venerdì 29 giugno 2012

TURKISH STAR WARS

(Dünyayi kurtaran adam, 1982)
Regia Çetin Inanç
Cast Cüneyt Arkin , Aytekin Akkaya , Füsun Uçar

Forse non tutti sanno che la Turchia è sempre stato uno dei paesi più prolifici, cinematograficamente parlando, quasi a livello di Bollywood, ovviamente se nessuna delle loro produzioni sia mai uscita dai confini nazionali ci sarà anche un motivo, un buon motivo se poi ci capita sottomano una roba come questa, la traduzione letterale del titolo è "L'uomo che salva il mondo" ma è ormai conosciuto in tutto il mondo come "Turkish Star Wars", un film che non è solo brutto ma anche sfacciato nella sua ostentazione di sequenze rubate all'originale "Star Wars " per non parlare poi della musica che attinge allegramente dai grandi temi del cinema d'avventura di quegli anni.
Uno poi si chiede "Ma non facevano prima i turchi a importare l'originale?", il problema era tutto nelle difficili relazioni della Turchia con gli Stati Uniti che rendevano impossibile l'ingresso di questo tipo di prodotti, ovviamente il pubblico non poteva essere lasciato fuori da certi grandi successi e così, in quattro e quattr'otto ecco confezionato un film con quattro scassatissimi fondali, armi di cartone, costumi da peluchione rosa e tante sequenze della morte nera, millenium falcon e così via.
Il risultato è puro delirio giustamente divenuto in questi ultimi anni un cult grazie alla rete che permette l'uscita dall'anonimato di queste perle imperdibili.
Già i titoli di testa con una musichetta elettronica che accompagna dei cartoni pressati colorati di nero che traballano, ci introduce degnamente, poi parte una noiosissima voce narrante che racconta la storia mentre scorrono impietose le sequenze del primo Star Wars, attenzione però, a un certo punto entra in scena uno con una ridicola maschera, una sorta di Darth Vader mescolato al mago di oz, in compagnia di tanti robottoni di latta che farebbero felici i cultori di "Tobor the Great".
I due protagonisti Murat (Cüneyt Arkin anche autore dello script quindi doppiamente colpevole) e Ali (Aytekin Akkaya  attore molto quotato che ha lavorato anche da noi ne I sopravvissuti della città morta  e Il mondo di Yor ), entrambi dotati di un fisico da lattoneria e l'età di matusalemme, vengono colpiti dal nemico e finiscono su un pianeta deserto dove si riconoscono benissimo le caratteristiche rocce della Cappadocia e qua e là, il regista Çetin Inanç ci sbatte dentro anche un pò di repertorio delle piramidi e sfingi tanto per dare l'atmosfera da pianeta abbandonato che poi tanto abbandonato non è, dal momento che vengono subito accolti da cattivi cavalieri vestiti di ossa. Nonostante l'età e il fatto che siano solo in due (oltre al fatto di essere appiedati), Alì e Murat riescono a far fuori tutti i cavalieri e fottersi due cavalli. Intanto la musica ci regala la fuga di Bach e il Star Wars Theme in un'accoppiata musicale da brivido. Orbene, mentre i nostri eroi cavalcano, il solito burlone di regista ci fa una panoramica della popolazione locale e quindi ogni tanto appaiono in primo piano dei mostri dotati di mascheroni di cartone che ringhiano davanti alla telecamera, così senza motivo (forse non erano stati ancora pagati!). Giunti in paese i nostri vengono catturati e costretti a fare i gladiatori, poi dalle grotte spuntano dei mostri rivestiti di carta igienica mentre in sottofondo sentiamo la musica de Planet of the Apes.
I mostri si aggregano con un gruppo di licantropi e uccidono la popolazione locale, non risparmiano neanche i bambini, i cadaveri vengono messi in sepolcri di pietra da cui il sangue viene travasato attraverso dei tubicini. Alì e Murat a questo punto si incazzano e prendono a manate e calcioni degli enormi pietroni in polistirolo mentre la musica inconfondibile echeggia le note di Raiders of the Lost Ark,  assistiamo quindi al top del weirdo quando Murat si lega due pietroni alle gambe e comincia fare enormi balzi e a correre di qua e di là mentre il regista tenta disperatamente di inquadrarlo.
Finito l'allenamento Murat viene massaggiato da una tipa che per tutto il film ha solo due espressioni: Sorridi/stai seria e quindi passa il tempo a guardare negli occhi il protagonista in una specie di approccio telepatico (dal momento che forse riesce a dire due parole nel finale ma era meglio che se ne stava zitta).
Dovendo ricopiare il film di Lucas non potevano esimersi dal rifare la mitica scena del bar pieno di strane creature, peccato che oltre alle comparse coi mascheroni, ci sono uomini che indossano assurde tute di peluche rosa e ringhiano utilizzando il suono del motore di una motocicletta. Murat e Alì vengono catturati dal mago cattivo che gli mostra una scatola contenente un cervello verde, poi Alì viene posseduto mentre Murat ruba una ridicola spada di cartone costellata di lampi sagomati e fa fuori degli uomini indossanti tute dorate che li coprono fino al volto, fa a pezzi tutti gli orsacchiottoni rosa e i mascheroni mentre il mago incazzato nero fa saltare interi pianeti per finire letteralmente segato in due dal nostro eroe nel duello finale dopo che Murat si è prodotto in almeno un centinaio di balzi di cui il 60% fuori quadro perchè il regista doveva avere in quel momento la cataratta. Alla fine la pace torna sul pianeta e Murat sale sul millennium falcon pronto per altre avventure che per fortuna sono state evitate dal momento che la saga dei turkish star wars si è conclusa qui.

