lunedì 9 giugno 2025

LE BAMBOLE DEL FUHRER (1996)

Regia Joe D’amato 

Cast Erica Bella, Shalimar, Jean-Yves Le Castel

Parla di “nazisti che creano bordello con prigioniere ovviamente testate molto attentamente da ufficiali SS ben dotati ma dall’insulto facile” 

Curiosamente reintitolato “Saloon Kiss” per il mercato estero (forse il film di Tinto Brass aveva un nugolo di estimatori oltreoceano?) questo Nazisploitation fuori tempo massimo è una delle opere straight to video che il maestro Joe D’amato sfornava a ritmi decisamente industriali per il mercato home video a luci rosse degli anni novanta. Detto questo, non c’è molto altro da dire, la trama è solo un pretesto che viene svogliatamente raccontata nei primi minuti del film mentre la videocamera inquadra uno sparuto squadrone di soldati nazisti che cammina nelle campagne. L’idea è quella di creare una specie di bordello con prigioniere piuttosto portate al piacere sessuale, allo scopo di spiare i clienti e raccogliere informazioni preziose per la vittoria finale del terzo reich. Poca roba, praticamente la versione porno di Saloon Kitty che era già comunque spinto da parte sua. Vari ufficiali SS si alternano per testare le prigioniere e verificare che siano adatte allo scopo, gli amplessi sono più o meno tutti uguali, con grandi dosi di anal e voraci fellatio. Mentre lo guardavo mi chiedevo perché rispetto ai porno anni settanta, l’orgasmo maschile si riduce qui alla masturbazione finale, eseguita in tutta fretta dall’attrice di turno, a conclusione di un amplesso che sembra durare un’eternità. Voglio dire, una volta gli attori venivano estraendo il pene dalla vagina ed eiaculando sulla pancia delle attrici dopo un coito normale. A partire dagli anni novanta, invece, non si riesce più a far eiaculare naturalmente, questi porno attori! Anche l’orgasmo deve essere provocato articialmente, anzi manualmente! Perdonate questa disgtressione, atta solo ad allungare il brodo di una recensione in cui non si ha molto da dire. Le attrici sono molto belle, anche se la continua ostentazione dell’ano allargato (in cui si vede molto disgustosamente l’inizio del colon) non è che sia molto arrapante. 

D’Amato, anche sul fronte del porno, ha sicuramente fatto lavori migliori e con più convinzione, qui persino la musichetta ossessiva che ci perseguita per questi sessanta minuti, riesce ad essere castrante. Fanno comunque ridere (non apriamo parentesi sul sessismo in questo frangente perché stiamo comunque discutendo di un porno) le carriole di insulti che queste povere attrici si beccano durante il coito da parte dell’ufficiale di turno che non ho capito se è sempre lo stesso (il porno attore d’oltralpe Jean-Yves Le Castel) o cambia di volta in volta. Fatto sta che, durante il rapporto, sentiamo ossessivamente questa voce fuori campo (stranamente somigliante a quella di Oreste Lionello) che ripete a mantra epiteti irripetibili che aggiungono una colpevole ilarità a tutta la scena. 

lunedì 26 maggio 2025

AS TARAS DO MINIVAMPIRO (1987)

Regia José Adalto Cardoso 

Cast Chumbinho, Renato Alves, Eliane Gabarron 

Parla di “vampiro nanetto semina il terrore tra le vittime mestruate ma un sindaco arrivista lo vuole trasformare in un’attrazione turistica” 

Girato l’anno successivo a Alucinações Sexuais de um Macaco (1986), il film di José Adalto Cardoso ci conferma che, almeno per quanto riguarda il cinema a luci rosse, il Brasile si rivela inaspettatamente una fonte inesauribile ed estrema di cinema ai più bassi livelli, per quanto riguarda la qualità, ma ai massimi per quanto riguarda il tasso di Weirdo, qui veramente alto. L’attore principale è un certo Chumbinho, che manco a dirlo, è un nano dai denti storti raccattato in non si sa quale favelas ma di certo non proveniente da un’Accademia di cinema, considerata la non recitazione costante e imbarazzata. 

