giovedì 26 settembre 2013

ZOMBIE LAKE

(Le Lac des Morts Vivants, 1981)
Regia
Cast , ,

Se almeno fosse uscito prima di Shock Waves avrebbe almeno avuto l'onore di essere il primo a usare zombie nazisti in un film, invece la pellicola di Jean Rollin (emulo francese di Jesus Franco specializzato in storie di sesso e vampiri) si rivela un'inetta copia del film di Ken Wiederhorn che già di per sè era pallosetto. Immaginatevi ora una storia di soldati nazisti uccisi dai partigiani francesi e gettati in un lago, che risorgono per vendicarsi e passano un'ora e mezza a ciondolare fuori e dentro dalle acque allegramente, buttategli dentro qualche nudo gratuito e qualche secchiata di vernice rossa sul collo di giovinette che non sanno neanche fingere di essere morte, e vi renderete conto della tortura che vi accingete a sopportare guardando questo film.
D'accordo che Rollin è un artigiano, d'accordo che sfornava film come il pane senza starci troppo a pensare (in effetti per vendere le pellicole a lui bastavano tette e culi in bella mostra) però stavolta ha esagerato. Troppe le ridicolaggini e gli errori spaventosamente vistosi che emergono minuto dopo minuto. Ci sono un gruppo di ragazzone di una squadra di basket che si spogliano e iniziano a giocare con l'acqua che gli arriva alle gambe, ma da sotto vediamo le gambe muoversi come se tutto il corpo fosse immerso.
E' questo è solo l'inizio, gli zombi agguantano al collo le donne ma non ci sono ferite, solo una spruzzata di sangue vistosamente finto come fintissimo è anche il make up dei soldati (gli colorano la faccia di verde ma non il collo!). Le scene passano dal giorno alla notte improvvisamente, Rollin tenta di dare una parvenza di spessore con la storia della bambina che sarebbe figlia di uno dei soldati, ma a parte la bruttezza della bambina (ma chi li faceva i casting?) come si fa a farla piangere nel finale e dire "non ti dimenticherò" quando lei stessa ha ordito il piano per distruggere col napalm il plotone di morti viventi?
Persino Howard Vernon che dovrebbe essere un buon attore ciondola inutilmente in questa farsa maleodorante che un bambino girerebbe meglio con la telecamerina super 8. Dulcis in fundo la musica che accompagna tutta la tragedia (per lo spettatore) è noiosa alla millesima potenza. Insomma il film adatto se volete che la fidanzata vi molli o se volete far confessare qualcuno!

mercoledì 18 settembre 2013

LE SPIE VENGONO DAL SEMIFREDDO

(Id. 1966)
Regia
Cast Vincent Price, Ciccio Ingrassia, Franco Franchi

Decisamente anomala nel panorama cinematografico della cosiddetta commedia trash all'italiana, questa ennesima fatica dell'infaticabile duo Franco & Ciccio, apparentemente una delle tante parodie della saga dell'agente 007 sfornate a iosa in quegli anni, rappresenta invece una delle punte più alte della loro sconfinata filmografia. Innanzitutto per la presenza non da poco di un regista come Mario Bava, il quale però sceglie un taglio anonimo nella sua direzione, uniformandosi quindi a tutti gli altri registi accorsi a girare le opere dei due comici, ovvero lasciando ampio spazio improvvisativo al duo. Sicuramente la punta di diamante del film è la presenza di un villain del calibro di Vincent Price, qua mattatore assoluto in grado di competere e sopraffare la verve surreale di Franco e Ciccio, grazie anche ad una serie di travestimenti irresistibili. La pellicola poi è infarcita di citazioni surreali come il rimando al "Dottor Stranamore" con i due comici a cavalcioni su una bomba atomica diretta contro Mosca o il generale e il presidente che parlano come Stanlio e Ollio (nel doppiaggio è presente Carlo Croccolo ovvero la voce italiana di Oliver Hardy) mentre l'inseguimento finale accellerato richiama alla mente le comiche anni Trenta a cui molta comicità francocicciesca si è ispirata durante la loro carriera.

