venerdì 27 aprile 2012

L'ASTRONAVE FANTASMA

(Uchu Kaisoku-sen,1961)
Regia Koji Ota
Cast: Sonny Chiba, Kappei Matsumoto, Harold Conway

Prodotta dalla longeva Toei Company di Tokyo, Uchu Kaisokusen è stato uno sfortunato tentativo di lanciare un nuovo supereroe, opera questa che la compagnia produttrice giapponese faceva ormai con costanza periodica a livello cinematografico. Purtroppo il personaggio di Iron Sharp (che in Italiano uscì come "L'insuperabile") non attecchì a sufficenza nel giovane pubblico solito a decretare o meno il proseguo di questi personaggio. Del resto il film si presenta con una realizzazione decisamente stravagante, a cominciare dall'aspetto degli alieni provenienti da Nettuno che tentano l'ennesima invasione della terra partendo dal Giappone. La testa a cono dei nettuniani copia spudoratamente quella di Robby il robot de "Il Pianeta Proibito" con tanto di paraboline roetanti ai lati, una citazione forse voluta dal momento che lo stesso personaggio del film di Fred McLeod Wilcox viene inserito nelle sequenze come un giocattolino in mano ad un cicciotto bambino orientale.

Essendo una pellicola per giovanissimi non poteva che avere per protagonisti dei ragazzini, ragazzini che bazzicano ovviamente un laboratorio scientifico (come tutti i bambini giapponesi dei film...) e sono amici del giovane dottor Tachibana che scopriremo (per intuito visto che non viene mai rivelato esplicitamente) essere proprio l'Insuperabile. Mentre i giovani neosecchioni passano le giornate a scrutare il cielo alla ricerca di un satellite americano rientrante, vedono una specie di astronave che sta a metà tra una chiesa luterana e una siringa. Curiosi come tutti i bambini, si avvicinano al veicolo e vengono attaccati dai neptuniani. Arriva l'insuperabile su una specie di Prinz (ve la ricordate?) con le ali con la sua tutina dorata (almeno così sembra visto che il film è in bianco e nero), prende a calcioni gli alieni e salva i bambini. Da parte loro i nettuniani non ci stanno e, dalla loro astronave invisibile fanno andare all'indietro i circuiti elettrici cosicchè i treni fanno retromarcia, i giradischi girano al contrario (emettendo magari messaggi satanici in giapponese) e gli orologi scorrono all'indietro.

Tachibana/Insuperabile tira fuori uno scudo stellare che impedisce ai cattivoni di piombare addosso al giappone con la nave ma questi, non dandosi per vinti, mandano dei finti soldati con la faccia cadaverica e il rossetto sulle labbra (una specie di Kabuki in divisa) per uccidere gli scienziati. Ovviamente tutto finisce bene e Tachibana con i ragazzi a braccetto può marciare cantando per le strade. La cosa che più colpisce è l'entusiasmo dei ragazzini di fronte alle distruzioni, alle esplosioni atomiche e ai messaggi drammatici degli anchorman televisivi che annunciano l'imminente invasione. Degna di nota nel cast è la presenza come protagonista di un Sonny Chiba che muoveva i primi passi nell'industria cinematografica prima di diventare una sorta di icona del cinema di arti marziali, definitivamente sdoganato da Quentin Tarantino che gli ha fatto interpretare il mitico Hattori Hanzo in Kill Bill Vol. 1. 

