio John Waters ha tracciato in passato, Bad Milo ricorda molto da vicino le produzioni di Charles Band e della Full Moon, tuttavia la scelta retrò di Vaughan risulta invece solo estetica dal momento che le tematiche, come detto sopra, sono attualissime.


Impossibile non pensare anche a Larry Cohen e al suo "It's Alive" nella sequenza che illustra in soggettiva la colonscopia ( e chi l'ha provata sentirà un fremito di terrore!) ma anche al trash caciarone ed eccentrico della Troma, fatto di spruzzate di merda, evirazioni a morsi, stanze di tortura nascoste (Forse riferimento ironico alla triste saga letteraria di 50 sfumature di grigio?) e parti fecali estremamente dolorosi.  Il povero Milo poi passa da atteggiamenti di tenerezza ad alterna ferocia zannuta e diventa una specie di E.T. horror (pure somigliante alla creatura di Rambaldi) che smuove stomaco, intestino e risate grossolane senza mai perdere di vista l'insieme narrativo, che nei suoi ottanta minuti, riesce a farci sorridere e ad intrattenerci con trovate simpatiche. Magari non si griderà al capolavoro ma chi soffre di intestino irritabile troverà uno o più punti di empatia con il povero protagonista.