giovedì 23 giugno 2016

NEURO KILLERS



(Death Warmed up, 1984)
Regia   

  
Sinceramente è difficile comprendere a fondo le logiche che hanno prodotto questo film diretto dal neozelandese  David Blyth, regista talmente bravo da farsi licenziare cinque anni dopo durante la realizzazione di "The Horror Show" (uscito da noi come "La Casa 7"). Da un lato ostenta un fascino visionario non indifferente con suggestive isole deserte, tunnel oscuri che si trasformano in ambienti quasi fantascientifici percorsi da motociclette impazzite, cupi assedi di pazzi che spaccano vetrate e dettagliate craniotomie. Dall'altro, se si prova a seguire la storia sembra di assistere al delirio di uno svitato in preda ad allucinazioni lisergiche. Le prime inquadrature vedono il protagonista Michael (che se non è albino poco ci manca), correre come un matto per un parco fino a raggiungere una specie di ospedale, qui a momenti travolge le infermiere e cerca il padre, un professore che da anni collabora con il mad doctor di turno Dottor Howell alla realizzazione di qualcosa che non ci è dato di capire cosa cazzo sia ma, in pratica, sconfiggerebbe la morte. Visto che il socio si fa scrupoli, Howell non trova nulla di meglio che iniettare 'sto siero nella chiappa del figlio, che dopo la corsetta si fa la doccia in ospedale, con una siringa da cavallo che oltretutto deve fare un male boia. 

Drogato dalla pozione, Michael prende un fucile e si reca a casa dei genitori falciandoli mentre sono intenti a pratiche erotiche. Detto fatto, Michael si spara sette anni di manicomio criminale (come spiega gentilmente una didascalia) e al suo rientro in società lo vediamo in compagnia di una bella figliola che vorrebbe mordicchiare ogni centimetro del suo corpo, dando vita a imbarazzanti erezioni sulla spiaggia. Senza alcuna apparente ragione Michael si butta su un traghetto con la fidanzata e una coppia di amici per raggiungere l'isola dove, guarda caso, il dottor Howell sta conducendo esperimenti di trapianto celebrale sui pazzi, lo vediamo con un poco scientifico trapano da carpentiere mentre buca cervelli assistito da formose infermiere con la mascherina a rete che si godono spruzzi di sangue da tutte le parti. 

Dopo aver litigato con due psicopatici e un terzo maniaco sessuale a cui salta poi il cervello, i quattro ragazzi giunti sulla terraferma si fiondano in un tunnel della seconda guerra mondiale dove vengono assaliti da motociclisti psicopatici e infermieri con strani lanciafiamme. Assediati da psicopatici comandati da un certo Spider i ragazzi vengono decimati, da parte sua Michael ritrova anch'egli le sue radici e ritorna psicopatico tanto per combattere ad armi pari. Ad un certo punto non si capisce più niente, solo fiamme, Michael Hurst (il protagonista) che sghignazza davanti alla telecamera e la fidanzata che strilla come una gallina mentre il buio ammanta le suggestive location neozelandesi che un po fanno pensare a Bad Taste anche se non sfruttate in egual misura. A fine film ci si rende conto che il Neuro Killers del titolo italiano risulta molto azzeccato, di neuroni, a chi ha scritto e diretto questa roba, ne devono aver ammazzati parecchi!

lunedì 13 giugno 2016

LADY FRANKENSTEIN

(La figlia di Frankenstein, 1971
Regia ,
Cast  , ,



All'inizio degli anni '70 l'emancipazione della donna aveva sviluppato un movimento irresistibile che cominciava a tessere la sua impronta anche nelle varie forme d'arte e di intrattenimento, non ultimo il cinema. In particolare il genere horror, che aveva sempre visto la figura femminile come una forma passiva identificabile nella preda/vittima inerme  nei confronti del mostro maschio, mutava questo ruolo del gentil sesso trasformandolo in demone, diabolico e sensuale autore delle più spaventose efferatezze. La donna, quindi, mutava ruolo da vittima a carnefice e questo "Lady Frankestein", sottoprodotto italico spacciato per produzione oltreoceanica, ne è un perfetto esempio.

La splendida e magnetica Rosalba Neri è Tania, la figlia del dottor Frankenstein (interpretato da un ammuffito Joseph Cotten), appena uscita dalla scuola di medicina, torna nelle paterne mura per seguire le orme dell'amato genitore, il quale si dimostra restio a coivolgerla nel solito esperimento con parti di cadavere incollate tra loro. Ma il nostro arcinoto barone ha la malaugurata idea di inserire nel corpo del mostro (Paul Whiteman) il cervello di un criminale maniaco appena impiccato. Oltretutto un fulmine sfigura orrendamente la creatura, in modo da renderla giustamente orrenda per un pubblico affamato di mostri. La creatura stritolerà il vecchio scienziato e comincerà un lungo massacro nei confronti dei soliti paesani. A differenza degli altri films del genere, qui troviamo una buona dose di nudità, elemento che comincia in quegli anni a dare ottimi frutti nel cinema horror. La bella Tania, complice l'assistente del padre (Paul Muller) sviluppa a quel punto un inquietante progetto per eliminare l'errore paterno, sostituirà il cervello del muscoloso scemo di corte (Peter Martinov) con quello dell'assistente perdutamente innamorato di lei, allo scopo di fronteggiare la spaventosa creatura. Entrambi periranno abbracciati nella passione di un fuoco purificatore come è d'obbligo in questo tipo di pellicole.
 