Se dopo questa mia recensione volete ancora vederlo...beh affaracci vostri eccolo qua!



martedì 26 giugno 2012

RATS NOTTE DI TERRORE

(1984)
Regia Bruno Mattei, Claudio Fragasso
Cast Ottaviano Dell'Acqua , Geretta Geretta , Massimo Vanni

Inossidabile come Stanlio e Ollio o Gianni e Pinotto, la coppia Fragasso-Mattei ha imperversato nel cinema italiano di serie zeta, realizzando uno dopo l'altro, una serie di titoli imprescindibili per gli appassionati. Dopo gli zombi petrolieri di "Virus, L'inferno dei morti viventi" e le suore urlatrici de "L'altro inferno" si cimentano con l'animal horror mescolato con il postnuke in ambientazioni degradate stile "Mad Max" e proprio per questo, economicissime, il tutto innaffiato da una robusta dose di gore casereccio, un pò di sesso e vere e proprie docce di ratti (leggasi caviette dipinte di nero) sulle capoccie dei poveri attori che qui fanno di tutto tranne che recitare. La trama vede protagonisti un gruppetto alquanto eterogeneo di neo barbari motorizzati ma assolutamente impediti nella guida al punto che, in alcune sequenze iniziali, sembrano sul punto di ruzzolare mentre tentano patetiche acrobazie. Per non parlare poi della povera iguana generosamente inquadrata subito dopo lo spiegone iniziale, che rischia di venir travolta dalla carovana di scassoni. I barbari poi, sono fantastici nei loro costumi, c'è Duke vestito come un confederato del nord, Deus che sembra un Hare Krishna, Video che dovrebbe essere il tecnologico ma invece l'unica cosa che sa fare è prendere a calci un dinosaurocomputer impiantato nella misteriosa abitazione dove finiscono i nostri eroi.
Qui trovano cibo, acqua depurata, una serra funzionante e tanti cadaveri sotterrati da secchiate di schifosissimi topi. Nottetempo i ratticelli cominciano a pasteggiare con quelli del gruppo che giustamente si allontanano per farsi mangiare, una tizia se ne trova uno addirittura nel sacco a pelo, verrà uccisa e i suoi amici assisteranno alla discutibile uscita del topo dalla sua bocca, scena questa ormai di culto in quanto espressione maxima del gustoso artigianato della nostra coppia di registi. Altro momento clou è quando quello chiamato Taurus (Massimo Vanni) che non sa andare in moto, si fa uno shampoo di topi e viene bruciato vivo dal boss dei barbari Kurt (Ottaviano dell'Acqua). Mentre si dimena tra le fiamme vediamo la controfigura che indossa una tuta ignifuga decisamente malcelata.
Discorso a parte meritano poi le interpretazioni, oggettivamente fuori dalle righe, di tutto il cast anche se la palma d'oro dello scult la merita l'isterica Myrna (Ann-Gisel Glass) al meglio della sua espressività facciale che ci regala momenti di magistrale comicità involontaria. In generale i dialoghi oscillano tra il demente e il banale ma del resto il vantaggio del genere postatomico è che anche le frasi più banali assumono una valenza funzionale quando tracciano il confine tra il passato e il futuro. La sceneggiatura va a fondo verso la fine del fine dove non si capisce più da cosa è generato l'attacco dei topi, si tenta anche di citare addirittura Hitchcock quando i sopravvissuti passano in mezzo ai topi apparentemente tranquilli ma il meglio del film, i nostri amici Fragasso/Mattei ce lo conservano per il finalone topoloso che ovviamente non rivelerò nel rispetto di quei pochi di voi che ancora non lo hanno visto, lasciatemi però dire una cosa: l'ultima scena sarà la visione trash di tutta la vostra vita, dopo nulla sarà come prima, neanche Tom&Jerry (o Mattei&Fragasso).