La sua presenza in un piccolo paesino chiamato Batatao vicino a San Paolo, scatena il panico, soprattutto nelle coppiette infrattate a fare sesso contro un muretto (sempre lo stesso, per tutto il film) ma scatena anche le mire lucrative del sindaco, un vecchio baffone che gesticola come un matto ripetendo monologhi deliranti. Il suo intento è catturare il minivampiro e trasformarlo in una specie di attrazione turistica. Nel frattempo le voci della presenza del piccolo Dracula (che saltella in giro agitando un piccolo mantellino nero e sfoderando una serie di dentacci storti che sono propri dell’attore e non una protesi), richiamano una piccola troupe a girare un documentario e (perché no) a fare un po’ di sesso ripreso dal regista con grande abbondanza di culi e schiene pelose, brufoli e pieghe di cellulite messe bene in evidenza nell’inquadratura. Il sindaco assume anche una specie di cacciatore di vampiri (Renato Alves) che assomiglia stranamente all’esorciccio con tanto di corone d’aglio e crocefissi di legno in mano. 

Il cacciatore però non intende uccidere il vampiro anzi sembrano divenire amici al punto che il piccolo demonietto gli confessa che la sua sfiga è quella di essere nato in Brasile, se fosse stato un vampiro americano, oggi sarebbe famoso. Girato con piglio amatoriale, in ambientazioni fatiscenti ma ricco di personaggi bizzarri (tra cui un assurdo barbone che ama masturbarsi guardando i cavalli), As Taras do Minivampiro (Lett. Le turbe di un minivampiro) è comunque ricco di sequenze che meriterebbero di entrare nella storia del cinema dalla porta del bagno di servizio. L’erezione penica del vampiro che emerge dal terreno, il mostro che lecca goloso la vagina di una ragazza con le mestruazioni e dopo si succhia godurioso il pannolino sporco di sangue e l’assalto dall’alto su una coppia intenta in una fellatio (con tranciamento del pene) sono tutte sequenze che nella loro bruttezza colpiscono lo spettatore, narcotizzato da noiosissime scene di sesso, e lo svegliano all’improvviso come una doccia fredda, dandogli modo di arrivare sveglio alla parola “Fim” dopo appena un’oretta di (dubbio) spettacolo. 

lunedì 19 maggio 2025

I SETTE NANI ALLA RISCOSSA (1951)

Regia Paolo William Tamburella 

Cast Ave Ninchi, Georges Louis Marchal, Rossana Podestà 

Parla di “ nani pelosi che cercano di salvare la principessa Biancaneve ma non riescono a salvare il film dalla sua bruttezza” 

Forse è un concetto che ho già ribadito in altre recensioni o forse no (la memoria, invecchiando …dannazione!), in ogni caso se cercate dei film veramente weirdo, spesso potete trovarli nel settore del cinema per ragazzi. 

Assieme a perle come “Santa Claus conquers the martians” si può inserire anche questo fantasy favolistico del dopoguerra diretto da Paolo William Tamburella, con una giovane e virginea Rossana Podestà che interpreta Biancaneve in una trama alternativa a quella classica post Disneyana. In questo frangente, la principessina vive in uno splendido castello insieme alla governante Ave Ninchi (che i più anziani di voi ricorderanno soprattutto per la sua pubblicità del Pollo AIA) e al principe azzurro, qui rinominato Biondello (Roberto Risso). Purtroppo l’idillio domestico viene interrotto da tamburi di guerra e richieste di aiuto al Principe Biondello, che deve  recarsi con il suo esercito a difendere i villaggi circostanti dalle invasioni del crudele Principe Nero. Dopo giorni di silenzio, Biancaneve apprende che Biondello è stato rapito e per riscattarlo deve consegnare al cattivo la corona del tesoro.

