venerdì 23 dicembre 2011

BRAIN DAMAGE

(Brain Damage, 1988)

Ultimo tra i Figli di quella cupa follia horror che ha invaso felicemente tutti gli anni '80, Brain Damage rivela tutto l'acido malato che il genio di Frank Henenlotter cerca di iniettare sul pubblico attraverso una pellicola che appare quasi fatta in casa, tra poche location di cui molte ottenute tra interni domestici e cortili maleodoranti. Già autore di un'altro capolavoro horror indipendente quale il chiaccheratissimo Basket Case Henenlotter mescola sapientemente il dramma della tossicodipendenza con la mutazione della carne del primo David Cronenberg  (quello di Shivers  e Rabid , per intenderci). Assistiamo quindi alle sofferte vicende di Brian (evidente il gioco di parole con il titolo)  un bravo ragazzo ( interpretato dall'attore Rick Hearst) che convive con il fratello Mike (Gordon MacDonald) ed è fidanzato con Barbara (Jennifer Lowry), tutto sembra andare nel modo migliore se non chè gli anziani vicini d'appartamento non si vanno a perdere il loro animaletto da compagnia. Niente di strano, direte, tranne che il grazioso cucciolo è un viscido vermone con la testa a fungo (Ok! Ok! So che lo state già pensando ma i riferimenti fallici saranno anche più accentuati nelle scene successive) che si insinua dietro il collo a Brian e gli inietta un potente allucinogeno che renderà schiavo il ragazzo della sua droga lisergica.
Il prezzo da pagare per questo anomalo pusher sarà, per Brian, molto alto: si troverà costretto a diventare un serial killer per procurare al mostruoso verme chiamato Elmer, cervelli umani sempre freschi. Il riferimento fallico esplode in tutto il suo fulgore quando una prostituta, accingendosi a fare un Blow-Job a Brian si troverà in bocca il buon Elmer pronto a divorare i suoi neuroni. In tutto questo la sua fidanzata noterà un comportamento anomalo e non troverà niente di meglio che farsi il fratello per sedare la sua tristezza nell'essere trascurata.
Finale catartico con Brian che spreme il lombrico mentre litri di allucinogeno fanno esplodere la sua testa.
Una trama alquanto originale, una pochezza di mezzi ottimamente coperta da un'eccellente fotografia fanno di Brain Damage un esaltante esempio di come si può far ottimi films senza spendere molto purchè si abbiano delle idee, anche piuttosto malate, da esprimere con la dovuta dose d'ironia.

giovedì 22 dicembre 2011

PORNO HOLOCAUST

(1981)
 
Figlio della degenerazione horror cannibalistica dei primi anni'80, questa caraibica bizzarria di Joe D'Amato , aka Aristide Massacesi aka altri 3000 pseudonimi, è uno degli esempi più lampanti di artigianato cinematografico. Del resto il buon Aristide ci ha sempre abituato a pellicole di grana grossa, realizzate con quattro soldi al pari del suo connazionale Lucio Fulci e del già citato maestro del genere Roger Corman. Centinaia di film che vanno dall'horror più estremo al soft porno, alla commedia trash fino al thriller. Poi naturalmente, il minestrone diventa più saporito se si uniscono i generi. Porno Holocaust miscela elementi hardcore all'interno di un bizzarro horror ambientato in una location caraibica piuttosto unusuale per il genere. Al pari di certi fumetti da caserma tipo Oltretomba, Jacula e Sukia, il film mescola scene di sesso esplicito all'interno di un plot oltremodo ridicolo in cui un indigeno sottoposto alle radiazioni degli esperimenti atomici condotti sulla sua isola, si trasforma in un mostro dal fallo enorme con il quale uccide le sue vittime (almeno quelle femminili) a colpi di blow job e stupro omicida.
Esente da scene splatter il film è invece ricco di scene erotiche, spesso mal interpretate da attori decisamente in stato d'ebbrezza alcolica: esempio lampante una delle interpreti, detta "la Contessa" (Annj Goren
pseudonimo di Anna Maria Napolitano) mostra visibile disgusto nel momento in cui deve farsi due neri ( Il gossip ci racconta che l'attrice, essendo tossicodipendente si piegava a certe situazioni per comprarsi la droga). Va un pò meglio nelle scene lesbiche (bella quella realizzata tra la Funari e la Goren sul tronco d'albero con l'oceano sullo sfondo) ma scade nel ridicolo nelle scene d'azione che sono relativamente goffe e lente.  Eppure il circo immaginario di Joe D'amato va preso per quello che è, carico dei suoi freaks, delle sue storie assurde e dell'arte di arrangiarsi tipicamente italiana, un regista di cui parleremo spesso e volentieri, un mito assoluto per gli amanti dell'horror di tutto il mondo (sopratutto per classici come Anthropophagus e Buio Omega) ma sopratutto, come amava definirsi, un robusto ed onesto artigiano del cinema.

