lunedì 24 dicembre 2018

INCUBO SULLA CITTA' CONTAMINATA


(Id. 1980)

Regia di Umberto Lenzi
Cast Hugo Stiglitz, Laura Trotter, Maria Rosaria Omaggio

Quello che mi piace veramente di un regista/artigiano onesto e capace come Umberto Lenzi è la sua piena consapevolezza degli obiettivi da raggiungere in rapporto alle possibilità a disposizione. Il nostro se ne frega dell’estetica, non importa se una goccia di fango arriva sull’obiettivo o se quello che cade dalle montagne russe è visibilmente un manichino, l’importante è il film in sé stesso e quello, se si parla di “Incubo sulla città contaminata”, c’è a tutti gli effetti.
Il risultato dei suoi sforzi registici molto spesso appare rozzo, villano, politicamente scorretto, ma dannatamente efficace, la tensione poi c’è tutta e nessuno spettatore può dire “che palle stò film!”.
Incubo... può essere considerato a tutti gli effetti il canto del cigno della poetica Lenziana, un film rozzo, brutale, diretto allo stomaco senza troppi sofismi ma anche 90 minuti di pura adrenalina con la marcia in più dell’aver creato, mescolando il frappè horror del passato, qualcosa di nuovo che, come vedremo più avanti, porterà grande ispirazione ai registi del nuovo millennio.

Lenzi, nel narrarci della terribile invasione di contaminati assassini, mescola dentro Zombi (il solito colpo alla testa), vampiri (i contaminati bevono il sangue delle vittime per rigenerare le proprie cellule) e i contaminati-killers di The Crazies e gli orrori della bomba atomica così come visti dal cinema nipponico. Questo pout-pourri di orrori viene addirittura aviotrasportato con un Hercules che piomba nella pista aerea di una città americana non meglio identificata con il suo carico di assassini dalla faccia ustionata, le prime sequenze sono da manuale, Lenzi ci fa attendere il giusto prima di veder apparire i mostri, da lì poi il massacro, i mostri sembrano quasi più dei terroristi che altro, usano armi bianche ma non lesinano con mitra e fucili. Per il giornalista Miller (un Hugo Stiglitz mono-espressivo ma perfetto per la parte) e la moglie Hanna (Laura Trotter) il resto del film è una sorta di road movie per sfuggire alla miriade di assassini che si aggirano per i confini della città, mentre nel  Quartier Generale dell’esercito  il Generale Murchison (Mel Ferrer) pare abbia le mani legate dal governo.

Il bello di tutto questo è che la trama lascia intendere che l’invasione stessa non sia generata semplicemente da un generatore nucleare mal funzionante, ma che ci sia sotto qualcosa di più…chi invia gli aerei cargo pieni di mostri? Perché il governo non vuole avvisare la popolazione? Tutto lascia presagire un colpo di stato, il che se fosse stato magari rivelato alla fine avrebbe potuto elevare “Incubo sulla città contaminata” ad uno dei migliori horror italiani dello scorso ventennio, ma forse non sarebbe stato più un film di Lenzi, uno di quegli spettacoli dove non importa perché le cose accadono, l’importante è che accadano e affanculo l’estetica! A quella ci penserà poi Danny Boyle in “28 Days Later...” quando riesumerà i contaminati killer dando vita al nuovo modello di zombie-corridore tanto sfruttato nel nuovo horror contemporaneo. Nel cast anche Maria Rosaria Omaggio e Francisco Rabal impegnati in una relazione amoroso un pò improbabile, una scultrice ed un militare? Questo è il cinema baby!

lunedì 17 dicembre 2018

I MOSTRI DELLA CITTA' SOMMERSA

(Kaitei daisensô, 1966)

Regia Hajime Satô
Cast Shin'ichi (Sonny) Chiba, Peggy Neal, Franz Gruber


Diciamocela tutta, la "neve marina" è un misto di spazzatura, merda e cadaverini decomposti che formano una specie di polvere bianca che scende nelle profondità del mare. Insomma la spazzatura che diventa elemento poetico e romantico in una scena di questo film del 1966 diretto da Hajime Sato, regista di un cult psyco dark come "Il pozzo di satana" ed interpretato da una stella del cinema nipponico come Sonny Chiba. La premessa è giusto per ribadire il concetto che anche in un film trash i risultati possono essere entusiasmanti e, difatti, questa produzione creata ad hoc per il mercato internazionale, con tanto di cast misto nippo occidentale, trasuda di weirdo dall'inizio alla fine, ma un weirdo di tipo gioioso, un pò come le espressioni degli attori, che, spesso, sembra ridano loro stessi di quello che stanno facendo, non fosse altro per la loro cagneria. Si inizia con una dimostrazione di modellini di sommergibile che si silurano l'uno con l'altro, ma durante il test, i giornalisti presenti scorgono nelle profondità marine una strana ombra a forma di uomo pesce. 

