venerdì 26 aprile 2019

FEMMINE CARNIVORE


(Die Weibchen, 1970)
Regia Zbynek Brynych
Cast Uschi Glas, Gisela Fischer, Alain Noury

Non si capisce bene se l'intento di Zbynek Brynych, regista dal nome impronunciabile e dalla carriera prettamente televisiva sia quello di produrre un'opera reazionaria anti-femminista o semplicemente quella di realizzare un arty-movie con venature psichedeliche in puro stile beat, secondo i canoni estetici dell'epoca. Di certo questa co-produzione italo-franco-tedesca risulta più che altro un guazzabuglio dalla narrazione frammentata e confusionaria. Eppure la trama sembrerebbe semplice: Eva (Uschi Glas) è una giovane donna con un forte esaurimento nervoso, per curarsi va in nella clinica della dottoressa Barbara (Gisela Fischer) in uno strano paesino abitato quasi interamente da donne se si esclude un demenziale commissario di polizia (Hans Korte) sempre intento a fare castelli di carta e a bere liquorini mignon e l'assurdo giardiniere della clinica che va in giro con occhiali da sole stile John Lennon, bretelle e una manona che sembra un artiglio. Nel paesino arrivano anche tre turisti in cerca di avventure extraconiugali, dopo aver tentato di approcciare la meccanica del paese, uno di loro viene ritrovato cadavere da Eva, peccato che nessuna vuole credergli e il morto scompare immediatamente. Solo il bel fricchettone Johnny (Alain Noury) sembra volerla aiutare anche se pure lui resta in dubbio sulla sanità mentale di Eva.

Il regista ci da dentro sin da subito con acrobatici grandangoli circolari, zoomate frenetiche, inquadrature ripetute ossessivamente e apparentemente scollegate fra loro (ma alla fine non c'entrano comunque una mazza lo stesso) nel tentativo di creare un'apparenza autoriale ma che, in definitiva, altro compito non hanno che riempire il vuoto globale di una sceneggiatura sconnessa e cucita assieme da dialoghi deliranti e inquadrature senza alcun legame. Brynych cerca disperatamente di estrapolare velleità artistiche, peccato che la sensazione costante è quella di aver sbagliato film, non bastano le soggettive frenetiche, i dettagli e le angolazioni singolari, l'unica cosa che sembra azzeccata è il commento musicale di Peter Thomas ma anche questo, sparato all'impazzata tra feste psichedeliche e luci lisergiche dove ogni tanto fa capolino qualche tetta, risulta alla fine ridondante e stanchevole.

Nonostante si veda solo Eva assumere uno zuccherino all'LSD tutto il cast sembra recitare costantemente in stato allucinatorio, anche il bel faccione di George Ardisson truccato da pagliaccio nell'orgia acquatica finale risulta fastidioso quanto la banalissima metafora della mantide religiosa e dell'assurda ricerca in biblioteca del nome dell'insetto (anche i bambini sanno come si chiama la mantide e che cosa fa al compagno dopo l'accoppiamento, non c'è bisogno di chiedere a una cadaverica bibliotecaria che non vede l'ora di snocciolare le sue conoscenze nel ramo entomologico). Dulcis in fundo, se gli intenti misogini non erano ancora chiari, assistiamo ad un ridicolo comizio femminista pieno di vecchine che urlano e sbraitano mentre le ragazze che dirigono il comizio a un certo punto si denudano per ribellarsi al corpetto, simbolo della schiavitù femminile. Se la donna negli anni non aveva subito abbastanza umiliazioni ci pensa questo "femmine carnivore" a ricordarci quanto poco rispetto il cinema e la televisione hanno del gentil sesso!

venerdì 19 aprile 2019

TENTACOLI


(Id. 1977)
Regia Ovidio G. Assonitis
Cast Shelley Winters, Bo Hopkins, John Huston