martedì 24 aprile 2012

WEASELS RIP MY FLESH

(Id. 1979)
Regia Nathan Schiff
Cast: John Smihula, Fred Borges, Fred Dabby

Ancora non ci credo che possano averlo fatto, intendo che possano aver fatto una tale assurdità con una telecamera, quattro stracci gommosi, un modellino di missile e quattro candele. Weasels non è solo un film "brutto", realizzato peggio e assurdamente delirante, Weasels è un trip allucinante nel mondo del weirdo z movie. Realizzato praticamente a zero budget, il film (?) di Nathan Schiff (un nome un programma!) supera tutte le concezioni più estreme del cinema sommerso e lo trasforma in una parodia low fi del cinema stesso.
Se pensate che Plan 9 from Outer Space sia il più brutto film mai fatto nella storia dovrete ricredervi, il capolavoro di Edward D. Wood Jr. assume sembianza di blockbuster messo al confonto con questo. La storia parte da una serie di scene mal collegate tra loro, un bosco, due ragazze che salgono le scale, un uomo viene accoltellato, delle bolle in un rivolo d'acqua. Il tutto si sposta su Venere, due sassi in fiamme, un modellino di missile che si compra in cartoleria (avete presente quelli che si lanciavano con l'elastico? Si, si proprio lui!) ed una pinza per l'insalata che raccoglie un liquido verdastro e lo mette in un contenitore del Tè. Sulla terra due ragazzini in bici trovano l'involucro e lo versano nella tana di una donnola. Da qui il titolo delirante (letteralmente "Donnole strappano la mia carne"!!!!) perchè poi il donnolone mutante, dopo aver divorato i pargoli,  si getta sotto un auto ed il guidatore raccoglie il braccio monco, lo porta a casa, chiama un amico per esaminarlo e questi si infetta con un morso del braccio nel frattempo ritornato in vita. L'infettato ci appare con una schiuma da barba in bocca e assale l'amico uccidendolo.

Ci spostiamo verso due poliziotti, L'ispettore Cameron (John Smihula) completo di pizzo, sigaro e occhialoni (oltre al parruccone anni '70) con l'amico Fred (Fred Dabby) che incontrano nella radura il Dottor Sendam (Fred Borges), questi li rapisce e li porta nel covo segreto (un sottoscala) dove coltiva donnole mutanti per diventare immortale. Inietta il liquido venusiano a Fred che si trasforma in un enorme radice mutante (si, si proprio una radice), nel frattempo Cameron si libera , dà fuoco alle donnole (rappresentati da una serie di coperchi da cucina) e fugge mentre il mad doctor affronta la donnola gigante che gli strappa un braccio. In superfice Cameron viene assalito dalla donnola ma si salva grazie al radicchione Fred che uccide la bestiaccia. Il Dottor Sendam, senza un braccio e con una pallottola sulla schiena, fugge verso il mare dove viene divorato da uno squalo di gomma che gli strappa anche l'altro braccio. Fine.
Dopo questo non ho molto da aggiungere se non che le scene sono mal inquadrate, gli effetti rozzi, qualche simpatica reminiscenza dei monster movie anni '50 ma su tutto sovrasta l'assurda convinzione che un gruppo di amici, in un assolato pomeriggio di fine anni '70 si siano seriamente dedicati a fare questo!
Non si può dire di aver vissuto veramente se non si vede almeno una volta nella vita "Weasels rip my flesh! Sappiatelo!

giovedì 19 aprile 2012

L'ORGIA NOTTURNA DEI VAMPIRI

(La orgia nocturna del los vampiros, 1974)
Regia León Klimovsky
Cast: Jack Taylor, Dyanik Zurakowska, José Guardiola

L'inizio di questa produzione spagnola è quanto meno spiazzante, una sequenza infinita di panoramiche di un villaggio rustico accompagnate da una musichetta che sembra scimmiottare gli Inti Illimani. L'azione si sposta in un cimitero dove un becchino manidimerda lascia andare la cassa che si infrange nella buca. Vediamo gente che fugge e poi la cassa sfasciata dove i resti di un corpo fumante trasudano di vermi e lombrichi in uno schifoso minestrone che ci allieterà per tutti i titoli di testa. Del resto un film che si intitola "L'orgia notturna dei vampiri" fa ben sperare in un elevato tasso weirdo. Questo è il bello delle produzioni spagnole post-franchiste: non deludono mai. La trama prosegue con un gruppo di persone in un pulmann, sono collaboratori domestici di un conte, si stanno recando al primo giorno di lavoro, peccato che al conducente gli viene un colpo e muore mentre guida (ma assumete personale giovane, dico!).