I due reporter Ken e Jenny (Sonny Chiba e Peggy Neal) decido di immergersi con le bombole per cercare la strana creatura. Dopo un buon quarto d'ora di riprese d'immersione in cui potete benissimo dedicarvi ad altre attività (tipo scaccolarvi, chattare, dormire o farvi una chiavata) perchè tanto non succede una minchia, ecco spuntare il primo mostro del film, a cui ne seguiranno tanti altri. Trattasi di una specie di pinguino a dimensione umana rivestito con una tuta di plastica verdastra e artigliacci nelle mani. I due giornalisti lo fotografano ma (ahimè) la macchina fotografica rimane nel fondale per cui nessuno crede alla coppia. Così i due tornano a immergersi, stavolta per cercare la macchina fotografica. Ad un certo punto, mentre nuotano, puff! Li rivediamo in una specie di grotta marina dove, evidentemente, il regista si è dimenticato qualche passaggio, pazienza! I due vengono catturati da un dottore matto che sorride come un idiota tutto il tempo ed indossa enormi occhiali da sole che, nelle profondità marine, sono sicuramente utili. Il mad doctor ha creato una specie di città sommersa con tanti bei modellini in puro japan style, dove i mostri sono schiavi trasformati in anfibi con tanto di trapianto polmonare espresso. 

Alla fine i mostri impazziscono e i nostri eroi, che a momenti rischiano loro stessi di diventare anfibi, riescono a fuggire. In un tripudio di macchinari valvolari, pareti bianche e pistole con il silenziatore che sparano a casaccio, il regista Sato abusa di primi piani e inquadrature strette, probabilmente per risparmiare, con risultati a volte stranianti, del tipo "ma questi due staranno dialogando fra di loro o parlano da soli?". E' superfluo dire che i mostri sono ridicoli, con quegli occhioni strabici e le manone che non sanno più dove farle sventolare. Si tratta però di un film che, chiunque alla mia età, ha visto almeno una volta da bambino su qualche canale privato nel pomeriggio, visto che lo trasmettevano a ripetizione. Per cui è impossibile parlarne male senza sentirsi un minimo in colpa per averne offeso così la memoria nostalgica. Ma la vita va avanti e certi miti perdono il loro fascino con la maggiore età, per cui è giusto rivederli con uno spirito critico più avanzato. Nonostante questo resta impossibile non volergli almeno un pò di bene, se non altro per la compagnia che ci ha fatto nei lunghi pomeriggi di cazzeggio casalingo quando la voglia di studiare annegava nelle profondità del nostro cervello.

domenica 9 dicembre 2018

VAMPIRE GIRL VS. FRANKENSTEIN GIRL


(Kyûketsu Shôjo tai Shôjo Furanken, 2009)

Regia Yoshihiro Nishimura, Naoyuki Tomomatsu
Cast Yukie Kawamura, Takumi Saitoh, Eri Otoguro

Il trash sembra imperversare sempre più nel nuovo cinema nipponico, anche se parliamo comunque di un trash anomalo in quanto fortemente voluto da chi realizza l’opera e non “involontario” come certe produzioni low budget degli anni sessanta. Certo, in casi come questo,  esiste anche, da una parte, l’esagerazione tipica degli autori del sol levante, volta ad esprimersi soprattutto nello splatter più cartoonesco fatto di immense docce di sangue che sembrano non finire mai, in arti tagliuzzati e corpi rimodellati in forme gommose che sembrano uscire da un quadro di Picasso, ma volta anche verso riferimenti occidentali come il cinema Camp tipico dello stile  di John Waters e più ancora della Troma, rimandi esemplificati soprattutto attraverso personaggi esagerati all’ennesima potenza come le Ganguro Girls, studentesse afro-fanatiche al punto da tingersi di nero come  finte africane per vincere delle gare sportive, oppure nelle insostenibili gare per il taglio dei polsi che non mancano di riferirsi al disagio sociale della gioventù giapponese.

Fatto sta che il film dei registi Yoshihiro Nishimura (che aveva già diretto il cultissimo Tokyo Gore Police nonchè autore degli effetti di Make-up di quest'ultimo e di un analogo cult come The Machine Girl)  e Naoyuki Tomomatsu  (autore della sceneggiatura) tratto da un fumetto Manga di Shungiku Uchida non manca di divertimento soprattutto nella sua parte iniziale, con il primo, sanguinosissimo scontro tra la vampirella e tre mostruose studentesse Frankenstein. La storia poi riparte dal principio quando assistiamo alla consueta tradizione del San Valentino orientale in cui sono le ragazze a regalare i cioccolatini al ragazzo che filano. Peccato che lo sappia anche il viscido professore (Takashi Shimizu), che ha come hobby lo stalking e la perquisizione di borse e borsette per requisire il  cioccolato avvolto in romantici pacchetti colorati. L’unica che riesce a nascondere il dolce è il nuovo acquisto della classe, la giovane, bella Monami (Yukie Kawamura) riservata al punto che soprattutto nei giorni di forte sole scompare misteriosamente.