 Ma, ahimè, è una trappola del principe nero interpretato dall’attore francese Georges Louis Marchal, agghindato con una tutina aderente e un’assurda pettinatura che richiama due orecchie giganti fatte con lana di pecora. Da qui in poi il film si trasforma in un festival del trash senza vergogna, appaiono infatti i nanetti, che sono dei veri nani spelacchiati con nomi tutti diversi da quelli che conosciamo. Se già l’uso di persone diversamente alte richiama le più becere operazioni cinematografiche di serie zeta, il tentativo dei nani di creare delle gag divertenti rende la situazione più penosa, con classiche scenette da commediaccia di bassa lega (il nano che pesca sé stesso e finisce in acqua). I nanetti vengono quindi avvisati, tramite un falco messaggero, che Biancaneve è in pericolo e si recano quindi nei dintorni del castello del Principe Nero, che, nel frattempo, cerca di obbligare Biancaneve a sposarlo. 

I sette vengono inglobati in un praticello/trappola rotante, modello sciacquone del water e finiscono in mezzo alle sirene, da qui riescono a fuggire grazie alla presenza del fido topo di uno dei nani che spaventa le donne pesce e permette loro di risalire in superfice dove incontrano la governante. Insieme giungono al castello ma vengono catturati, qui scoprono addirittura un laboratorio fantascientifico da cui il principe trae il suo potere. Lieto fine istituzionale con abbracci, baci e il principe nero trasformato nell’ottavo nano. I nanetti sono di una bruttezza che mette quasi a disagio, soprattutto pensando a quei poveretti costretti a mostrare le loro deformità ad un pubblico che, probabilmente non ha neanche riso una volta. 

venerdì 9 maggio 2025

PIRATA! CULT MOVIE (1984)

Regia Paolo Ricagno 

Cast Paolo Ricagno, Ugo Gregoretti, Jo Squillo 

Parla di “rivoluzionario coi baffetti e le rotelle cerca di sovvertire il sistema repressivo mentre la madre lo prende a fucilate” 

Nell’anno della profezia orwelliana cosa ci poteva essere di meglio che realizzare un film di fantascienza in cui una società annichilita dalla televisione viene dominata da un grande fratello chiamato per l’occasione “il sognatore supremo” (interpretato da Ugo Gregoretti)? Ci pensa quindi l’esordiente Paolo Ricagno a mettere in piedi una sarabanda new wave con pretese artistiche ma con evidenti carenze di budget, ambientata in una Torino oscura, ripresa solo di notte, tra tunnel della metropolitana, strade deserte e i pochi cittadini presenti sono immobili come manichini. 

In questa sorta di distopia sociale, accompagnata da canzoni snocciolate dai gruppi underground di allora come Gaznevada, Arty Fleury e una scatenata Jo Squillo, si muove il rivoluzionario Pirata (interpretato dallo stesso regista) che sfreccia su pattini a rotelle come i Roller Skaters de “I guerrieri della notte” con il volto truccato con insopportabili baffetti disegnati, mentre dietro di lui orde di poliziotti con manganelli palesemente finti, si divertono a malmenare giovani, vecchi e famigliole ipnotizzate davanti al tubo catodico. Ma non bastano gli sbirri (interpretati dai Gaznevada), a perseguitare il giovane c’è anche la madre (Luisella Ciaffi) che sfodera una poco rassicurante doppietta con cui spara a casaccio. Attorno a Pirata ruotano poi alcuni personaggi bizzarri cone due giovani performer e un barista chiaccherone che si vernicia d’oro la faccia nel finale. 

Di sicuro, il film di Ricagno che, ambiziosamente, definisce Cult Movie direttamente nel titolo, è un’opera che non ha bisogno di grosse interpretazioni, per quanto riguarda il messaggio, soprattutto nel finale (che trovo molto poetico) dove Pirata spegne finalmente tutti gli elementi repressori con il telecomando e ci regala delle scene finali particolarmente riuscite in cui le due performer ripetono all’ossessione “ti amo” davanti ad una lastra di metallo ondulato dove un gioco di luci sembra trasformarsi in scariche laser dipinte sul metallo, sopra al riflesso di Pirata seduto su una sdraio. Ricagno risulta ammirevole quando fa di necessità virtù e regala allo spettatore una serie di trovate originali e artistiche con il nulla, partendo dalla sparatoria sul tram frequentato da passeggeri zombie, fino al centro di emanazione costellato di decine di schermi uno sopra l’altro. Sebbene la presunta originalità del progetto che, all’epoca doveva essere nei propositi di Ricagno, non risalti più di tanto, il film è comunque un curioso documento dell’epoca che, per noi inguaribili nostalgici, merita sicuramente attenzione. 