martedì 20 dicembre 2011

ROBOT HOLOCAUST

 (1986)
Regia Tim Kincaid 
Cast: Norris Culf, Nadine Hartstein, J. Buzz Von Ornsteiner

Oggi ci lamentiamo della scarsa qualità e della piattezza di idee del cinema di genere internazionale, quando non ci lamentiamo addirittura della sua progressiva scomparsa, ma provate un pò a immaginare uno spettatore ignaro che spende bei soldini per sedersi in una sala e assistere ad un film come questo!

Certo, oggi guardando il film di Tim Kincaid  (il quale, incredibilmente, ha continuato a lavorare molto anche dopo questa sua "prova" artistica) ci si ride sopra, si organizzano parate notturne a base di amici, birra e popcorn per godersi in cassetta o dvd le esecrabili gesta dell'eroico NEO (Norris Culf) e il suo gruppo di ribelli al robotico dominio del crudele Dark One, ma dubito fortemente che le motivazioni ludiche fossero alla base del lancio iniziale del film, spacciato come un vero e proprio film di fantascienza di matrice post-atomica.

Si sa,  comunque che quando si spinge così a fondo sul pedale del trash involontario, attraverso una recitazione sommaria, coreografie di combattimenti al limite del ridicolo, effetti posticci e assoluta latitanza di idee, non si può che trasformare il risultato in un cult assoluto come viene oggi considerato questo "ROBOT HOLOCAUST". E allora giù con braccia che sporgono dalle pareti indossanti calzamaglia color carne a similare enormi e comicissimi vermoni dai denti stile Goofy, giù con scenografie post industriali ricavate all'interno di capannoni in disuso, amazzoni pitturate in posa plastica nei giardini pubblici che dovrebbero essere delle foreste, robot costruiti con maschere di plastica dorata, enormi moscono fatti di fil di ferro, gladiatori che lottano con una flemma degna di un ritrovo tra vecchie comari all'ora del tè.
Eppure persino questa ciofeca ha predettto l'avvento di qualcosa di più grande nella cinematografia mondiale, dando il nome al protagonista di The Matrix (ovviamente potrebbe essere solo una incredibile coincidenza) ma tutto finisce qui e i combattimenti all'arma bianca di Robot distano anni luce dalle prodezze aeree del film di  Andy Wachowski e Larry Wachowski, per il resto siamo alla sciattoneria più estrema con assenza di fotografia, trucchi ridicoli, personaggi improbabili che si districano tra ninfomani, barbari coglioni, ballerini seminudi e cavernicoli dementi.
Insomma un film che ha nel suo DNA tutta l'essenza del brutto cinematografico degli anni'80, una testimonianza estrema della decadenza artistica di quegli anni ma anche un pregiato esempio di come si deve realizzare il non cinema illudendosi di girare sci-fi quando invece si sta producendo un film comico.



lunedì 19 dicembre 2011

RECTUMA

(2004)
Regia Mark Pirro


Signore incontrastato del nuovo trash americano, Mark Pirro raggiunge con questo film il suo zenith del cattivo gusto, dopo deliranti prove come "A Polish Vampire in Burbank" e "Nudist Colony of the Dead", mette in scena un personalissimo omaggio ai monster movie giapponesi realizzando la storia del povero Waldo Williams, postino vessato dalla moglie fedifraga (la quale tenta in tutti i modi di farlo fuori), che si becca un virus direttamente da un rospo messicano di cui vediamo i piedini zampettare in soggettiva durante un flashback.