venerdì 22 giugno 2012

CARNIVAL OF SOULS

(1962)
Regia Herk Harvey
Cast Candace Hilligoss, Frances Feist, Sidney Berger
Girato in un sabbioso bianco e nero, narra la storia di Mary (Candace Hilligos) bellissimo sguardo profondo e trasognato che ci accompagnerà per tutta la storia a partire dal momento in cui risorge dalle acque infangata dopo essere sopravvissuta ad un incidente d'auto.Sotto shock per essere sopravvissuta alle sue amiche, si trasferisce nello UTAH come organista di chiesa...viene perseguitata da un volto di fantasma mentre sente un'attrazione incredibile per un vecchio parco di divertimenti abbandonato, e mentre proseguono le inquietanti apparizioni sente la sua mente distaccarsi progressivamente dalla realtà fino a diventare invisibile al resto del mondo... Primo e ultimo film di un regista improvvisato, tale Herk Harvey che per risparmiare recitava nella parte dello spettro principale.
Ma la figura di Mary, eroina trasognata in un mondo di uomini idioti e di gente indifferente è sicuramente la parte più bella, i suoi sguardi, i primi piani e il suo sorriso innocente ne fanno un personaggio avanti di 20 anni nella cinematografia femminile.
Le apparizioni di quest'uomo truccato con una mistura a base di uova anticipano di 6 anni gli zombie de "La notte dei morti viventi" e anche le atmosfere inquietanti, i piani sequenza lunghi ed angoscianti lo rendono a tratti sospeso tra psichedelia e puro espressionismo tedesco..
Gli spettri che danzano in tondo con i loro vestiti neri sembrano parenti del Cesare de "Il gabinetto del dottor Caligari" di Robert Wiene. Anche la colonna sonora contribuisce con la sua scarnezza a rendere l'atmosfera ossessiva, realizzata sul posto con un organo da chiesa resosi disponibile dall'inconsueta location (riprendevano nelle vicinanze di una fabbrica di organi) che ha influenzato anche la scelta del personaggio come organista (Mirabili le scene dall'alto della chiesa in cui Mary suona circondata da altissime canne d'organo come un femmineo fantasma dell'opera).
In sostanza un film realizzato con mezzi di fortuna al solo scopo di essere un "buon affare" per il regista, con un ambientazione ispirata e tanti piccoli grandi momenti di genialità improvvisata ma anche uno dei più lirici e memorabili horror mai realizzati...



martedì 19 giugno 2012

WATER POWER

(1977)




Dopo aver esordito nel 1973 con il violento porno-horror "Forced Entry" il regista Shaun Costello ha letteralmente mestierato nell'ambiente a luci rosse fino ai primi anni ottanta con qualcosa come 68 titoli di genere usando una trentina di nomi fittizi tra cui il più eclatante era quello di "Gerard Damiano", ovvero spacciandosi per il regista di "Gola Profonda" come accaduto per questo "Water Power" conosciuto anche come "The enema Bandit" (il bandito del clistere), titolo più che mai esplicito per indicare il contenuto dell'opera. La cosa più assurda della pellicola è che, se si tolgono le parti hardcore, il film risulta fatto anche benino al punto da confezionare atmosfere in stile mean streets, con telecamera a mano, personaggi sbandati, colonna sonora drammatica e una serie di situazioni che lo rendono un film godibile a tutti gli effetti, non fosse per il tema trattato.