C’è un grande affetto che mi lega sin dall'adolescenza a questo beast movie di Ovidio G. Assonitis e mi porta a considerare la versione a otto tentacoli di Jaws un piccolo cult personale degli anni 70. Questo pseudo blockbuster su una piovra gigante che impazzisce per i rumori provocati dai lavori di una multinazionale (la Trojan..che nome profetico!) è in realtà un filmaccio di serie B allo stato puro infarcito da un cast ad otto stelle (per l'epoca) in cui troviamo John Huston (nella sua fase di declino alimentare già sperimentata con René Cardona Jr. in The Bermuda Triangle) nella parte di un giornalista antipatico e impiccione che si beve otto whisky di mattina, la sorella Shelley Winters che sbotta quando deve pagare il conto, Henry Fonda nella parte del presidente della Trojan Corporation, Claude Akins che interpreta lo sceriffo ed un oceanologo idiota come Bo Hopkins che manda le sue due orche Summer e Winter a caccia del mostruoso polipo dopo che questi ha malauguratamente divorato la moglie di lui Delia Boccardo (un'eroina del cinema italiano anni '70 che ricorderete in Un fiocco nero per Deborah).

Come pellicola su polipi giganti è decisamente meglio It Came from Beneath the Sea anche perchè in Tentacoli, la piovra non è più grande di 5/6 metri ed è realizzata filmando un polipo vero (che mi sa fece una gran brutta fine a giudicare dal finale) in controluce verso modellini di barche. La sequenza della regata è però diretta magistralmente con fermi immagine continui, sottolineati da uno score molto energico e minaccioso, il contrasto tra quello che accade in acqua e le risate degli spettatori alle sordide battute dello zio Charlie (un pagliaccio americano...ma sentite che barzellette racconta!!!) è esposto con ottima perizia ed in sostanza anche il film scorre bene dosando qualche momento di tensione. La colonna sonora scritta e diretta da Stelvio Cipriani è la cosa migliore che si può salvare da questo film, incalzante, psichedelica e infarcita di motivetti allegri che ricordano un pò gli Oliver Onions (Guido e Michele De Angelis), praticamente come se Bud Spencer incontrasse lo Squalo, e allora si che sarebbero cazzi amari!

domenica 14 aprile 2019

NON AVER PAURA DELLA ZIA MARTA

(Id. 1988)
Regia Mario Bianchi
Cast Adriana Russo, Gabriele Tinti, Anna Maria Placido


Si parte con una tutt'altro che piacente signora di mezza età vestita con un pigiama che la rende più simile a un bidello delle elementari che a un'ospite di un istituto psichiatrico, luogo che scopriremo pochi minuti dopo aver assistito al suo balletto da finta epilettica. La zia Marta del film ci presenta subito quello che Lucio Fulci ci presenta a sua volta nei titoli di testa: un trashone all'italiana che condurrà il cinema di genere alla sua catarsi finale prevista per gli anni novanta, catarsi che segnerà inevitabilmente la sua fine. Del resto non si può dire che la noia non regni sovrana in questa pellicola costruita con due soldi su una trama tanto risibile che, per rimpolparla un poco, il regista Mario Bianchi, qui in una delle sue rare incursioni nel cinema horror (la sua filmografia infatti è prevalentemente orientata al porno) ci butta dentro una serie di omaggi a dir poco gratuiti ai grandi successi horror dell'epoca. 

C'è la classica scena dell'accoltellamento nella doccia ai danni della povera Jessica Moore, unica nota positiva del film grazie alla generosa perfezione delle sue tette, l'immancabile sega a motore di "Non aprite quella porta" che decapita prontamente il giovane ragazzino Maurice e persino un omaggio a "Poltergeist" che non c'entra un cazzo con il resto del film tant'è che il ragazzino, dopo aver toccato il televisore che sfarfalla non viene inghiottito nell'aldilà ma si addormenta miseramente sul pavimento. La trama, per la prima mezz'ora è tutta un felice convivio familiare della coppia Adriana Russo (che morirà decapitata a colpi di cassapanca, sic!) e Gabriele Tinti con i figlioletti, i quali insediatisi nella villa di famiglia, restano in attesa dell'arrivo di questa sedicente Zia Marta che sembra tardare ogni giorno. C'è anche un misterioso giardiniere interpretato dal francese Maurice Poli, per il resto il film è di una lentezza infinita e tanto per non farci mancare nulla, c'è pure il twist finale che ricorda un pò classici del paranormale come "E se oggi fosse già Domani" e "Carnival of souls" ma soprattutto una fantastica scazzottata tra Poli e Tinti nel finale, degna del duo Spencer/Hill.