venerdì 18 aprile 2025

NUDE BOWLING PARTY (1995)

Regia Jason Williams 

Cast Jaqueline Lovell, Tammy Parks, Scott Spiegel 

Parla di “parodia di un programma televisivo dove le giocatrici tirano le palle completamente nude ma i birilli non cadono mai” 

Realizzato con l’intento di parodiare il celebre programma televisivo americano “Bowling for dollars”, questa sorta di straight to video che non raggiunge neanche l’oretta canonica, è un’ode al sessismo più becero, dove l’intento principale, se non si fosse già capito dal titolo, è quello di mostrare quattro fotomodelle americane in formissima, che si spogliano completamente e giocano a coppie ad una partita di bowling. Il programma viene poi intervallato da imbarazzanti televendite di spray contro la puzza di piedi e altre amenità edificanti. 

Un presentatore in giacca e farfallino da l’avvio al gioco mentre due cronisti fanno quello che possono per commentare il noiosissimo sviluppo della partita. Si, perché l’avvenenza delle quattro concorrenti è inversamente proporzionale alla loro capacità di gioco. Nei primi lanci le quattro ragazze, che sono Barbie (Jaqueline Lovell), Tina (Cory Lane), Bambi (Tammy Parks) e Francine (Taryn Carter), iniziano a togliersi reggiseno e mutandine ma dopo neanche due tiri, sono già completamente nude, a metà gioco la videocamera non si preoccupa neanche più di inquadrare birilli e palla ma si sofferma unicamente su tette e culi delle ragazze che, prima di ogni lancio, fanno mossette tipiche di fotomodelle alle prime armi. In generale, si denota una certa incapacità nel gioco soprattutto da parte della seconda concorrente, Bambi, una rossa con una collana a girocollo e le tette rifatte che non ne becca una neanche per sbaglio e manda in continuazione la palla fuori.  La migliore è sicuramente Barbie che riesce persino, verso la fine, a mettere a segno un paio di Strike. Le oche però non sembrano prendersi molto a cuore gli sviluppi della partita e vanno avanti con un sorriso ebete stampato in faccia, a parte Barbie (la mia preferita, se non si era già capito!) che verso la fine sostiene un’espressione tra il corrucciato e il concentrato andante.

Dalla disperazione persino uno dei due cronisti si offre di insegnare alle quattro come si lancia la palla e, in effetti, dopo la lezione le cose vanno un pochino meglio. A lato della partita ci sono un paio di fotografi sudaticci e arrapati identificati come Joe Pornofsky e il suo assistente e qui c’è la sorpresa! Si tratta infatti della comparsata nientemeno di Scott Spiegel, collaboratore assiduo di Sam Raimi e regista di un cult assoluto come Intruder – Terrore senza volto, e Ivan Raimi, fratello di Sam e sceneggiatore dei suoi capolavori come L’armata delle Tenebre, Darkman e ovviamente The Evil Dead. Dulcis in fundo, un’altra curiosità di questo incommentabile video è proprio la regia, ad opera di Jason Williams, protagonista del celebre softcore fantascientifico “Flesh Gordon – Andata e ritorno dal Pianeta Porno” (Titolo poi trasformato, per esigenze di censura in “andata e ritorno dal Pianeta Korno”). 

venerdì 11 aprile 2025

MR. NO LEGS (1978)

Regia Ricou Browning 

Cast Ted Vollrath, Ron Slinker, Lloyd Bochner 

Parla di “sicario senza gambe ma dotato di carrozzina sparatutto, tenta la scalata nel giro della droga” 

Non si può parlare di questo filmaccio exploitation dei tardi anni settanta, senza prima spendere due parole sul suo protagonista Ted Vollrath, considerato poi che questo è l’unico film a cui partecipò, scritto peraltro a sua immagine e somiglianza. Vollrath, ufficiale dell’esercito degli Stati Uniti, perse entrambe le gambe durante la guerra in Corea, questo però non gli impedì, dopo grandi sforzi e tanta forza di volontà di diventare cintura nera di Karate e successivamente grande maestro di arti marziali. Appare, poi, quasi paradossale che in Mr. No Legs, Vollrath accetti la parte del cattivo, peraltro un cattivo veramente sadico e crudele, nonostante la sedia a rotelle. 