Già perchè qui si parla di un ricciolone annoiato dalla vita, sessualmente insoddisfatto che viene folgorato sulla via di Damasco quando assiste, all'interno di un bordello, all'applicazione di un clistere ai danni di una prostituta legata su una sedia a rotelle con tanto di flebo e un cliente travestito da chirurgo che, per punirla (e godere sessualmente) le pratica un lavaggio intestinale mentre una finta infermiera gli fa un pompino. Ossessionato da questa visione, il protagonista comincia a leggere riviste dedicate a queste pratiche sessuali alquanto repellenti (la rivista si chiama per l'appunto "Water Power" quasi a sbeffeggiare il motto "Flower power") e a spiare con un cannocchiale le pratiche sessuali della sua vicina di casa. L'ossessione si trasforma in pratica quando, armato di pistola, boule e tubicino, il nostro eroe piomba a casa della donna e, dopo averla deflorata analmente, le pratica un clistere masturbandosi nella vasca mentre lei evacua acqua e feci. Il tutto ripreso con dovizia di particolari. Da qui in poi la degenerazione è totale, dopo aver praticato lo stesso trattamento anche a due finte teenager lesbiche , il nostro diviene una sorta di pericolo pubblico sulle prime pagine di tutti i giornali con la ben poco gradevole qualifica di "enema rapist" e la polizia inizia a dargli la caccia. Fingendosi una prostituta, una poliziotta riesce ad abbordarlo ma quando lui la scopre le pratica un super clisterone attaccando il tubo direttamente al rubinetto della vasca. Fortunatamente un suo collega nero riesce a salvarla in extremis ma il clismabandito è già fuggito e il film si chiude con la sua faccia che sovrasta minacciosa la città.
Di questo film avevo letto nel seminale libro di Jonathan Ross "L'incredibile storia del cinema-spazzatura" nel quale il presentatore inglese dedica addirittura un capitolo, l'assurdità delle situazioni e l'estremismo delle pratiche narrate nel film lo rendono un prodotto unico nel suo genere e da un certo punto di vista anche affascinante, tra le righe si potrebbe addirittura osare una rilettura in chiave metaforica della degradazione metropolitana in stile Taxi Driver dove il clismacriminale diventa una specie di giustiziere dei costumi fallaci intento a purificare dal di dentro i peccatori....ahaha! No scusate! Stavo scherzando!

venerdì 15 giugno 2012

PLAN 9 FROM OUTER SPACE

(1959)

Chi ha visto il bellissimo Ed Wood di Tim Burton conosce già la travagliata storia che ha accompagnato la realizzazione del cosidetto "capolavoro" di Edward D. Wood Jr., considerato il "peggior regista della storia". Primati negativi a parte, questa pellicola rappresenta un efficace esempio di come era possibile, una volta, riciclare materiale di repertorio, fotogrammi di attori morti (nello specifico Bela Lugosi) e sfruttarli per creare una sorta di pastiche fanta-horror in cui il posticcio la fa veramente da padrone. Gli interni, specie quelli dell'astronave e dell'aereoplano, sono terribilmente scarni, con tendine improbabili e aggeggi valvolari assolutamente improponibili anche per quei tempi.  Certo la fantasia al buon Eddie non mancava, ma sopratutto non mancava la voglia di arrangiarsi con poco per seguire il suo grande sogno di fare cinema. Alla fine poi, quando si supera l'eccesso anche in termini di povertà si può ottenere qualcosa, ed è quello che ci insegna Plan 9 dove le cripte di cartone fanno uscire la mitica Vampira nel suo sempiterno abito alla Morticia Addams ed il lottatore Tor Johnson che interpreta (per così dire) un detective che cade vittima degli zombi, risvegliati dal piano nove di una colonia di alieni con tute di plastica e dischi volanti che ondeggiano felici nel cielo. Anche il povero Bela che viene sostituito nelle scene horror dal chiropratico della moglie di Wood Tom Mason perchè alto quanto il deceduto attore ungherese, e opportunamente coperto in volto dal mantello, ha un suo perchè. Una sorta di testamento finale di una carriera folgorante ma destinata al declino fino ad arrivare al film più brutto della storia del cinema.  
Probabilmente oggi questo primato è stato surclassato da numerose e peggiori produzioni amatoriali e non che sono apparse nel cinema ma Plan 9 rimane un caso unico di vero amore per la settima arte, un amore così forte da porsi in ridicolo nei confronti del pubblico e del mondo. Wood non conosceva vergogna o forse immaginava troppo rispetto a quello che i mezzi gli permettevano di mostrare. Fatto sta che è un film pregno di momenti memorabili come la resurrezione di Johnson, le deliranti presentazioni di Criswell, le deambulazioni allucinate di Vampira, il disco volante in fiamme nel cielo, il generale che ordina gli attacchi, frammentato da scene di esercitazioni militari rubate qua e là, le apparizioni di Lugosi nel bosco. Tutte cose queste che, messe sul piatto della bilancia, hanno regalato alla storia del cinema un uomo come Wood, che il cinema non sapeva assolutamente farlo!