A questo punto l'allegra combriccola, trovatasi a condurre il mezzo con le proprie forze e senza una cartina stradale sbaglia strada e finiscono nel paese di Tolnia, che abbiamo imparato a conoscere a menadito visto che il regista argentino León Klimovsky ce lo ha inquadrato in tutte le salse all'inizio. Apparentemente il villaggio sembra abbandonato, l'unica forma di vita che i viaggiatori incontrano è un americano baffuto che si diverte a spiare la gnocca di turno dietro al buco della serratura. Purtroppo per loro Tolnia si rivelerà piena di villici vampirizzati che di notte assalgono uno ad uno gli stranieri, mentre di giorno cercano di essere affabili e cortesi, li nutrono con carne umana prelevata direttamente da poveri fabbri sfigati che un gigantesco sosia di Bud Spencer maciulla a colpi di ascia ed arrivano a regalare loro persino degli assegni, elargiti da una contessa vampiro ninfomane che seduce il belloccio del gruppo salvo poi azzannarlo e gettarlo dal balcone in mutande sulla folla affamata. A parte la musica ossessiva, tra progressive e psychobeat (che non c'entra una fava con le immagini), il film gode di una buona fotografia, ottimi colori e panorami suggestivi. Pecca invece con la recitazione, sopratutto delle comparse vampiro che fanno espressioni ridicole (una su tutte la faccia di uno che rimane incollato al parabrezza nel finale) accentuate da improbabili dentoni zannuti posticciacci!

Ad alimentare la dose ci sono poi una serie di situazioni imbarazzanti come il borgomastro che beve solo il suo vino "speciale" da una bottiglia color sangue (sic), il ritrovamento di un dito nel piatto e la conseguente giustificazione che il cuoco ha avuto un incidente (spuntando fuori dalla cucina con il dito tranciato), la bambina che viene soffocata dal ragazzino  e poi sepolta dalla madre divenuta anche lei vampiro, il pigiama color sciolta del protagonista e sopratutto la mitica sequenza in cui la contessa vampiro prende in braccio lo studente vampirizzato nudo prima di gettarlo dal balcone, immagine questa quasi iconografica che sembra ammiccare al nascente movimento femminista. Insomma un film che, a suo modo lascia il segno, nonostante non vi sia alcuna traccia di orge o ammucchiamenti sessuali come invece vorrebbe intendere il titolo. Alla fine, però, c'è anche un piccolo salto sulla sedia e una chiusa che, a suo modo, risulta angosciante.

martedì 17 aprile 2012

THE SADISTIC HYPNOTIST

(Id. 1969)

Regia Greg Corarito
Cast: Katharine Shubeck, Richard Compton, Janine Sweet


Il sottobosco delle produzioni di purissima exploitation degli anni '60 ci hanno sempre regalato qualche gradita sorpresa, in particolare all'interno della vastissima produzione del cinema di puro richiamo in cui si versavano abbondanti dosi di sesso, droga e violenza nonchè veri e propri spettacoli dedicati unicamente al sadomaso e al torture show, tutto un universo deprecabile volto a placare gli appetiti più esigenti di un pubblico immorale e pervertito. Recuperare oggi film come questo Sadistic Hypnotist (conosciuto anche come Wanda, the Sadistic Hypnotist ) di Greg Corarito non significa solo acquisire testimonianze di un passato nostalgico ma dare alla luce pure perle demenziali in cui la pretestuosità della trama raggiungeva livelli grottescamente artistici.

Questo misconosciuto tesoretto di fine sixties in particolare è addirittura un film nel film. Vediamo infatti mentre scorrono i titoli di testa un tizio che scorrazza in automobile, poi si avvicina a una vetrina di porcellane e comincia ad avere visioni erotiche e infine entra in un cinema a luci rosse dove comincia il vero film, intervallato ogni tanto da un inquadratura dei pochi spettatori in sala che guardano compiaciuti questa fine immondizia. Sullo schermo invece c'è il sole e un auto che fa un incidente, il guidatore Sylvester (Richard Compton) viene raccolto da due strane tizie Wanda (Katherine Shubeck) e Greta (Janine Sweet) che lo trasportano nel loro lussuoso residence con piscina chiamato addirittura Sex Toy.