Dopo essere stato visitato da un proctologo feticista, Waldo si rivolge a un folle dottore nipponico che gli infila una bacchetta radiattiva su per il culo trasformandogli le chiappe in un'entità autonoma, capace di staccarsi dal corpo e andare a uccidere la gente a colpi di sciolta fino a che la mutazione irreversibile non lo trasforma in un gigantesco mostro pronto a seminare il panico nella metropoli. Superata la barriera Pirro ci prende gusto e non si ferma davanti a niente e nessuno, ci butta dentro una poliziotta che fa il verso a Jodie Foster ne "Il silenzio degli innocenti" con tanto di Hannibal Lecter che si sfila dal culo un criceto per mangiarselo, un detective che adora farsi battere le chiappe, una serie di preti con la predilezione per la sodomia, una coppia di cantanti orientali che spuntano nei luoghi più impensati (addirittura in un orinatoio) e intermezzano la vicenda con una canzone sempre uguale e conclude il tutto con il delirante Summa cum Lauden, versione ironica di Osama Bin Laden, usato come kamikaze per infilare esplosivi nel gigantesco deretano.

La follia di Pirro è irresistibile e fa passare in secondo piano gli orrendi effetti speciali, ricavati con ritagli digitali malamente amalgamati tra loro, chiappe gonfiabili e elementi in CGI che sembrano usciti dal un computer per bambini. I riferimenti comunque ci sono e non solo per quanto riguarda il cinema del sol levante, come non ricordarsi infatti della gigantesca tettona assassina di "Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso e non avete mai osato chiedere"?  Certo bisogna essere preparati psicologicamente ad un simile basso livello di qualità cinematografica, quando poi si entra nel merito, però, si riesce ad apprezzare adeguatamente un tasso di bizzarria che non ha eguali nella storia della settima arte.

venerdì 16 dicembre 2011

TROLL 2

(Italia, 1990)
Regia Claudio Fragasso
cast: Michael Stephenson , George Hardy ,
Margo Prey , Connie Young

Il fenomeno "Troll 2" è fondamentale per capire i meccanismi che regolano la nascita di un cult movie, ovvero quando si raggiungono i livelli più infimi della realizzazione cinematografica, allora scatta qualcosa nel pubblico, una molla di affezione straordinaria nei confronti di un prodotto così pessimo da suscitare tenerezza. Ed in effetti questo sequelsoloneltitolo di un mediocre filmetto della Empire di Albert e charles Band, è talmente grezzo, sconclusionato e mal realizzato che, pur non essendo mai uscito al cinema e men che meno editato in DVD, è riuscito a costruire negli anni una fama invidiabile, seconda solo a "The Rocky Horror Picture show", al punto che ogni anno in America si celebra la Nilbog Invasion, un festival di una settimana in cui i fans di Troll 2 si riuniscono per celebrare il film con reinterpretazioni teatrali, rifacimenti apocrifi, interviste agli autori e ai protagonisti.
Entrato di diritto nella top 100 dei peggiori film mai realizzati, l'opera di Claudio Fragasso fu girata a Park City nello Utah con un cast tutto americano ma nonostante la suggestione internazionale, le radici del trash italiano di genere appaiono più che mai vivaci. Bisogna comunque dare atto all'autrice del soggetto Rossella Drudi, di aver inventato una trama talmente assurda da risultare unica nel suo genere. Protagonista della vicenda è la famiglia Waits che racchiude in sè le cellule primordiali della tipica famiglia borghese americana, la moglie Diana (Margo Prey) ha una pettinatura che risulta la cosa più paurosa del film, sgrana gli occhioni azzurri e strilla come un'ossessa, papà George (George Hardy ) è il classico tutto d'un pezzo, la teen-ager Holly (Connie Young) fa sollevamento pesi in cameretta manco fosse schwarzy e continua a dare ultimatum al suo ragazzo intimandogli di lasciar perdere i suoi amici. Poi c'è il piccolo Joshua (Michael Stephenson ) che si fa raccontare storie di folletti assassini da Nonno Seth, peccato che l'anziano signore sia già morto da mesi.
Con queste premesse stile "famiglia Addams" la famigliola felice si reca nella rurale cittadina di Nilbog per uno scambio di casa con una famiglia di contadini locali poco ciarlieri e alquanto musoni ma ospitali, dal momento che lasciano la tavola imbandita di strane cibarie piene di pastura verde. Entra in scena Nonno Seth che fa un fermo immagine bloccando i Waits nell'atto di mangiare (la scena è realizzata facendo rimanere immobili gli attori con l'ilare effetto di vederli tremoare con le braccia protese mentre cercano di addentare un panino). Seth spiega al nipote che se mangiano la sbobba verde diventeranno anche loro delle verdure, cibo prediletto dei Troll vegetariani (!!!!). Questa sorte capiterà agli amici del fidanzato di Holly, convinti da quest'ultimo a seguire la famiglia in vacanza a bordo di un camper, per poter star vicino alla ragazzina. I giovani vengono avvicinati da una ridicola strega pallida, con le occhiaie e i denti marci che delira in maniera comicissima. Uno di loro finisce infilato in un vaso, un'altro dopo aver mangiato un panino alla sbobba, offertogli da un gentile sbirro, inizierà a sudare clorofilla mentre l'ultimo verrà annegato in un mare di pop corn. Lo zenith dell'assurdità lo si raggiunge con i paesani che ascoltano il sermone del parroco di Nilbog (che si scopre essere "Goblin" al contrario) che inveisce contro la carne.
Il messaggio reazionario anti-vegano insito nel film è forse la cosa più geniale e trash di Troll 2 culminante nel finale quando Joshua estrae l'arma segreta regalatagli dal nonno: un panino doppia mortadella con cui distruggerà i mostruosi folletti. A ben guardare, Troll 2 non è poi così male, certo i mostri sono fatti con maschere da carnevale, i trucchi e costumi (questi ultimi realizzati da Laura Gemser ex eroina della serie Emanuelle Nera) sono ridicoli e le recitazioni sono alquanto approssimative (il ragazzino fa delle smorfie di disgusto quando parla, forse consapevole del film che sta realizzando!), lo sviluppo narrativo però è godibile e la comicità involontaria (ma neanche poi troppo) lo rende appetibile a serate ludiche con gli amici, a chiudere il cerchio poi quel gusto circense/gommoso tipico del fantasy anni ottanta che, messo a confronto con certe porcate digitali moderne, emana quella simpatia propria di un prodotto artigianale, sempliciotto d'accordo, ma assolutamente onesto.