martedì 12 giugno 2012

MICROWAVE MASSACRE

(1983)


Già attore in erba nel piccolo classico "The Monster of Piedra Blancas", il regista Wayne Berwick non sembra aver mai ricevuto grande attenzione nel panorama cinematografico, pur rimanendo nell'ambito della serie Z. Lo dimostra la scarsità di titoli da lui diretti, due compreso questo "Microwave Massacre", sorta di trash commedia che, nelle intenzioni, doveva essere un omaggio al cinema di Gordon Hershell Lewis ma che di fatto risulta un filmetto poco più che grottesco e volgare, complice una confezione decisamente amatoriale e una serie di situazioni weirdo davvero imbarazzanti. Basti pensare all'incipit dove una tettona passeggia ancheggiando mentre scorrono i titoli di testa, infila le tette all'interno di un buco della recinzione di un cantiere mentre una mano da dietro gli pizzica il culo per poi sparire. Dall'altra parte gli operai in pausa pranzo vedono sporgere le tette e si fiondano ingrufoliti ma...troppo tardi! La bellona ha già ritirato le zinne lasciandoli con il becco asciutto!

A questo punto seguiamo le vicende di uno dei tre operai, il cicciuto Donald, vessato da una moglie che gli propina i suoi demenziali esperimenti culinari (tra i quali un panino con un granchio intero!) realizzati grazie ad un modernissimo forno a microonde, uno dei primi dell'epoca, il quale rapportato a quelli dei giorni nostri, sembra un'enorme bara di metallo. La frustrazione del nostro eroe aumenta poi dal punto di vista sessuale in quanto ogni sera, al rientro a casa, deve assistere alle orge della vicina di casa, dedita a triangoli con maschiacci vestiti in lingerie, quando non è impegnata a simulare pissing in giardino o a curare le piante con un vibratore fallace. Giunto al punto di rottura, il povero Donald accoppa la moglie a colpi di macinapepe, la fa a tocchi e ne sbatte metà in freezer e metà nel microonde.

A questo punto perchè non provare anche le gioie del cannibalismo? E infatti vediamo il nostro intento a sgranocchiarsi il moncherino di un braccio, fare spiedini con una mano e offrire ai colleghi hamburger di carne umana. L'estasi omicida lo porta a procurarsi vittime nel giro della prostituzione  finchè un brutto giorno, le radiazioni del microonde non gli giocheranno un pessimo scherzo al suo pacemaker. A parte l'evidente cagneria degli attori e l'incompetenza del regista che non si cura di nascondere manco l'asta del microfono del fonico (in bella mostra in più di una scena), Microwave massacre non riesce neanche a diventare un piccolo cult puntando sul gore estremo, purtroppo anche il make up risulta in linea con la cialtroneria della confezione e non ci si preoccupa manco di far spruzzare un pò gli arti finti quando vengono sezionati. In compenso le situazioni imbarazzanti si susseguono a rotta di collo portando la demenzialità all'estremo quando vediamo un barbone che rinviene una mano tranciata nell'immondizia e la usa per grattarsi i coglioni. Simpatici invece i titoli di coda dove gli attori vengono rappresentati come portate del pranzo, un'idea carina che deve però scontrarsi con l'incazzatura generale di chi assiste a un film del genere.

venerdì 8 giugno 2012

THUNDERCRACK!