In ogni caso, per chi ha subito il dramma di spararsi tutta la serie "Lucio Fulci presenta", magari su quelle orribili vhs della Avo Films che giravano ai bei tempi andati (disponibili comunque in ancor più orribili DVD), questo titolo non sarà neanche il peggiore, anzi a tratti la sua voglia di estremo risulta anche divertente con quello splatter zozzo e artefatto, tanto caro ai filmmakers italiani e una punta di necrofilia che non guasta mai. Poi, dal momento che non si butta via niente, il buon Lucio saccheggerà il film per i suoi successivi "Un gatto nel cervello" e "Le porte del silenzio".
 

lunedì 8 aprile 2019

L'ASTRONAVE FANTASMA

(Uchu Kaisoku-sen, 1961)
Regia Kôji Ohta 
Cast Shin'ichi Chiba, Ryûko Minakami, Mitsue Komiya 



Prodotta dalla longeva Toei Company di Tokyo, Uchu Kaisokusen è stato uno sfortunato tentativo di lanciare un nuovo supereroe, opera questa che la compagnia produttrice giapponese faceva ormai con costanza periodica a livello cinematografico. Purtroppo il personaggio di Iron Sharp (che in Italiano uscì come "L'insuperabile") non attecchì a sufficenza nel giovane pubblico solito a decretare o meno il proseguo di questi personaggio. Del resto il film si presenta con una realizzazione decisamente stravagante, a cominciare dall'aspetto degli alieni provenienti da Nettuno che tentano l'ennesima invasione della terra partendo dal Giappone. La testa a cono dei nettuniani copia spudoratamente quella di Robby il robot de "Il Pianeta Proibito" con tanto di paraboline roetanti ai lati, una citazione forse voluta dal momento che lo stesso personaggio del film di Fred McLeod Wilcox viene inserito nelle sequenze come un giocattolino in mano ad un cicciotto bambino orientale. 

Essendo una pellicola per giovanissimi non poteva che avere per protagonisti dei ragazzini, ragazzini che bazzicano ovviamente un laboratorio scientifico (come tutti i bambini giapponesi dei film...) e sono amici del giovane dottor Tachibana che scopriremo (per intuito visto che non viene mai rivelato esplicitamente) essere proprio l'Insuperabile. Mentre i giovani neosecchioni passano le giornate a scrutare il cielo alla ricerca di un satellite americano rientrante, vedono una specie di astronave che sta a metà tra una chiesa luterana e una siringa. Curiosi come tutti i bambini, si avvicinano al veicolo e vengono attaccati dai neptuniani. Arriva l'insuperabile su una specie di Prinz (ve la ricordate?) con le ali con la sua tutina dorata (almeno così sembra visto che il film è in bianco e nero), prende a calcioni gli alieni e salva i bambini. Da parte loro i nettuniani non ci stanno e, dalla loro astronave invisibile fanno andare all'indietro i circuiti elettrici cosicchè i treni fanno retromarcia, i giradischi girano al contrario (emettendo magari messaggi satanici in giapponese) e gli orologi scorrono all'indietro. 

Tachibana/Insuperabile tira fuori uno scudo stellare che impedisce ai cattivoni di piombare addosso al giappone con la nave ma questi, non dandosi per vinti, mandano dei finti soldati con la faccia cadaverica e il rossetto sulle labbra (una specie di Kabuki in divisa) per uccidere gli scienziati. Ovviamente tutto finisce bene e Tachibana con i ragazzi a braccetto può marciare cantando per le strade. La cosa che più colpisce è l'entusiasmo dei ragazzini di fronte alle distruzioni, alle esplosioni atomiche e ai messaggi drammatici degli anchorman televisivi che annunciano l'imminente invasione. Degna di nota nel cast è la presenza come protagonista di un Sonny Chiba che muoveva i primi passi nell'industria cinematografica prima di diventare una sorta di icona del cinema di arti marziali, definitivamente sdoganato da Quentin Tarantino che gli ha fatto interpretare il mitico Hattori Hanzo in Kill Bill Vol. 1.

