giovedì 27 maggio 2021

FRITZ THE CAT

(1972)

Regia: Ralph Bakshi

Genere: Animazione, Psichedelico, Erotico

Parla di “ avventure di un gattone che preferisce il sesso e la violenza alle crocchette di pollo”

Certo, oggi l'impatto di Fritz the Cat è minore e, a ben guardare, sembra anche molto più soft di un qualsiasi prodotto della Pixar (non fosse per le scene di sesso) ma immaginatevi, alla sua uscita nelle sale, come può essere stato accolto un cartone animato di questo tipo, per un pubblico abituato esclusivamente alle fiabe Disney? L'importanza del film di Ralph Bakshi sta tutta nel suo precedere i tempi portando al cinema le irriverenti tavole di Robert Crumb introducendole con un operaio che piscia su un passante e, a seguire un droga party che si trasforma in un’orgia multirazziale animale (nel senso che si accoppiano cani, gatti, ippopotami, mucche ecc.) interrotta da due poliziotti maiali, i quali inseguono il nostro intrepido gattone dentro una sinagoga.  

Successivamente il gatto Fritz, audace predicatore del sesso libero, incontrerà lungo il suo percorso una serie di bizzarri personaggi in una sequela di gag più o meno esilaranti che prendono in giro tutti e nessuno, dal quartiere nero pieno di corvi dove il micione istillerà una rivolta sedata nel sangue, all'incontro con un motorbiker strafatto che picchia la sua donna a catenate, fino al viaggio finale con la compagna di turno che abbandonerà al primo guasto. Il tutto passando in mezzo a trip psichedelici, orgie irrefrenabili, violenze, sangue e assoluta mancanza di buon gusto. Sicuramente il tempo ha scemato l'irriverenza di Fritz e oggi il film può essere visto tranquillamente anche dagli adolescenti (abituati a ben altro...decisamente!), anche i disegni, sicuramente non bellissimi anche allora, sono limitati, con ampio uso di fondali fissi, scene live action e una certa legnosità dei movimenti/espressioni.  
 
Cosa resta allora di Fritz The Cat per i posteri? Ovviamente un prezioso quanto originale punto di vista su una società dai forti contrasti come quella vissuta verso la fine degli anni sessanta, con le sue contestazioni, gli emarginati, la concezione utopistica di un sesso senza barriere, la mancanza di moralità e di politically correct. Insomma una serie di situazioni che vanno sempre più ridimensionandosi nella nostra vita reale ma quanto meno, al cinema, tendono ad essere un linguaggio sempre attuale. Diciamo quindi che Fritz ha avuto il pregio di rischiare tutto aprendo una strada diversa nel cinema d'animazione ma anche il difetto di non essere andato, a livello contenutistico, oltre alla mera irrisione dei costumi di un'epoca decisamente travagliata.

venerdì 21 maggio 2021

REPO MAN - IL RECUPERATORE

(1984) 

Regia Alex Cox 

Cast Emilio Estevez, Harry Dean Stanton, Olivia Barash 

Genere Fantascienza, Drammatico 

Parla di “Giovane punk impara l’arte di recuperare auto non pagate e si invischia in misteriosa caccia all’alieno” 

Con gli anni non è invecchiato, anzi, il film culto di Alex Cox sembra ringiovanire ogni volta che lo si guarda, accentuato maggiormente dall'affetto nei suoi confronti che porto nel cuore, a partire dalla metà degli anni '80 quando, su Raitre lo trasmisero per la prima volta. Ricordo che non sapevo nulla di questo titolo a parte il fatto che era un film di fantascienza, e, nel panorama artefatto della cinematografia preblockbuster, tanto patinata quanto insipida, questa pellicola, sporca, raffazzonata e nel contempo densa di magia filosofico punkeggiante mi colpì almeno quanto le prime rudi note di chitarra distorta provenienti dal pezzo di Iggy Pop e dall'animazione della cartina stradale verdastra che appariva sullo schermo. Che dire poi quando, nelle sequenze iniziali troviamo Emilio Estevez che balla il pogo insieme a un gruppo di punkabbestia ubriachi? 

Il personaggio di Otto è una delle più vere rappresentazioni della gioventù anarchica anni '80, lontana anni luce dal mito dello yuppismo, conflittuale con i genitori hippy cannaioli rincoglioniti dal pastore che predica in televisione. Erano gli anni di Dianetics mirabilmente sbeffeggiato dalle continue citazioni del libro Dioretics che circola nei fotogrammi (in pratica un dianetics diuretics!), dei marchi del consumismo che imperversavano nel cinema (qui invece nei supermercati non ci sono marchi ma le lattine portano semplicemente la scritta "beer" e le scatole di cartone "corn flakes"). Poi c'è Harry Dean Stanton, il recuperatore di auto, cinico e imbroglione, disfatto socialmente dalla solitudine e dalla cocaina, che insegna al giovane Otto i rudimenti del mestiere infame, quello di portar via le auto a chi non paga le rate, con tutte le conseguenze del caso. 