Nonostante il budget medio alto, frutto della coproduzione americana che voleva utilizzare la pellicola come seguito del film "Dr. Goldfoot and the Bikini Machine" (sempre interpretato da Price) il film non disdegna momenti di purissimo trash con piranha che spolpano sgherri cinesi rivelando uno scheletro completamente giallo, o la danza delle donne robot al ritmo di una tarantella siciliana per non parlare poi dell'assurdo finale quando Ciccio apre il pentolone degli spaghetti, cucinati in un campo della Siberia e ci trova la testa di Franco che urla "Chiudiiii! Chiudiiii che il film è finito".
 
 In definitiva il film risulta più godibile della media dei prodotti realizzati dalla coppia, generalmente tutti uguali sia come battute sia come situation comedy, qua si riescono ad assegnare due o tre momenti di preziosa ilarità e una fantastica apertura animata gustosamente anni sessanta con Franco che canta a squarciagola "Bang Bang kissense". "Le spie vengono dal semifreddo" doveva essere il lancio americano di Franco e Ciccio, purtroppo la loro comicità, così strettamente legata al belpaese e difficilissima da esportare, non attecchì sul suolo statunitense decretandone il fiasco al botteghino.

mercoledì 11 settembre 2013

MACISTE E LA REGINA DI SAMAR

(Id. 1964)
Regia
Cast , ,

Conosciuto in tutto il mondo con il titolo "Hercules vs. The Moon men", questo peplum del regista friulano Giacomo Gentilomo è un curioso quanto ridicolo frullato di generi, dall'horror alla fantascienza passando dal cinema mitologico per narrare le gesta di Maciste/Ercole (Nell'Italia degli anni '60/'70 il personaggio di Maciste veniva sfruttato commercialmente in quanto personaggio dell'immaginario popolare che all'estero era praticamente sconosciuto) alle prese con il regno della crudele regina Samara (Jany Clair) intenta a sacrificare i giovani del suo popolo a leggendarie creature nascoste nella montagna della morte. Protagonista lo scultoreo quanto inespressivo Alan Steel (al secolo Sergio Ciani) forzuto dal cuore d'oro che s'impegnerà a fondo per sconfiggere il male ma sopratutto per mantenere in ordine la sua chioma laccata e mettere in evidenza i suoi notevoli pettorali.
Lo vediamo combattere contro i centurioni, allargare sbarre di metallo, strozzare un mostro scimmia zannuto arrivato chissà da dove, scagliarsi contro i ridicoli mostri di pietra che dovrebbero essere i lunari ma paiono robottini a molla che manco ce la fanno a camminare, dulcis in fundo, il nostro eroe rovescia una pesante statua d'oro il cui crollo determina l'annientamento del tempio del male. Ovviamente il film è avaro di spiegazioni su come si possa distruggere un tempio extraterrestre ed uscirne indenni, pronto a cavalcare sul suo magnifico destriero con la bellona di turno (Anna Maria Polani) in groppa, ma questo risulta superfluo all'interno di un contesto narrativo inesistente.
Cinema di puro intrattenimento come si faceva una volta, questo peplum non ci risparmia fantasiosi costumi, il sacerdote alieno indossa una maschera da rana in cui si intravedono le labbra mentre parla, c'è un grosso pallone di gomma che dovrebbe essere una specie di cervello marziano, che si gonfia risaltando le venature verdastre e sopratutto ci sono loro, gli uomini di pietra, i quali nella loro goffaggine emanano un'irresistibile tenerezza al pensiero dello sforzo occorso alle comparse per muoversi in quel pesante fardello. Le ambientazioni esterne sono ridotte al minimo indispensabile (quasi tutte le scene d'azione si svolgono in una vallata), gli arredi sono più che altro grosse statue di polistirolo dorato e i costumi sembrano raccolti dai bidoni per la raccolta solidale, si è cercato di risparmiare? Ovvio! Il budget del film è stato speso più che altro per oliare i bicipiti di Sergio Ciani (che in passato faceva la comparsa per il mitico Steve Reeves ) dal momento che la telecamera insiste quasi più su questi che sul suo volto, del resto completamente inespressivo.
Il mistero più grande rimane in ogni caso la marca della lacca usata dal mitologico eroe, lo vediamo infatti annaspare in una vasca piena d'acqua, lottare contro centinaia di persone, correre, cavalcare, venire quasi trafitto da centinaia di punte e finire in una tempesta di sabbia ma niente di tutto questo riesce minimamente a scalfire la sua acconciatura! Del resto si sa che i capelli sono importanti per il nostro eroe, sappiamo tutti quello che succede se glieli tagliano...ah no! Scusate, quello era Sansone!