mercoledì 3 aprile 2019

L'ORGIA NOTTURNA DEI VAMPIRI

(La Orgia Nocturna de los Vampiros, 1973)
Regia León Klimovsky
Cast Jack Taylor, Dyanik Zurakowska, José Guardiola

L'inizio di questa produzione spagnola è quanto meno spiazzante, una sequenza infinita di panoramiche di un villaggio rustico accompagnate da una musichetta che sembra scimmiottare gli Inti Illimani. L'azione si sposta in un cimitero dove un becchino "manidimerda" lascia andare la cassa che si infrange nella buca. Vediamo gente che fugge e poi la cassa sfasciata dove i resti di un corpo fumante trasudano di vermi e lombrichi in uno schifoso minestrone che ci allieterà per tutti i titoli di testa. Del resto un film che si intitola "L'orgia notturna dei vampiri" fa ben sperare in un elevato tasso weirdo. Questo è il bello delle produzioni spagnole post-franchiste: non deludono mai. La trama prosegue con un gruppo di persone in un pulmann, sono collaboratori domestici di un conte, si stanno recando al primo giorno di lavoro, peccato che al conducente gli viene un colpo e muore mentre guida (ma assumete personale giovane, dico!). 

A questo punto l'allegra combriccola, trovatasi a condurre il mezzo con le proprie forze e senza una cartina stradale sbaglia strada e finiscono nel paese di Tolnia, che abbiamo imparato a conoscere a menadito visto che il regista argentino León Klimovsky ce lo ha inquadrato in tutte le salse all'inizio. Apparentemente il villaggio sembra abbandonato, l'unica forma di vita che i viaggiatori incontrano è un americano baffuto che si diverte a spiare la gnocca di turno dietro al buco della serratura. Purtroppo per loro Tolnia si rivelerà piena di villici vampirizzati che di notte assalgono uno ad uno gli stranieri, mentre di giorno cercano di essere affabili e cortesi, li nutrono con carne umana prelevata direttamente da poveri fabbri sfigati che un gigantesco sosia di Bud Spencer maciulla a colpi di ascia ed arrivano a regalare loro persino degli assegni, elargiti da una contessa vampiro ninfomane che seduce il belloccio del gruppo salvo poi azzannarlo e gettarlo dal balcone in mutande sulla folla affamata. A parte la musica ossessiva, tra progressive e psychobeat (che non c'entra una fava con le immagini), il film gode di una buona fotografia, ottimi colori e panorami suggestivi. Pecca invece con la recitazione, sopratutto delle comparse vampiro che fanno espressioni ridicole (una su tutte la faccia di uno che rimane incollato al parabrezza nel finale) accentuate da improbabili dentoni zannuti posticciacci! 

Ad alimentare la dose ci sono poi una serie di situazioni imbarazzanti come il borgomastro che beve solo il suo vino "speciale" da una bottiglia color sangue (sic), il ritrovamento di un dito nel piatto e la conseguente giustificazione che il cuoco ha avuto un incidente (spuntando fuori dalla cucina con il dito tranciato), la bambina che viene soffocata dal ragazzino  e poi sepolta dalla madre divenuta anche lei vampiro, il pigiama color sciolta del protagonista e sopratutto la mitica sequenza in cui la contessa vampiro prende in braccio lo studente vampirizzato nudo prima di gettarlo dal balcone, immagine questa quasi iconografica che sembra ammiccare al nascente movimento femminista. Insomma un film che, a suo modo lascia il segno, nonostante non vi sia alcuna traccia di orge o ammucchiamenti sessuali come invece vorrebbe intendere il titolo. Alla fine, però, c'è anche un piccolo salto sulla sedia e una chiusa che, a suo modo, risulta angosciante.