APOCALISSE A FROGTOWN

(Hell comes to Frogtown, 1988)


Era il 1983 quando Roger Corman decise di vendere la sua New World Pictures ad un gruppo di investitori, da allora la casa  cinematografica ha proseguito nell'intento del suo creatore, ovvero diffondere nelle sale una marea inimmaginabile di filmacci a basso costo tra cui però, qualche titolo entrato di diritto nel tempio dei cult movie. Tra questi spicca nettamente questo "Hell comes to frogtown", poco più di un filmetto squinternato, realizzato per sfruttare l'improvvisa popolarità del lottatore Roddy Piper dopo la sua interpretazione in "They live" ma anche per sfruttare gli ultimi scampoli del filone post atomico che aveva interessato tutta la decade.
Curiosamente la trama sembra ispirarsi a "2019: dopo la caduta di new york" virandola però al maschile, qui infatti il protagonista Sam Hell è praticamente l'ultimo uomo fertile sulla terra, viene quindi coinvolto suo malgrado in una missione a Frogtown, depravata città di ranocchi mutanti dove il crudele Toty tiene segregate un gruppo di donne ancora in grado di fare figli. Accompagnato dall'avvenente ufficiale Spangle e dal soldato Centinella, Sam dovrà accettare la sua condizione di uomo oggetto oltre a dover affrontare dei ridicoli ominidi con altrettanto ridicole maschere da batrace.

Nonostante dialoghi e situazioni siano di una stupidità imbarazzante, il film dei mestieranti Donald G. Jackson e R.J. Kizer risulta abbastanza divertente, sopratutto per chi apprezza una certa ironia demenziale e neanche troppo nascosta. Momenti puramente action si alternano a situazioni comiche come la danza dei tre serpenti che improvvisa la biondona Sandahl Bergman (indovinate un pò cosa sono i tre serpenti?) o il marchingegno attaccato ai coglioni del povero Sam che gli punzecchiano le balle se tenta di fuggire. Alla fine c'è poco di tutto, la sceneggiatura sembra scritta da un bimbo di sei anni, povertà e superficialità risultano sovrane e le scenografie sono poco più che televisive.

Perchè allora considerarlo un cult? Semplice, perchè Hell comes to Frogtown esprime al massimo l'immaginario del B-Movie anni ottanta, ribalta il machismo al femminile e la muscolarità di un certo rambismo imperante, non si vergogna di essere Trash anche nelle situazioni più squallide. Discorso a parte meritano poi le splendide interpreti tra cui spicca per fascino magnetico ed erotismo androgino la favolosa Cec Verrel nel ruolo della tosta Centinella.