giovedì 16 dicembre 2021

DOLLMAN

 (1991) 

Regia Albert Pyun 

Cast Tim Thomerson, Frank Collison, Kamala Lopez 

Genere Poliziesco, Drammatico, Fantascienza 

Parla di “Poliziotto alieno giunge per sbaglio sulla Terra e scopre di essere un nanetto nei confronti degli altri” 

Ispiratosi all’omonimo personaggio dei fumetti realizzati dalla Quality Comics (successivamente inglobato nell’Universo della DC Comics) Charles Band scrive e produce questo DollMan coadiuvato da Albert Pyun che aveva già distrutto, l’anno precedente, il mito di Capitan America, trasformando un possibile blockbuster in un fiasco colossale. Evidentemente le troppe aspettative distruggono l’estro creativo perché questo DollMan, realizzato con quattro soldi e poche pretese, non è affatto malaccio. Certo siamo relegati ad aeternum nell’olimpo del B Movie fracassone e scartavetrato, ma l’idea di base, che riprende dal fumetto originale solo il rimpicciolimento (in questo caso involontario), è quanto meno geniale. Il mix vincente infatti, è quello di mescolare fantascienza e gang movie con un pizzico di mechasplatter alla Robocop che non guasta mai. Siamo sul Pianeta Arturos, che si differenzia dal nostro pianeta grazie ad una serie di sfondi cartonati che riproducono una città futurista. Addentrandoci nei vicoli però scopriamo che ad Arturos ci sono lavanderie a gettoni gestite da una famiglia di ciccione come quella che viene presa in ostaggio da un criminale senza molta convinzione. 

Entra in scena Brick Bardo (Tim Thomerson), anziana mascella indurita, capelli cotonati bianchi e sempiterno cappottino indosso, ovviamente poliziotto messo a riposo per i suoi metodi poco convenzionali. Infatti dopo aver liberato gli ostaggi senza colpo ferire, viene additato come massacratore di bambini dalla stampa imbrogliona. Successivamente Bardo si ritrova in una specie di discarica dove il suo nemico numero uno, Sprug (Frank Collison), dopo aver sterminato la sua famiglia, vuole neutralizzarlo per sempre. Da notare che ci troviamo davanti uno dei villain più belli di sempre, praticamente una testa attaccata ad una specie di skateboard volante (il resto del corpo è stato disintegrato a puntate da Bardo). La colluttazione che ne segue vede i due nemici inseguirsi nello spazio con due astronavicelle e finire direttamente sul Pianeta Terra dove le dimensioni sono 6 volte maggiori. A questo punto Pyun si sbizzarrisce nel mostrarci edificanti scene di urbano degrado (il film è ambientato nel Bronx) per una decina di minuti, così per introdurci adeguatamente alla seconda parte del film.  


L’astronave di Bardo è incastrata in una discarica (Praticamente il film è tutta una discarica) dove il poliziotto spaziale assiste all’aggressione di Debi (Kamala Lopez) giovane latina in prima linea nella lotta contro il degrado e lo spaccio nel quartiere. Bardo riesce a salvare Debi la quale, sconvolta dalla presenza di questo miniuomo, si carica sotto il braccio l’intera astronave e se la porta a casa. Qui il fratellino Kevin pensa che l’astronave sia un giocattolo e non ha tutti i torti anche perché il veicolo, realizzato in estrema economia, sembra proprio un aereoplanino di cartone. Il proseguo della storia vede Sprug allearsi con il gangster Braxton Red (Jackie Earle Haley ) promettendogli una bomba in grado di distruggere il mondo. In realtà il terrificante ordigno non è altri che una scheda elettronica con un transistor saldato alla cazzo di cane e quando esplode a fine film, praticamente distrugge a malapena una stanzetta. Durata al minimo sindacale (81 minuti di cui gli ultimi dieci sono occupati dai titoli di coda), effetti speciali poverissimi ma la sceneggiatura dopotutto funziona e riesce a rendere godibile questa variante Sci-Fi de I Viaggi di Gulliver.

giovedì 9 dicembre 2021

L’ UOMO PUMA

(1980)


Regia: Alberto De Martino

Cast: Donald Pleasence, Sidney Rome, Walter George Alton

Genere: Supereroi, Fantascienza, avventura

Parla di: “Paleontologo scopre di essere supereroe che deve combattere contro cattivaccio alla conquista del mondo”

Considerarlo uno dei peggiori film di supereroi mai realizzati appare forse ingiusto, sarebbe meglio considerarlo invece uno dei peggiori film mai realizzati in generale. Inutile catalogare questa pellicola di Alberto De Martino limitandone le potenzialità espressive del brutto cinematografico quando si ha per le mani un simile capolavoro di incompetenza e povertà. Realizzato fuori tempo massimo,  sull’onda del successo del Superman con Christopher Reeve (in quell’anno uscì il secondo capitolo), l’Uomo Puma doveva essere la risposta italiana ai blockbusters hollywoodiani ed infatti lo fu, una risposta sbagliata, purtroppo che De Martino pagò con un fiasco clamoroso al botteghino oltre ad una valanga di recensioni negative (anche se, secondo il regista, ci furono anche quelle positive ma non ci è dato di sapere quali). 

Del resto un film che inizia con un palloncino intergalattico che svolazza su modellini di Dolmen e parla di civiltà azteche mentre la voce narrante urla a tutto spiano “Uomo Puma! Uomo Puma! Uomo Puma!” non lascia molte speranze. Se poi il cast comprende una Sidney Rome vestita con un ridicolo tutone in pelle nera che farfuglia nel suo italiano stentato e l’ingombrante presenza di Miguel Ángel Fuentes (massì che ve lo ricordate, era Gordon, il messicano tuttofare ne Il Triangolo delle Bermude) il quale, per scoprire l’identità dell’Uomo Puma, butta giovani americani dalla finestra (così se volano sono il supereroe, altrimenti schiattano!) allora potete stare certi che il capolavoro Cult è dietro l’angolo. 

Protagonista della vicenda è un giovane paleontologo (interpretato dall’americano Walter George Alton, appena uscito dal cast di 10 di Blake Edwards) che scopre di appartenere alla razza aliena degli uomini puma, in grado di vedere in notturna con occhi verdognoli e volare come se stesse nuotando a rana, lo vediamo infatti ondeggiare paurosamente su immagini in sovrimpressione ed ogni tanto camminare addirittura sulle gigantografia di megalopoli occidentali in un gioco di proporzioni assolutamente sbagliato. Gli effetti speciali sono realizzati con tecniche che Hollywood si sogna (negli incubi di ogni effettista americano c’è sempre “L’uomo Puma”), basti pensare che per simulare l’ipnosi dei personaggi soggiogati al volere della maschera d’oro, si usano specchi ondulati e oscene maschere di ceramica con tubicini arrotolati e attaccati sulle tempie. A concludere questa farsa supereroistica all’amatriciana troviamo il buon Donald Pleasence, ormai a chilometro zero nel territorio tricolore, nella consueta parte del cattivone di turno, il diabolico Kobras che, tanto per cambiare, vuole conquistare il mondo.