martedì 3 settembre 2013

QUELLA NOTTE IN CASA COOGAN

(The night god screamed, 1971)
Regia
Cast , ,

Passato secoli fa (primi anni ottanta credo...) in televisione questo thriller di Lee Madden è stata una delle cose più terrorizzanti mai viste dai miei occhi, allora adolescenti. Ovviamente, rivisto dopo tanti anni, la pellicola risente del passare degli anni, eppure l'ultima mezz'ora fa ancora il suo porco effetto in termini di ansia e tensione. Le scene iniziali ci mostrano un predicatore che sembra uscito dal Gesù di Zeffirelli versione psicotica, che, immerso fino alle anche in un fiume, spara il predicozzo ad un gruppo di giovani hippie, a un certo punto arriva un misterioso incappucciato che prende la miscredente di turno e la affoga davanti a tutti. L'azione si sposta in un centro di volontariato dove un predicatore di mezza età (stavolta vestito normalmente) con la moglie devono andare a fare un predicozzo in una chiesa portandosi dietro una croce di legno piuttosto voluminosa.
 
L'oggetto non sfugge agli hippie predicatori e in particolare al nostro Gesù che, dopo un'accesa discussione col predicatore sul fatto di andare in giro a raccattare offerte lo fanno fuori crocifiggendolo. La moglie, testimone silente dell'omicidio li fa incriminare tutti dal giudice Coogan che le offre, dopo la condanna, di badare ai suoi figli mentre lui è via.  La donna, insieme ai ragazzi, passerà una bruttissima nottata, assediati dai fanatici incappucciati e armati di coltellacci in un crescendo di tensione che sfocerà in un beffardo finale.
 
 Per quanto modesta nella sua messa in scena, l'opera di Madden fa parte del genere mansonsploitation, rifacendosi in maniera molto evidente al processo legato a trucido massacro di Bel Air dove Charles Manson e i suoi adepti uccisero a coltellate Sharon Tate, la moglie del regista Roman Polanski. Il caso fece così scalpore che il cinema di exploitation prese subito la palla al balzo per sfornare una serie di film legati a omicidi di hippie psicopatici e fanatici religiosi  (tra cui ricordiamo anche il trashissimo "I drink your blood"). Nonostante il personaggio del santone omicida sia interpretato qui con toni molto sopra le righe, quando non imbarazzanti, il film è dotato di uno script di buon spessore e riesce a generare una sensazione di angoscia molto forte pur rinunciando completamente al gioco dell'effettaccio.
 
Le atmosfere sono giuste, gli attori sono in ottima forma e in particolare la protagonista Jeanne Crain si rivela una scream queen molto efficace, da parte sua Madden sfrutta tutti i tòpoi del genere per impressionare lo spettatore (telefonate minacciose, macchie di sangue, cadaveri che spuntano da tutte le parti, ecc.) e ci offre un B-movie che, per motivi a me ancora ignoti, è letteralmente scomparso dalle programmazioni del nostro paese.