giovedì 31 marzo 2022

ATTACK OF THE GIANT MOUSSAKA

(I epithesi tou gigantiaiou moussaka, 1999) 

Regia: Panos H. Koutras 

Cast: Giannis Angelakis, Christos Mantakas, Myriam Vourou 

Genere: Commedia, Sci-Fi 

Parla di: “Aliene in costumino ingrandiscono fetta di Moussaka e la scatenano sulla città di Atene” 

Analogalmente al mediometraggio “Gay Niggers from outer space”, anche questo debutto del regista greco Panos H. Koutras mescola elementi LGBT con rimembranze retro sci-fi, aggiungendo in questo caso un’evidente passione per il cinema di John Waters, esemplificato mirabilmente dalla protagonista Tara interpretata dall’attore Giannis Angelakis, sorta di Divine mancato del nuovo millennio. In mezzo a dischi volanti dalle luminescenze fucsia, scienziati con il camice rosa che amoreggiano di nascosto, ricche annoiate che si ammazzano di coca e svariati siparietti televisivi, si erge la Moussaka Gigante, tipico piatto greco a base di carne, besciamella e melanzane, trasformata in una sorta di gargantuesco blob dal raggio circolare dell’astronave aliena comandata da quattro discinte playmate. Il mostro, realizzato con una CGI di taglio decisamente dilettantesco, striscia letteralmente sulle strade, soffocando le sue incaute vittime o spruzzandole a morte di salsa rossa. 

Nella trama si intrecciano la storia d’amore tra Tara e lo scienziato Alexis (Christos Mantakas), la ricca annoiata Joy (Myriam Vourou) sposata con il ministro più giovane del parlamento greco e la giornalista Evi (Themis Bazaka) alla disperata caccia di uno scoop. Il tutto accompagnato da poderose dosi di disco music anni settanta e, perfino, un accenno di musical. Nonostante il cast regga bene, a livello recitativo, la follia di quest’opera, si ha la sensazione che, con tutti gli elementi a disposizione, ovvero un mostro delirante ed iconicamente assurdo, travestiti,  astronavi psichedeliche e personaggi quantomeno bizzarri, il regista avrebbe potuto osare di più. Invece sceglie svariate strade ma senza percorrerle più approfonditamente. 

I riferimenti al cinema gay-lesbo sono solo accentuati marginalmente e relegati nell’angolino più nascosto della pellicola, quelli retro sci-fi si limitano a qualche sporadica scena di panico costruita con quattro gatti che scappano sulla strada, scegliendo poi la più comoda soluzione di lasciare che siano i mass media a raccontarci l’invasione del mostro alieno. Anche il cinema di John Waters viene omaggiato timidamente, scegliendo di mitigare il celeberrimo cattivo gusto del regista di Baltimora limitandosi a qualche colorata parruccona senza senso. Insomma il buon Panos ci mostra un menù ricco di sapore ma poi, all’atto pratico, riduce le quantità nel piatto a miseri assaggini di una pietanza che si prospettava gustosa e lascia nello spettatore, a fine visione, quella fame insoddisfatta assolutamente indegna della cucina greca. 

mercoledì 23 marzo 2022

SATAN’S SLAVE


(Pengabdi Setan, 1982) 

Regia Sisworo Gautama Putra 

Cast W.D. Mochtar, Fachrul Rozy, Siska Widowati 

Genere Horror 

Parla di “famigliola vive il lutto materno nel terrore quando la nuova domestica comincia a produrre occulte sciagure” 

Il successo de L’Esorcista a livello mondiale se, da una parte, ha prodotto grossi introiti nelle casse dei cinema, dall’altra ha smosso le coscienze dei credenti risvegliandone la fede, da molto tempo in crisi a causa del materialismo generato da una società consumistica sempre più oppressiva. In pratica lo spauracchio del diavolo, della possessione demoniaca e della presenza occulta in generale è diventato, negli anni successivi, una manna dal cielo per il clero e per chi, in generale, si trova ai vertici di una dottrina religiosa, sia essa cattolica, sia, come nello specifico di questo filmaccio indonesiano, musulmana. Ma se nel capolavoro di Friedkin, il demonio rappresentava soprattutto una metafora della cattiveria umana, nella pellicola indonesiana diretta da Sisworo Gautama Putra, la paura del diavolo ha motivazioni marcatamente exploitation, in breve siamo di fronte ad un film che mette in guarda il buon musulmano a non abbandonare mai la fede perché poi arriva Satana e sono cazzi suoi. 