Infine, entrano in scena una misteriosa chevrolet guidata da un professore orbo il cui portabagagli contiene un segreto altamente disintegrante, e un gruppo di imbellettati biondi e vestiti di nero che non possono non far pensare a Kill Bill e al cinema di Quentin Tarantino con la scienziata dotata di una ridicola mano di ferro. Ironico, dissacratorio e mordace, Repo Man è uscito dai canoni del cinema per regalarci un universo alternativo al reaganismo imperante, un'America lontana dai vari Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger, finti miti di un decennio finto, un paese non confezionato ma vero, claudicante, rattoppato e disilluso.  Se non l'avete ancora fatto, recuperatelo!  

martedì 18 maggio 2021

NUDE...SI MUORE

 (1968) 

Regia Antonio Margheriti 

Cast Michael Rennie, Sally Smith, Mark Damon 

Genere: Poliziesco, Giallo 

Parla di “un collegio femminile, un baule con dentro un cadavere e un misterioso assassino ma di donne nude neanche l’ombra” 


Nonostante il titolo fuorviante (e accattivante) questa particolare incursione nel giallo da parte di Antonio Margheriti non presenta elementi particolarmente scandalosi, fatte salve le scene iniziali che vedono una donna spogliarsi ed entrare nella vasca da bagno per poi venire strangolata da un misterioso figuro. Anche le scene dei delitti non sono particolarmente efferate, anzi sfiorano volentieri il ridicolo dal momento che afferrando al collo le vittime queste cadono subito morte senza che l'assassino faccia la fatica di stringere. A parte questo però siamo di fronte ad un buon giallo con tutte le carte in regola per non sfigurare nel panorama nazionale e dare il via alla grande stagione del thriller all'italiana di cui "Nude...si muore" può a ragione essere considerato uno dei migliori precursori. Il motivo ispiratore del film è, a tutti gli effetti, il cinema Hitchcockiano con continui riferimenti tra cui, il più celebre, quello dell'omicidio nella doccia ispirato a Psycho. 

L'azione si svolge in un collegio femminile di lusso situato in una zona della Costa Azzurra dove arrivano quattro nuovi insegnanti e un grosso baule che contiene il cadavere della donna vista morire dopo i titoli di testa. La storia procede a ritmo sostenuto con continue variazioni giallo rosa e una serie di personaggi ben definiti anche se non proprio originali. C'è il giardiniere guardone La Foret (Luciano Pigozzi), la ragazzina appassionata di gialli (Sally Smith), la stangona amazzone e la giovane ereditiera che mantiene una tresca con un affascinante professore (Mark Damon) con il quale ha un delirante scambio di battute su Cappuccetto Rosso e Riccardo Cuor di Leone. Verso la metà del film entra piacevolmente in scena una vera e propria icona del cinema Sci-Fi come  Michael Rennie (Klaatu Barada Nikto vi dice niente?), invecchiato ma sempre maestoso nei suoi due metri di altezza.  

Nel finale tutti i nodi vengono al pettine e la matrice ispirativa psychiana diviene ancora più marcata con un assassino che per tutto il tempo era vestito da donna. Le ultime scene strizzano l'occhi ai film di 007 e lasciano lo spettatore con un mezzo sorriso divertito. La canzone dei titoli è un volgare plagio del tema di Batman, nudità appena accennate ma protagoniste decisamente deliziose. Insomma se ci si adatta ai costumi e ai luoghi comuni dell'epoca il film non è neanche malaccio, la fotografia è ottima e Margheriti sviluppa l'intreccio con sapienza e un pizzico d'estro. Stando ben lontani dalle promesse sensuali di un titolo sbagliato, questo film può anche divertire.   

mercoledì 5 maggio 2021

LA TARANTOLA DAL VENTRE NERO

(1971)

Regia: Paolo Cavara

Cast: Giancarlo Giannini, Stefania Sandrelli, Barbara Bouchet

Genere: Giallo, Horror

Parla di “Commissario sensibile indaga su assassino che paralizza e squarta le vittime”

L'esplosione del giallo all'italiana all'inizio degli anni '70 portò una serie di titoli dal richiamo animalesco/minaccioso, fra questi il film di Paolo Cavara è uno dei pochi che dal titolo prende realmente spunto per sviluppare la trama di questo bellissimo thriller. Analogalmente all'aracnide del titolo, l'assassino paralizza le sue vittime rendendole immobili di fronte al loro terrificante martirio, così da farle assistere impotenti alla loro uccisione. 

Si inizia con una Barbara Bouchet nuda, che si fa massaggiare sensualmente, salvo poi litigare col marito Silvano Tranquilli ed infine venire paralizzata con uno spillone da agopuntura e successivamente squartata con un coltellaccio. Come inizio niente da dire, anche se poi il film prende una piega meno horror e più legata ad una serie di ricatti e omicidi che girano attorno ad un centro benessere. Inseguimenti ad alta quota, sesso più o meno velato, droga e morte sono gli ingredienti base di questo succoso plot dove Cavara rinuncia intelligentemente a copiare le classiche sequenze in soggettiva in stile argentiano e si sofferma invece sui dettagli, sui mobili antichi e quelli pop dei seventies, sui guanti in lattice dell'omicida che ricorrono costantemente lungo i fotogrammi. 
 
Impagabile il personaggio del commissario, interpretato da un giovanissimo Giancarlo Giannini, un antieroe sensibile e impressionabile che non nasconde le sue debolezze ed alla fine risulta una delle figure più malinconiche e vere dell'intera trama. Lo affianca una giovane ed ancora innocente Stefania Sandrelli che da una parte trema per le sorti del fidanzato e dall'altra lo incita ad andare avanti (L'assassino ti teme, ha paura di te!). Il finale cade un pò nell'affrettato ma le ultime sequenze con il Giannini che si allontana sconsolato in mezzo alla folla sono un punto di chiusura oltremodo suggestivo per un prodotto tutto sommato dignitoso che ha contribuito a dare forza al nostro bel cinema del passato.