(1975)
Regia Curt McDowell
Cast Marion Eaton, Melinda McDowell, George Kuchar

Cult di mezzanotte assoluto, riprese in bianco e nero stile anni 20 e continui primi piani di una joan crawford del porno d'autore (Marion Eaton). Un gruppo di hippie arriva in casa di questa sorridente signora di mezza età e comincia a dare sfogo ai più turpi istinti sessuali, ce n'è per tutti i gusti, se siete refrattari a vedere scene omosessuali molto esplicite lasciate perdere e sopratutto lasciate perdere se non capite un acca di inglese, perchè in questa sorta di tragedia degli Addams a luci rosse ci sono lunghi dialoghi alternati a scende morbose come quella del tipo che si scopa la bambola gonfiabile e nel contempo si autoincula con un fallo di gomma.Ma almeno la vecchia (in verità molto appetibile) sfoga lunghi anni di solitudine all'interno di questa combriccola sgangherata che passa il tempo a litigare e farsi fare pompini.
Poi entra in scena un gorilla (che John Landis copierà tempo dopo in quel mitico film che risponde al nome di Trading Places) di cui uno degli ospiti, ex domatore di un circo, è innamorato, entra in scena un mostro chiuso in cantina con due balle che toccano terra ed il macabro ritrovamento del cervello in formalina del marito di Mrs. Gert Hammond. Il tutto non necessariamente nell'ordine che ve l'ho raccontato perchè quando si esce da un trip simile, credetemi, si rimane un pò confusi. Thundertrack riesce ad essere a momenti intrigante e irrimediabilmente palloso, disgustoso e al contempo poetico, agli occhi di chi lo guarda oggi nelle pessime condizioni in cui versa la pellicola, potrà apparire un pò naif.
Eppure l'esperimento di Curt McDowell riesce, la commistione tra noir e pornografia è allettante ed indubbiamente il film è di un'originalità spaventosa, tuttavia ritengo il mondo non ancora pronto per films del genere, nonostante l'annunciata restaurazione.Penso che, prima di guardarlo, bisogna aprire la mente e lasciarsi prendere dal vortice di follia che emana ogni fotogramma di questo assurdo scherzo della natura.

mercoledì 6 giugno 2012

MONSTURD

(2003)
Regia Rick Popko, Dan West
Cast Paul Weiner, Beth West, Dan Burr

"...E con questo le ho viste tutte!" Quando ti appresti finalmente a enunciare questa fatidica frase, ecco che ti spunta qualcuno a girare un film su una montagna di merda assassina, frutto di un esperimento scientifico andato a male e gettato nelle fogne. Del resto i realizzatori di questa schifezza cine-amatoriale, due pazzi che si fanno chiamare Rick Popko e Dan West, avevano partecipano come attori e operatori nel mitico Rectuma. Cosa c'è di meglio quindi, dopo il culo assassino, della merda ammazzatutti? La storia viene raccontata da una ragazzina piuttosto antipatica al proprio padre, in una notte di tempesta.  Vediamo quindi una scienziata cicciona che muore durante un esperimento e si riempie la faccia di merda.
Il suo collega, un nerd disadattato, butta i rifiuti in un tombino mentre tutta la contea di Butto (che significa per l'appunto "culo")  in fregola per l'evasione di questo Jack Schmidt, fuggito di prigione scambiandosi con un pupazzo ma anche grazie ad un secondino idiota. Braccato dalla polizia Schmidt finisce in una vasca piena del rifiuto tossico.Il connubio trasforma l'evaso in un uomo-merda psicopatico che sbuca dalle tazze per uccidere, lasciando frasi scurrili dipinte sui muri con le sue stesse feci.

Ci penserà una squadra espertissima di shitbusters, agghindati con pannolini, fucili ad acqua pieni liquido antidiarroico e ventose per il cesso, a contrastare la minaccia, questo ovviamente dopo molte peripezie e incredulità e sopratutto grazie all'apporto di uno sciame di mosche opportunamente recuperate da un ciccioso entomologo. A parte la totale incompetenza del cast, la rozzezza del montaggio, la carenza di fotografia, scenografie messe in piedi in cantine e box senza troppe pretese, siamo di fronte ad un'opera talmente di cattivo gusto da non riuscire neanche a strappare qualche risata. Non bastano esplosioni incontenibili di vomito, spurgamenti di cesso a fontana, poliziotti idioti che giocano a fare i ventriloqui con pupazzi hippie che alla fine prendono a manganellate, tutto è talmente arrabattato da risultare noioso e inutile e l'unico motivo per cui si renda necessaria la visione è per l'appunto la curiosità di vedere un film dove il mostro è veramente una montagna di cacca. Se proprio siete coprofaghi e amate il genere allora cercatevi in rete l'italianissimo "Lo stronzo assassino" con cui fare doppietta assieme a questo  per una vera e propria  serata di merda!