 
Rosalba Neri  è veramente splendida nel suo personaggio, divorato dalla fame di scienza e dotato del potere della sensuale persuasione, muove i fili degli stupidi maschi e dona a questa rozza pellicola di Mel Welles una nota di merito (per quanto voci di corridoio attribuiscano in parte o totalmente la regia ad Aureliano Luppi). Per il resto siamo nel classico filmaccio di serie B con facce poco rassicuranti già durante i titoli di testa (i profanatori di tombe), scene di omicidi alquanto goffe ed una creatura che arranca schiacciata dal peso di un costume non troppo comodo.

martedì 7 giugno 2016

ROBOWAR ROBOT DA GUERRA

(Id. 1988)
Regia
Cast  , ,  


C'è stato un tempo in cui non c'era la Asylum e i mockbusters ce li dovevamo fare a casa nostra, a quei tempi ci pensava Bruno Mattei, coadiuvato da due infaticabili come Rossella Drudi e Claudio Fragasso, a mettere in scena un bel rip-off di Predator, magari buttandogli dentro anche una spruzzata di Terminator e Robocop che non guasta mai. Ecco quindi confezionato RoboWar, polpettone d'avventura guerresca dove un gruppo di mercenari scalcagnati si butta nelle foreste filippine a caccia di un robottone umanoide che sembra un mix tra un gladiatore e un motociclista uscito da una brutta copia delle pellicole di Mad Max. Il robottone, chiamato Omega 1 (per fortuna non lo chiamarono Omega 3!!!) spara lamine laser che friggono le sue vittime dandoci l'occasione di gustare da vicino le splendide creazioni dei fratelli Paolocci che ci regalano impressionanti scheletri bruciacchiati e raccapriccianti cadaveri maciullati e fusi insieme. Da parte loro i mercenari ci mettono un po ad accorgersi della minaccia, sparano a destra e sinistra per tutto il film cercando di apparire un pò schwarzenegger de noiartri con battute di dubbio gusto e vengono decimati da trappole stile vietcong, raggi laser e tentacoli meccanici. 

Non manca la parentesi femminile decisamente forzata con la bella biondina che viene salvata da spietati guerriglieri dopo che questi avevano invaso l'orfanotrofio nella foresta da lei gestiva, massacrando tutti i bambini. A interpretare l'eroe di turno l'americanoide allampanato Reb Brown che aveva interpretato il personaggio di Yor nell'omonimo film di Antonio Margheriti. Il bellone biondastro ci si presenta a inizio film con una tutina color turchino che sembra più adatta ad una gara di ballo, salvo poi deliziarci con una recitazione da cetriolo in salamoia. Il resto della banda è da manuale, c'è il nero che quando smitraglia gli si paralizza la faccia, il panzone occhialuto chiamato "Papa Doc" che nessuno arruolerebbe nemmeno sotto tortura, il filippino incazzoso che smanazza machete ed il grande Romano Puppo che non può mai mancare in questi casi. Per metà del film Mattei (che si presenta al solito con l'americaneggiante pseudonimo di Vincent Dawn) ci rifila lente passeggiate dei  nostri eroi nella foresta accompagnandole con la roboante e ipersintetizzata musica di Al Festa a deliziarci per un'ora e venti con martellanti ritmi che sembrano usciti da un disco di Den Harrow (Roba anni ottanta  tipo le compilation Mixage o similia).

L'altra metà del film ci piazza le soggettive del robottone che sono confuse riprese tutte pixellate, realizzate probabilmente con il Vic 20 vedendo le quali però, è lecito porsi un quesito: ma perchè mai un robottone invincibile e avanzato come quello dovrebbe vederci così di merda? Ma sopratutto come cazzo fa a vederci?  Sul finale ci viene anche propinato un momento di commovente amicizia visto che il robottone altri non è che l'amico del protagonista creduto morto chissà dove, in opportuni flashback buttati lì nel finale, giusto per dare una parvenza di logica all'insieme. Nonostante lentezza e goffaggine la facciano da padroni il film riesce comunque ad essere divertente nel suo ruspante snocciolare un lungo e trito portafoglio di luoghi comuni del cinema action risolto qui ai suoi minimi termini.