In effetti il protagonista Munarto (W.D. Mochtar) è un imprenditore troppo occupato dal suo lavoro per accorgersi che lo spirito della defunta moglie spunta dalla finestra tutte le sere, rigorosamente vestito di un bianco ectoplasmico, a terrorizzare i due figli Tommy (Fachrul Rozy) e Rita (Siska Widowati). Non si accorge nemmeno che la nuova governante Darmina (Ruth Pelupessi) si diverte a fare strani sortilegi nella sua cameretta e continua a evitare la visita dell’Imam di turno che vuole portare la famiglia sulla retta via della fede. Del resto Tommy, appena tenta di pregare, gli si frantumano le finestre e riceve la visita della madre demoniaca, risvegliata dalle forze arcane della satanica governante. 

Sebbene il film non sia poi così male e giochi discretamente con atmosfere da incubo, l’apparizione degli spettri risulterà determinante nell’alzare l’asticella del weirdo, in particolare quando spunta il fantasma del fidanzato di Rita, morto rocambolescamente in un incidente in moto, con un faccione sbiancato di cerone, due dentacci da vampiro e un’assurda cresta rossa sulla testa che, all’atto pratico dovrebbe rappresentare la ferita mortale, ma di fatto lo fa assomigliare ad un ridicolo gallo cedrone umano che ciondola dietro una terrorizzata Rita dopo aver magicamente suonato una grottesca suite al pianoforte. Il finale, fortunatamente, metterà tutto a posto con il provvidenziale intervento dell’Imam a salvare capre e cavoli lanciando il neanche tanto velato messaggio che indulgere sui piaceri terreni accantonando la fede, non è mai una buona idea. 

#esorcista #satana #demoni #spettri #indonesia #islam

giovedì 17 marzo 2022

MALEDETTO SORTILEGIO

(Cathy's Curse, 1977) 

Regia: Eddy Matalon 

Cast: Alan Scarfe, Beverly Murray, Randi Allen 

Genere: Horror 

Parla di “bambina posseduta da spirito di altra bambina terrorizza la famiglia”  

Dopo aver realizzato una serie di video musicali con Brigitte Bardot e Serge Gainsbourg, qualche pornazzo con lo pseudonimo di Jack Angel, il francese Eddy Matalon, complice una produzione franco-canadese, si butta nel genere horror sulle orme del successo del filone infantile-demoniaco aperto dal successo di Carrie e L’Esorcista. Peccato che la competenza nel dirigere un film a luci rosse rimanga la stessa anche cambiando genere e, purtroppo, si vede. L’introduzione, più veloce di una sveltina, vede un padre baffuto entrare in casa e dirigersi nella cameretta della figliola che sta giocando con la sua bambola. La bambina informa il genitore che mamma è fuggita con il fratellino, il padre non la prende bene (Quella bagascia!!!), tira su la figlia e si fionda in macchina a caccia della fuggitiva. Sulla strada l’auto incrocia un coniglio, la bambina afferra il volante per deviare la corsa e il veicolo esce di strada prendendo fuoco. Nell’abitacolo vediamo la piccola piangere di paura abbracciata al padre prima che il fuoco divori le loro vite. Tutto questo si svolge in meno di un minuto con una frettolosità che rasenta il surreale. 

