mercoledì 16 agosto 2017

LA TIGRE DEL SESSO



(Ilsa, The Tigress of Siberia, 1977)
Regia 

 
Il capitolo conclusivo, della saga dedicata alla crudele ILSA, ci porta dritto filato nelle fredde lande della Siberia, all'interno di un Gulag sovietico dove la nostra Sadica dominatrice cambia completamente bandiera e si trasforma in una seguace del feroce dittatore Stalin. Cambia bandiera ma le caratteristiche ormai note della saga rimangono le stesse. Dettagliata esposizione delle più creative torture ai danni dei prigionieri, appetito sessuale insaziabile e quella sana cattiveria che ha reso la nostra eroina uno dei personaggi più famosi nel cinema exploitation. 

Nella pellicola la nostra si scatena con spappolamenti di cranio a colpi di martellone, gare di braccio di ferro con seghe elettriche in azione pronte a tranciare la mano del perdente, annegamenti in fredde pozze ghiacciate e, addirittura una feroce tigre siberiana posta in una gabbia circolare dove vengono gettati i prigionieri più indisciplinati. Tra una tortura e l'altra non manca il prigioniero politico a cui si devono ridimensionare gli ideali rivoluzionari a robuste dosi di elettroshock. Stranamente l'avventura del Gulag termina dopo appena 40 minuti di film, quando la nostra Ilsa, con scagnozzi al seguito, abbandona il campo (non senza prima bruciare vivi tutti i prigionieri) subito dopo aver appreso della caduta del dittatore. 

Le scene si spostano a Montreal, nel 1977, dove troviamo Ilsa a gestire un bordello di lusso. Qui ritrova il prigioniero politico, unico sopravvissuto alla strage del campo, il quale, casualmente accompagnava due giocatori di Hockey russi per una seratina trasgressiva. Seguendo un copione ormai collaudato, la pellicola alterna scene di autentico splatter a crudeltà varie tipiche dei fumetti neri dell'epoca, il tutto mescolato con un pò di soft-core a base di tettone, threesome vari, lesbo e sadomaso. Un bel calderone che si conclude con sparatorie a raffica, inseguimenti con motoslitte e un campionario di nudità più o meno esplicite. Anche se ormai la saga mostra inevitabilmente segni di cedimento, resta indubbiamente un prodotto di intrattenimento di grande efficacia e la nostra giunonica Dyanne Thorne, nonostante qualche segno dell'età la renda decisamente un po troppo statuaria, mostra ancora due invidiabili tettone e un corpo da ultra trentenne ancora in grado di titillare i nostri sensi.

mercoledì 9 agosto 2017

GRETA, LA DONNA BESTIA

(Wanda the Wicked Warden, 1977)
Regia
Cast  , ,  


Appiccicato con forza al successo della saga dedicata alla nazi eroina Ilsa, questo film di Jesus Franco nasce unicamente dalla volontà di sfruttare le strabordanti forme di Dyanne Thorne, ancora effettivamente in buone condizioni nonostante, sui tratti del volto, si noti implacabile sia il segno del tempo, sia quello del chirurgo plastico. A onor del vero solo la versione inglese recita nel titolo il nome di Ilsa, perchè nella realtà la sexy carceriera della clinica lager che, nel film, ospita elementi femminili affetti da devianze sessuali, si chiama Greta, del resto anche in Italia il film uscì come "Greta, la donna bestia". Di sicuro il personaggio interpretato dalla Thorne non è molto dissimile da quello che in tempi non sospetti diede fama e gloria all'attrice. In questo caso, l'operazione alimentare è soprattutto per Franco, che dirige e interpreta una piccola parte come medico rivoluzionario (o supposto tale) rinunciando a qualsiasi pretesa autoriale (ad eccezione di qualche felice intuizione visiva), di contro il risultato è decisamente più scorrevole di molte delle pellicole alle quali il maestro ci ha abituato negli anni, il montaggio è più serrato e la visione risulta decisamente piacevole, nonostante veleggi nell'aria il sapore della pura sexploitation ai limiti del trash. 

Siamo in America Latina, in un paese dove probabilmente vige una sorta di dittatura che utilizza la clinica come centro di raccolta e tortura di giovani prigioniere rivoluzionarie. Tra queste una delle giovani cerca di fuggire, nella foresta viene inseguita da due guardie femmina armate di lunghissime spingarde e calzettoni da tennis, dopo qualche minuto si trasformano in due guardie maschio e qui annusiamo subito l'adorato aroma del cinema  weirdo. La fuggitiva si rifugia dal dottor Arcos (interpretato da Franco) che abita nelle vicinanze della clinica, ma la carceriera Greta la recupera immediatamente cercando di corrompere il medico. Quest'ultimo però sospetta qualcosa e indice una conferenza stampa per coinvolgere le autorità e aprire un'inchiesta. In realtà viene avvicinato dalla sorella della fuggitiva che gli rivela la sua intenzione di fingersi matta per entrare nella clinica sotto falso nome e scoprire cosa succede all'interno. 
  
Qui la trama sembra in un certo senso omaggiare il bellissimo "Shock Corridor"di Samuel Fuller, anche se solo nelle intenzioni. Rispetto ad altri film della saga ilsiana qui perversioni e violenza sono decisamente sottotono, anche se la presenza di Lina Romay, musa sempiterna del maestro spagnolo, risulta interessante, soprattutto quando la protagonista viene costretta a leccargli il sedere subito dopo aver defecato. C'è anche la parentesi snuff movie gestita dal compare della giunonica Greta il quale si diverte a filmare torture e orgie ai danni delle povere carcerate e rivenderle a un losco imprenditore. L'ultimo filmino, quello più costoso, sarà paradossalmente la ripresa della morte di Greta, divorata selvaggiamente dalle carcerate. In quest'ultima scena Jesus Franco alterna i primi piani del pasto cannibalesco con sequenze di repertorio in cui un leone spolpa avidamente la sua preda. Una geniale intuizione che permette di limitare i costi degli effetti speciali e colpire ugualmente dallo stomaco dello spettatore.