mercoledì 25 febbraio 2015

LA BESTIA NELLO SPAZIO

(Id. 1980)
Regia
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Ultima incursione di Alfonso Brescia (con lo pseudonimo di Al Bradley) nella fantascienza, a chiusura di un tentativo di saga interstellare cominciata nel 1977 con Battaglie negli spazi stellari e proseguita rispettivamente con Anno zero - guerra nello spazio e La Guerra dei Robot. In realtà La Bestia nello spazio è più un tentativo di riciclaggio del materiale dei vecchi film che un capitolo conclusivo. L'introduzione dell'elemento erotico o pornografico che dir si voglia, in una sottosaga che faceva il verso a Star Wars è comunque una valida testimonianza del mutare dei tempi e dei gusti del pubblico. 

Lo straordinario riscontro al botteghino del film "La Bestia" , soft erotico fantasy diretto da Walerian Borowczyk aveva appena sdoganato il sesso nel cinema rendendolo autorale a più livelli, "Una garanzia di successo!" deve aver pensato Brescia, al punto da tentare l'ardito esperimento di una commistione tra pornografia e fantascienza (già vista nel divertentissimo e ultracult Flesh Gordon ). Set, costumi e persino il mostruoso robottone Zakor vengono spudoratamente recuperati per dar vita a uno strano ibrido di generi, mescolando western, horror, sci-fi, fantasy e eros. Alfonso però non si ferma qui, recupera anche Sirpa Lane, la protagonista del film di Borowczyk e ce la piazza dentro con tanto di sogni erotici ricorrenti di un orrendo satiro dotato di un mostruoso pene...

Il film muove la trama dalla ricerca del prezioso Antalium, minerale rarissimo ma necessario per la costruzione di armi neuroniche, che scatena una sorta di febbre dell'oro fra mercenari galattici e capitani interstellari coraggiosi. Tra flashback erotici, risse in bar spaziali e androidi dorati assolutamente ridicoli, il film sfocia nell'immancabile orgia finale che fa intendere ad un possibile taglio, nella versione italiana, vista anche l'estrema castità delle scene a cui assistiamo. Probabilmente Brescia ha voluto più ricreare un soft-core che realizzare un vero e proprio porno ed il risultato finale, deludente sotto tutti i punti di vista, diventa un'enorme pacchianata interstellare, apprezzabile per il suo gusto demodè e per il fatto di aver realizzato una scopiazzatura di un film d'arte per trasformarlo in una mera operazione commerciale.

Curiosità: In Germania il film è uscito con lo stesso titolo di "One Million Years B.C. " (Bestie aus dem Weltraum) capolavoro sci-fi con le creature a passo uno dell'immenso Ray Harryhausen.





venerdì 20 febbraio 2015

ENDGAME - BRONX LOTTA FINALE


(Id.1983)
Regia
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Il titolo tenta di riallacciarsi in qualche modo alla trilogia post-atomica bronxiana di Castellari di cui, in quell'anno, usciva "Fuga dal Bronx", forse il titolo più di successo della triade. Probabilmente per cavalcare l'onda del successo ottenuto da Castellari, Joe D'amato ha confezionato in tutta fretta questa pellicola che, nella sostanza però, non lega affatto alle avventure di Trash, proponendoci, invece un nuovo antieroe italico interpretato da Al Cliver con il nome di Shannon. Caratterizzato da una non espressività continua da duro con il cuore d'oro, Shannon è un giocatore di Endgame, gara televisiva di ammazzamenti a colpi di karate, asce barbariche e fucili a canne mozze, il tutto ambientato in un futuro post-atomico un po maccheronico, fatto di industrie e capannoni dismessi nella prima parte dove cunicoli oppressivi e cantine buie ospitano mutanti telepati e barboni cannibali, tutti perseguitati da una polizia militare che indossa divise da SS (con tanto di iniziali sull'elmetto) e maschere antigas della seconda guerra mondiale. 

La seconda parte del film invece vede Shannon impegnato a liberare dei mutanti capitanati da una Laura Gemser insolitamente coperta fino ai capelli (ma ci regalerà la vista di un seno nella scena dello stupro da parte di un mostro) all'interno di un'ambientazione desertica in stile Mad Max dove il nostro eroe comanda un improbabile stuolo di barbari tra cui spicca Mario Pedone (il Franchino ascella pezzata di "Fantozzi Subisce ancora") vestito come un Re Artù dei poveri che mena cazzotti sulla testa come Bud Spencer. Il gruppo dovrà affrontare mutanti con le branchie sulla faccia o il muso di scimmia, barbari in motocicletta e monaci cecati, armati di scimitarre e accette. Tra sparatorie, scazzottamenti ed esplosioni il film scivola stancamente verso un finale telefonato che vede lo scontro con Kamak, nemico giurato di Shannon, interpretato da un cupissimo George Eastman. 