Dopo i titoli il figlioletto ormai grande, torna nella casa paterna con una moglie in piena crisi di nervi e la piccola Cathy (che non è una canzone dei Pooh!). La bambina trova la bambola della zia, una robaccia di pezza con gli occhi cuciti non si sa da chi e inizia il patatrac! La bambina inizia a spaccare piatti e bicchieri, la casa trema ma il clou del trash arriva con un tranquillo pomeriggio tra amiche in cui interviene una medium che inizia a parlare con le voci del padre e della figlioletta defunta generando una situazione a dir poco ilare. A rincarare la dose intervengono poi ansimi e gemiti da film porno (ecco la mano del regista), la bambina che riesce a modificare la voce e sfodera un turpiloquio decisamente edulcorato, una vecchia che cade dalla finestra e il vecchio guardiano della casa che prima si ubriaca in compagnia della bambina e poi viene ferito da una serie di lampi realizzati con una tecnica da effetti speciali decisamente alla buona. La madre strilla e scalpita, viene perfino portata in clinica, il padre invece (la cui recitazione viene salvata almeno in Italia dal doppiaggio del grande Ferruccio Amendola) fa sempre più tardi in ufficio.

C’è anche una scena da incubo nella vasca da bagno in cui la madre si riempie improvvisamente di Sanguisughe su tutto il corpo ma il suo primo pensiero è quello di coprirsi pudicamente il seno. Ma lo sfoggio di effetti speciali avveniristici avviene quando Cathy compare e scompare dalle scale con quel classico effetto di montaggio degno di un film turco fino all’epico make-up finale in cui la bambina ha il volto completamente coperto da una purea rossastra. La recitazione, manco a dirlo, è completamente sopra le righe, menzione speciale per la piccola Randi Allen che riesce comunque a rappresentare una possessione demoniaca composta e misurata, praticamente non recitando ottiene l’effetto migliore. Musica struggente e invasiva completa l’opera di un B-movie fatto coi piedi ma che, nonostante questo, riesce a stupirci con un enigmatico e inaspettato finale. 

giovedì 10 marzo 2022

L’ INVASIONE DEI RAGNI GIGANTI

(Invasion of the giant spiders, 1974) 

Regia: Bill Rebane 

Cast: Leslie Parrish, Barbara Hale, Steve Brodie 

Genere: Horror, Fantascienza 

Parla di “meteorite si schianta sulla Terra e genera automobili truccate da ragno gigante” 

Membro a tutti gli effetti dei Monster Movie fuori tempo massimo, il film di Bill Rebane è conosciuto soprattutto per essere stato menzionato nientemeno che da Stephen King nel suo saggio sul genere horror “Danse Macabre” e non certo in termini lusinghieri. In particolare lo scrittore cita l’assurda modalità con cui ci viene propinato il classico mostrone che, come lascia intuire il titolo, è ovviamente un ragno gigante. Praticamente si tratta di un’automobile (una Volkswagen, in verità) rivestita con un telo nero, due occhi finti e una serie di enormi tralicci piegati che costituiscono le zampe, mosse su e giù da un operatore. Il finto aracnide si muove quindi in orizzontale mentre gli arti oscillano lateralmente senza mai toccare il suolo: un effetto a dir poco straniante ma delizioso per chi ama il vero cinema Trash. 

L’ambientazione rurale si alterna con gli ambienti da base militare così come la trama si sposta dalle vicissitudini dei coniugi Kester e i due scienziati che cercano di fermare l’avanzata dei mostri. Nel primo caso assistiamo alle solite schermaglie di coppia tra l’avvenente Ev (Leslie Parrish) classica moglie insoddisfatta e dedita all’alcool, e il gretto marito Dan (Robert Easton) che invece di andare ai raduni di un animoso predicatore si dedica a rapporti extraconiugali (mirabile la gag dell’amante che lo rincorre sulla porta con il corpetto dimenticato). Per quanto riguarda i due scienziati, invece, troviamo la scienziata Vanger (Barbara Hale) che sin dall’inizio deve controbattere ad una serie di battute maschiliste e il professor Vance (Steve Brodie) membro nientemeno della NASA. 