Qui Wanda rivela i suoi poteri ipnotici con cui soggioga l'infortunato e lo obbliga a subire una serie di penosissime e verosimilmente finte frustate. A questo punto irrompo un gruppo di teen ager svestite che si buttano in piscina, subito dopo comincia una sorta di festino sexy nel quale irrompe uno psicopatico fuggito da un manicomio, il quale dopo aver picchiato e violentato le tizie, fa comunella con Sylvester e manda in acido l'intero party (con LSD conservato in cucina eh!). Qui vediamo la parte migliore del film, tutta virata a colori psichedelici, musica pop ossessiva e fotografia delirante. Per il resto Colarito sembra girare con una cinepresa in Super8 con inquadrature sghembe, primi piani eccessivi e tremolii allucinogeni. Gli attori non sembrano tali vista la cagneria generale ma almeno le attrici non lesinano a mostrare la carnina, siamo comunque lontani dalle forme da top model del cinema mainstream e le dettagliate inquadrature del nostro Corarito non aiutano l'estetica generale. Rimane comunque un originale tentativo di inserire un senso artistico al cinema d'exploitation con l'espediente del film nel film che rimanda un pò a Truffaut, anche se, diciamoci la verità, è solo un altro pretestuoso espediente per mostrare culi e tette.

venerdì 13 aprile 2012

INCONTRI EROTICI DEL QUARTO TIPO

(Wham Bam, Thank You Spaceman, 1975)

Regia William A. Levey
Cast Jay Rasumny, Samual Mann, Dyanne Thorne

Uscito in Italia nelle sale a luci rosse come versione porno del celebre successo di Spielberg (da non confondersi con "Incontri molto ravvicinati del quarto tipo" di Mario Gariazzo ), questo sexy movie del mestierante William A. Levey mescola hardcore con fantascienza caleidoscopica deliziandoci con le avventure di due alieni mascherati da insetto con la stella di David sulla fronte e i vestiti che sembrano prelevati da un video dei Rockets.
Arrivati sulla terra dal Pianeta Uron, per prima cosa, i due extraterrestri rimangono sconvolti dallo smog salvo poi approdare casualmente in un nightclub dove osservano una che si fa massaggiare le tette in continuazione e un'altra che brama di fare sesso con un certo Charlie fiero indossatore di un'assurda cravatta. In questo bell'ambientino gli uroniani scoprono i sistemi di accoppiamento degli esseri umani e siccome il loro obiettivo è quello di ripopolare il pianeta ingravidando quante più femmine possibili, iniziano a rapire le giovani donne a metà del coito per infilarci dentro la loro linguaccia che sembra un pezzo di cartone pressato.

Il resto del film è un continuo buttare scene di sesso montate alla cazzo e intermezzate dai dialoghi dei due alieni all'interno dell'astronave che sembra rivestita di domopack dorato. C'è anche un "effetto notte" di Truffautiana memoria con alcune sequenze ambientate sul set di un film porno dove ogni tanto spunta la faccia di un assurdo vampiro che sbircia tra le pareti durante l'immancabile scena lesbo. Stranamente gli attori non sono malaccio e qualche sequenza risulta degna di nota, come la scena dell'inseguimento tra i vicoli tra un maniaco e una ragazza che verrà legata ad un tavolaccio prima di venire anch'essa addotta dagli alieni per poi trasformarsi da vittima in carnefice.
Il regista, che ci aveva già regalato un bel blacksploitation horror come "Blackenstein", realizza un prodotto poverissimo abbondando di psichedelia, lucine e suoni elettronici, dotandolo però di una certa verve narrativa che lo rende leggero e divertente. Nel suo insieme, un piccolo cult del binomio sesso e fantascienza che tra le altre cose ospita la cultissima Dyanne Thorne, immortale protagonista della trilogia della nazisexybelva Ilsa. 