Destinatario del cioccolato è l’aitante Mizushima (Takumi Saitô) unico belloccio della classe anche se non particolarmente sveglio, ma essenndo l’unico bello della classe è anche conteso da Keiko (Eri Otoguro) viziatissima figlia del vicepreside Kenji Furano (Kanji Tsuda) che a tempo perso si dedica a folli esperimenti ai danni di ignari studenti travestito da Kabuki in compagnia della dottoressa della scuola Midori (Sayaka Kametani) affetta da psico ninfomania. Ad ogni modo Monami mette il proprio sangue nel cioccolatino trasformando il giovane in un suo simile. Queste attenzioni non piacciono alla prepotente Keiko che si scaglia su di loro dopo averli scoperti a fornicare in terrazza. La vampirella però la getta di sotto. A questo punto il padre di Keiko, grazie al prodigioso sangue della vampira rinvenuto per terra in infermeria, ricompone la figlia e la trasforma in una creatura assemblata con parti umane.

Lo scontro avverrà sulla torre di Tokyo, tra mani e gambe mozze, fiumane di sangue e mostruosità varie, il tutto condito da eccessi di demenza, ralenty a volte insopportabili e qualche lungaggine soprattutto nel finale. Certo ci si diverte, peccato che la CGI abbia sostituito un po’ troppo l’artigianalità dello splatter fatto con lattice e gomma, rendendo tutto un po’ troppo freddo e digitale, fortuna che prodotti del genere non debbano mai essere presi sul serio, forse neanche catalogabili come horror, in ogni caso val bene l’oretta e mezza di divertimento che promette.




lunedì 3 dicembre 2018

KU-FU? DALLA SICILIA CON FURORE

(1973)
 Regia  Nando Cicero
Cast Franco Franchi, Gianni Agus, Enzo Andronico

Figlio di uno dei tanti periodi di separazione dell'immortale coppia Franco/Ciccio, questo titolo rappresenta forse uno dei punti più alti del cinema trash italiano, ovviamente con tutte le interpretazioni che questo comporta, sia nel bene che nel male. Di certo non è il miglior prodotto della lunga carriera di Franco Franchi, anche perchè tende troppo al riciclo di una ormai consolidata  serie di battutacce comiche che sembrano fuoriuscire da un barzellettaio di grana grossa, alimentato poi dal giochino di storpiare nomi cinesi tipo Kon Ki Lay o Lho Kon Te rispettivamente le due scuole di arti marziali che si contendono un posto statale a Roma attraverso una gara di combattimenti a cui partecipa lo speranzoso Franco detto anche "La mano di Travertino" nonostante i suoi colpi proibiti facciano più male a lui che ad altri.



Dirige il "Non Maestro" Nando Cicero a riprova del fatto che entrambi i comici erano molto influenzati dalle capacità del regista e da esso dipendeva comunque il risultato finale, nonostante fosse sempre lasciato molto spazio all'improvvisazione personale. Ku-Fu, agli atti, dovrebbe essere una sorta di parodia di "Cinque Dita di Violenza" uscito pochi mesi prima al cinema con uno straordinario successo di pubblico, di questo va dato atto della straordinaria capacità del nostro cinema di allora di realizzare parodie istantanee, nonostante, per attirare maggiormente gli spettatori si fosse utilizzato nel titolo il riferimento ad uno dei capolavori assoluti del grande Bruce Lee.

Franco Franchi cerca di mimare le mosse di karate con la solita pantomima da pupo siciliano vestito con kimono ma alla fine il divertimento arriva quasi sempre dagli straordinari comprimari che costituiscono forse uno dei migliori cast del genere, con tre straordinari quanto improbabili samurai come Nino Terzo  (Ki Kaka Mai), Gino Pagnani (La sua soddisfazione è il nostro miglior premio!) e Alfonso Tomas, nel ruolo del villain di turno uno straordinario Gianni Agus, Gian Carlo Fusco interpreta il proprietario del bar dove puoi spaccare tutto ma non togliergli il piatto di spaghetti sennò si incazza ma il più straordinario di tutti, come sempre, il grande Jimmy il Fenomeno che ci regala uno dei suoi esilaranti momenti di demenzialità come cameriere cinese afflitto da delirium tremens.