Tutto ruota attorno alla caduta di un meteorite, realizzata malamente con una serie di sovraimpressioni cromatiche e una buona dose di esplosioni in giro per la campagna. Dal cratere formatosi dopo l’impatto spuntano delle polpette giganti al cui interno il buon Dan trova degli strani vetrini che scambia per diamanti ma non si accorge della tarantola che guizza sotto il tavolo di casa. L’ingordigia di Dan lo porta a racimolare più polpette possibili, riempiendosi di fatto la casa di ragni dalla crescita rapida. In realtà poi di mostri giganti se ne vedono a malapena un paio e realizzati con queste zampone oscillanti che, sinceramente, sono la punta dell’iceberg del ridicolo. Il film, di per sé, è perfetto per colmare i nostalgici dei film per la televisione che riempivano i pomeriggi degli anni ottanta, la sua esigua durata lo rende, poi, adatto a tutte le ore del giorno. 

mercoledì 2 marzo 2022

DEMENTED DEATH FARM MASSACRE: THE MOVIE

 (1971) 

Regia Donn Davison, Fred Olen Ray 

Cast John Carradine, George Ellis, Ashley Brooks 

Genere: Crime, Drammatico, Demenziale 

Parla di “Ladri di gioielli si nascondono nella fattoria di un distillatore clandestino con l’ossessione religiosa ma la situazione degenera” 

Come capitava spesso in ambito exploitation, i film si compravano, si rimontavano e si reintitolavano per essere venduti sul mercato cinematografico con un appeal differente. Lo faceva Al Adamson (come dimenticare il suo storico rimontaggio di una pellicola filippina per il film “7 per l’infinito contro i mostri spaziali”?) e lo ha fatto Fred Olen Ray con questo oscuro filmetto di serie Zeta diretto da Donn Davison. Acquistato con il titolo Shantytown Honeymoon, questo thriller agreste senza grandi speranze di sopravvivere nel mare magnum del cinema, venne rimontato con scene aggiuntive dove un John Carradine, ormai imbolsito, legge senza neanche tentare di nasconderlo, un copione davanti alla macchina da presa, nei panni del giudice dell’inferno. Voce ormai rotta dall’età avanzata, sguardo spento, la stella cadente del cinema western hollywoodiano recita senza convinzione un pippotto moralista introduttivo e fa capolino a spot, lungo lo svolgimento narrativo, tanto per giustificare il suo nome al primo posto nel cast, altrimenti sconosciuto, del film. 

Non contento di questa aggiunta, Fred Olen Ray cambia anche il titolo nel più incisivo ed assolutamente fuorviante “Demented Death Farm Massacre” e incarica la Troma di distribuirlo nel suo catalogo. Con queste premesse, Demented Death Farm Massacre (con l’incomprensibile aggiunta finale The Movie) lascia intendere risvolti horror-trash dei quali non si trova assolutamente traccia. La trama infatti vede un vecchio rimbambito di nome Horlon B. Craven (l’attore George Ellis) con l’ossessione religiosa, che gira per le fattorie vicine insieme al suo aiutante, lo stolto Tobe (R. Kenneth Wade), vendendo alcool distillato clandestinamente. Nel frattempo quattro ladri di gioielli, due uomini e due donne, fuggono con una Jeep dopo una rapina ma un guasto li obbliga a cercare rifugio proprio nella fattoria di Horlon, dove la giovane e sexy mogliettina Reba Sue (Ashley Brooks) si sta dedicando alle faccende di casa in assenza del marito. 

Grazie al savoir faire del capo banda Philip (Jim Peck), i criminali trovano ospitalità e il buzzurro e violento Kirk (Michael Battlesmith) trova anche l’occasione per farsi una sveltina con Reba Sue scatenando le ire gelose della fidanzata Karen. Nell’inevitabile scontro tra le due donzelle, Reba Sue uccide Karen a colpi di caraffa, da lì in poi si scatena l’inferno. Tornato a casa con la Jeep dei ladri rinvenuta nel bosco, Horlon viene ricattato dai criminali che vogliono sfruttare il suo commercio di Whisky illegale per arricchirsi durante la fuga ma il vecchio non ci sta e uccide Kirk con un forcone. Da qui in poi assistiamo all’inseguimento più lento della storia del cinema che risulta più efficace del Valium. Il film, del resto, è tutto qui, non ci sono contadini psicopatici assassini, non c’è splatter, non ci sono tettone in vista né altri elementi di interesse, resta solo un titolo assurdo e un bel manifesto che lascia intendere cose che lo spettatore non vedrà mai.