martedì 10 aprile 2012

ATTACK OF THE CRAB MONSTERS

Id. 1957
Regia Roger Corman
Cast Richard Garland, Pamela Duncan, Russell Johnson



I titoli di testa sembrano far sperare, viene quasi voglia di pensare "Ma guarda, stà a vedere che il buon Roger Corman, stavolta ha finalmente trovato una megaproduzione", in realtà, ogni weirdo esperto che si rispetti sa benissimo che questo è il peggior film del regista americano, peggiore nel senso estetico in quanto ancor oggi considerato uno dei suoi cult assoluti. Già dopo pochi minuti "Attack..." rivela subito la sua essenza trash quando vediamo il gommone dei protagonisti che approda sull'isola misteriosa, arivati a pochi metri dalla spiaggia, uno dei marinai casca in acqua e, nonostante siano a riva, lo vediamo affondare nelle profondità oceaniche per riaffiorare cadavere senza testa, o almeno così era nelle intenzioni ma il trucco è talmente posticcio (la camicia calzata sulla testa) e antico che fa subito strappare una risata. Il protagonista di questa scena poi, altri non è che un'altro dei grandi del cinema Bis  degli anni '50, il leggendario sceneggiatore Charles B. Griffith, qui anche nelle vesti di co-producer.
L'inizio quindi non è male ma il bello arriva con le prime apparizioni dei granchioni di cartapesta i cui l'isola è infestata, ai quali hanno disegnato pure una faccia tra le meno sveglie della storia del cinema (beh, appropriato, dopotutto i granchi non hanno fama di essere animali sagaci) con gli occhioni che si aprono e si chiudono con l'elastico delle tendine in bella mostra. Il gruppo di scienziati vittime della ridicola invasione, scoprono poi che i mostri, non solo divorano gli uomini ma ne assimilano le proprietà vocali, vediamo quindi le bestiacce parlare con le voci delle loro vittime e scopriamo che, contrariamente alle aspettative, i crostacei sono dotati di un'intelligenza sopraffina. Ben presto si scoprirà anche che l'unica cosa che li annienta è l'elettricità e dopo orrende chele di cartone che fingono di staccare la testa alle persone, uomini che vengono dondolati appesi ad una corda come se ballassero la samba, filmati di repertorio che si barcamenano tra Tsunami ed esplosioni vulcaniche si arriva finalmente al duello finale a colpi di pali della luce e carapaci polistirolici.
Attack of the Crab Monsters appartiene al periodo punk di Corman, ovvero quella fase dove " noncene fregauncazzodellaconfezione ma l'importante è girare" filosofia questa, che approvo in pieno e, del resto  stiamo parlando di un film che, una volta visto, non lo si scorda più, a conferma che quando le cose sono troppo perfette annoiano mentre quando sono così esageratamente posticcie entrano a far parte della storia, quale fulgido esempio di una cinematografia disancorata dal puro mestiere e mossa esclusivamente da un'urgenza (che poi sia alimentare o artistica non è importante). 