Nel cast anche un ridicolo Gordon Mitchell nella parte di un generale che, ad un certo punto se ne becca tante da far sbellicare dalle risate. L'impianto generale del film sguazza tra trash e povertà generalizzata, ma le scene action non sono poi così male e qualche duello appare anche avvincente. D'amato gioca bene con i generi, mescolando sapientemente "Giochi di Morte", "Rollerball", "Interceptor" e "Fuga da New York". Certo però che, bisogna proprio dirlo, Castellari in queste cose è di un'altra categoria.

martedì 10 febbraio 2015

BLUE MOVIE

(Id. 1978)

Regia
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Pazzesco! Non c'è altro aggettivo per definire il cinema di Alberto Cavallone, regista ultra underground italiano degli anni '70, ancor oggi autore di nicchia e di culto (per pochi). Il suo è un cinema sgradevole, scomodo e per niente rivalutato nel tempo, per quanto i suoi film siano avanti anni luce rispetto ai tempi moderni. Devono passare ancora dei begli anni prima che lo "scat"  passi da genere estremo a forma artistico cinematografica ma in Blue Movie c'è anche questo. Una storia malata che, in pratica è un susseguirsi di stupri ai danni della povera Sylvia (Dirce Funari) che fuggita da un uomo mascherato finisce nelle mani di Claudio (Claudio Maran), il quale, al pari delle bamboline che lega, smonta e rimira, tratta le donne come oggetti puri da guardare attraverso una vetrata mentre defecano in un pacchetto di Malboro, farle cospargere interamente di merda in una danza che eppur qualcosa ha di sensuale. 

Ossessivo e visionario il rapporto che mina la base di tutto il film, un'opera malata in cui A Clockwork Orange  si mescola a Salò o le 120 giornate di Sodoma  arrivando alla pornografia soft di una luce che esplora il corpo femminile di Daniela (Danielle Dugas), zingara disposta a tutto pur di sopravvivere. Nel cinema di Cavallone, poi, i dettagli sono importanti come le foto e i video tratti dal passato di Claudio, reporter fotografico di guerra. In questo la storia prende piega come una sorta di psicosi del protagonista, anche se per tutto il film non si capisce se è vera follia od un gioco di complicità di un triangolo umano tra un uomo e due donne pazze. 

L'uomo domina e la donna accetta di buon grado. Forse siamo di fronte ad una sorta di reazionarismo di destra che Cavallone ha voluto denunciare in questo film assieme al consumismo che già a quei tempi marciava compatto verso la vittoria. E' innegabile la forza visiva di quest'autore, relegato sempre più in basso fino ad essere ricercato come una chimera da pochi, illuminati, amanti di un cinema di genere che ha permesso a Cavallone di emergere come anima ed essenza di un cinema che non sarà mai in linea con i tempi attuali per quanto questa sua prerogativa lo rende un genio nascosto della cinematografia italiana.

martedì 3 febbraio 2015

BATTLEDOGS

(Id. 2013)
Regia
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Non contenta di avere sviluppato il mockbuster come stile creativo, la Asylum, nelle sue più recenti produzioni, comincia a mescolarseli, miscelando insieme trame di successo per realizzare l'ennesimo titolone brutto, inutile ma di richiamo, quindi particolarmente vendibile, come nel caso di questa miscellanea diretta da Alexandre Yellen, già noto alla Asylum com direttore della fotografia  di pezzi da novanta come " Snakes on a plane" e l'immarcescibile "Mega Shark vs. Giant Octopus". Una pellicola che mixa allegramente l'epopea di Twilight, quella di Underworld e film apocalittici come "Contagion" o " Carriers", il tutto seguendo i dettami ormai basici della casa di produzione hollywoodiana, ovvero attori ripescati dal dimenticatoio televisivo o chissà dove, trame bislacche, sviluppo marmoreo della trama, recitazione ai minimi sindacali, dialoghi deliranti, situazioni truzze e sopratutto effetti speciali digitali a zampaccia di cane. 

Eppure, a giudicare dalle sequenze iniziali all'Aeroporto JFK di New York (dove si ambienta la maggioranza delle scene), di soldi se ne sono spesi nella realizzazione e fino ad un certo punto si pensa quasi di trovarsi di fronte ad un film serissimo...ma fino a quando? Semplice! Fino all'apparizione del  primo rachitico e spelacchiato licantropo, incrocio tra un gorilla ed Ezechiele Lupo, che saltella come una cavalletta da una parte all'altra dell'aeroporto, lancia ululati che spaccano le finestre e diffonde il contagio a colpi di morsi. Ovviamente dopo pochi minuti le sale si riempiono di licantropi saltellanti con la faccia da pirla, roba che le pessime CGI licantropesche di Twilight sembrano degne de "Il Signore degli anelli" al confronto. La storia ci trasporta in una zona di quarantena dove gli infetti vengono controllati dai soliti militari ottusi che vogliono usarli come armi da guerra ma ovviamente non è facile controllare le bestiacce e per farlo serve trovare un vaccino. 

Unica soluzione trovare il cosiddetto "Paziente zero" , ovvero la fotografa naturalista  Donna Voorhes (ma che cognome importante!) che era giunta all'aeroporto già morsa da un lupo della steppa non molto convinto di farsi fotografare. Peccato che, nonostante Donna cerchi in tutti i modi di informare i medici che lei è il paziente zero, nessuno pare cagarsela di striscio. Ovvio, deve intervenire l'eroe di turno, il ciccioso Maggiore Hoffman che, alla fine, dopo aver staccato un paio di zanne alla povera Donna, salverà capra e cavoli conquistando l'amore della solita e improbabile dottoressa bionda di turno. Per quanto riguarda gli strani recuperi della Asylum, il personaggio di Donna è interpretato  da Ariana Richards, già bambina strillante in "Jurassic Park", mentre il protagonista Craig Sheffer già bestio-tatuato in "Cabal" è talmente sfatto ed invecchiato precocemente da muoversi con la velocità di un bradipo anche nelle scene più action.