giovedì 5 aprile 2012

SPACE THING

(Id. 1968)
Regia Byron Mabe
Cast Karla Conway, Steve Vincent, Merci Montello

Il riferimento, fin troppo palese, di questo softcore fantascientifico è il cinema di Doris Wishman, abile cineasta che si inventava storie deliranti ambientate in campi di nudisti fino ad arrivare all'estremo portando queste tematiche nello spazio con il cultissimo "Nude on the moon". In questo caso il sedicente regista Byron Mabe, autore di roba come " The Acid Eaters" o "She Freak", rincara la dose offrendo vere e proprie scene di sesso, per quanto edulcorato dai canoni in voga negli anni sessanta. Qua le donne sono completamente nude ma si accoppiano con uomini in mutande o calzoncini dorati da astronauta intergalattico generando così, più che eccitazione, una noia mortale.
Fortuna che ci sono gli effetti speciali a farci sorridere, come ad esempio la spettacolare astronave a forma discoidale che sembra uscita da un negozio di giocattoli di terza categoria e fatta penzolare su un fondale nero stellato, ma anche gli arredi dell'interno contribuiscono alla suggestione trash grazie a sedute che sembrano cestini della carta rovesciati, tavoli da bar, postazioni di comando con sgabelloni da mensa. Insomma un vero e proprio pout pourri del weirdo più assoluto che comincia con una coppia a letto,lei con le tette visibilmente rifatte che si lamenta del suo lui in mutandoni, il quale, anzichè dedicarle attenzione passa il tempo a leggere romanzi di fantascienza.  
Dopo questa premessa partono i titoli di testa e qua siamo a rasentare il genio puro. I titoli infatti sono dipinti su corpi nudi stile "body art" o su malcapitati asinelli che ruminano nel deserto, e a proposito di deserto metà del film si svolge in un'area brulla e sassosa che dovrebbe simulare un pianeta alieno, peccato che le astronaute ci vadano a passeggiare semi nude e si sdraino a prendere il sole mentre un bizzarro capitano spara invisibili raggi laser che fanno scomparire gli altri membri dell'equipaggio. Immancabile la scena lesbo e il doppiaggio di sottofondo che parte con ansimi e respiri completamente dissociati da quanto accade in pellicola, il tutto condito da un'atmosfera psychobeat enfatizzata da ridondanti e ossessivi motivetti acid jazz. Giusto per tornare poi a Doris Wishman, in alcune scene l'interno dell'astronave sembra un campeggio nudisti con tanto di tende e cuscini e analogalmente ai film della regista di "Nude on the moon" anche qui non succede una minchia per tutto il tempo. Fortuna che il film dura poco!

lunedì 2 aprile 2012

THE BRAIN FROM PLANET AROUS

(Id. 1957)
Regia Nathan Juran
Cast: John Agar, Joyce Meadows, Robert Fuller


Alle volte si sono accusati gli sceneggiatori americani specializzati in B-movie di non usare il cervello nello sviluppo di certe produzioni a basso costo. Non è certo questo il caso dove il protagonista in questione è proprio un gigantesco cervellone dotato di occhi e appeso coi fili al soffitto che dice di chiamarsi Gor e provenire dal pianeta Arous con il preciso intento di soggiogare gli esseri umani al suo potere. L'alieno individua come suo primo schiavo nientemeno che un ingegnere nucleare di nome Steve il quale, una volta posseduto dal celebro coso comincia a manifestare uno smodato appetito sessuale, gli si ingrossano gli occhi e comincia a sviluppare l'insano hobby di far saltare aerei di linea con il pensiero.Per fortuna ad aiutare i terrestri interviene Val un altro cervello, stavolta buono, che spiega a Sally (Joyce Meadows ) l'allarmata moglie di Steve che  Gor è un criminale ricercato nelle galassie. Dal canto suo Gor/Steve organizza riunioni con i potenti del mondo nel salottino buono dove fa vedere ai capi della terra sequenze rubate dagli esperimenti nucleari nel Nevada spacciandoli per il possibile destino del pianeta, fortuna però che Steve, ad un certo punto scopre il punto debole del cervellone, fortuna dicevo perchè questo ci permette di godere dello splendido finale ultratrash dove vediamo lo scienziato che prende ad accettate il cervellone che rimbalza sugli stessi fili da cui è sorretto.

Diretto da uno specialista del genere come Nathan Juran, già autore di classici come A 30 milioni di Km. dalla Terra (1957) e La mantide omicida e interpretato magistralmente da un attore cult come John Agar è una di quelle pellicole minori che però hanno il vantaggio non esiguo di dire qualcosa di diverso nel solito panorama delle invasioni extraterrestri e riesce a regalarci persino qualche sapida inquadratura da maestro come il faccione di Steve che si trasforma deformato dal boccione dell'acqua o qualche ardito oggetto di puro vintage come il segnalatore geiger che assomiglia incredibilmente ad un Phon. Un film da vedere con gli occhi perchè al cervello ci hanno già pensano gli autori.