Curiosamente il film risulta essere l’ultima regia di Ricou Browning, un nome che ai più non dirà nulla se non il fatto di essere stato il mostruoso Gill man de Il Mostro della Laguna Nera e i successivi sequel realizzati sull’iconico uomo pesce. Detto questo, siamo di fronte a un tipico poliziesco anni settanta realizzato in economia assoluta, con grandi scazzottate, storie di droga e malavita e sul finale un assurdo inseguimento automobilistico dove le auto si vanno a sfasciare nei modi più impensati, al solo scopo di spettacolarizzare un film poverissimo. La storia verte inizialmente su uno studentello che partecipa allo smercio di un carico di droga, organizzato dal cattivissimo Mr. No Legs, un sicario della mala senza gambe ma dotato di una carrozzella super accessoriata con fucilazzi incastrati nei braccioli. Solo per quest’idea, il film andrebbe adorato senza se e senza ma. Ma il nostro sicario è anche e ovviamente, un esperto di arti marziali e quando il boss tenta di disfarsi di lui, ecco sferrare micidiali fendenti di karate e colpire i suoi avversari con il moncherino. 

In un impeto di estremo machismo, il buon Vollrath si esibisce anche in un una serie di flessioni con l’ausilio delle sole braccia appoggiate sulla carrozzina. La storia prosegue con la morte accidentale della findanzata di Ken, il quale chiama Mr. No Legs per far sparire il corpo, questi però non si accontenta e fa sparire anche lo studente. Il fratello poliziotto della ragazza indaga insieme ad un collega belloccio in perfetto American Style. Mr. No Legs, nel frattempo, tenta la scalata al potere, accoltella le infiltrate, affoga i nemici in piscina e spara da tutte le parti come una sorta di carrarmato su due ruote. Sul finale si lascia pure intendere che Mr. No Legs non sia veramente morto nell’ultimo scontro a fuoco, forse per lasciare la possibilità di un seguito mai realizzato. Comunque il film, nella sua povertà, è divertentissimo e violento quanto basta per una serata di spensieratezza (uno di quei film, insomma, che piacciono tanto a mr. Tarantino), nel cast troviamo anche il mascellone John Agar protagonista di Tarantola di Jack Arnold, tanto per rimanere in tema di classic monster movie. Sicuramente dopo aver visto Vollrath in azione, ci penserete su due volte prima di occupare un parcheggio per disabili!   

venerdì 4 aprile 2025

HOW TO MAKE A DOLL (1968)

Regia Hershell Gordon Lewis 

Cast Robert Wood, Jim Vance, Bobbi West 

Parla di “professorino nerd inventa macchina che produce donnine ma poi scopre l’amore e non se ne fa più nulla” 

Era il 1968, iniziava la stagione del libero amore, del pomicio studentesco, del rock psichedelico e delle droghe mistiche. In questo frangente anche il padrino del Gore Hershell Gordon Lewis, dovette adattarsi, cinematograficamente parlando, e andare incontro ai rinnovati gusti del grande pubblico. Ecco quindi che in questo anno molto particolare, il nostro maestro dello splatter a basso costo, fu coinvolto nella produzione di una serie di pellicole giovanilistiche in cui la carnazza presa dal macellaio sotto casa, veniva momentaneamente messa in frigorifero a favore di tematiche più attuali come le bande giovanilistiche (She Devils on Wheels) e i primi pruriti sessuali adolescenziali.  

Insomma la parola d’ordine è SESSO e Lewis, bizzarramente realizza questa commediola dai toni fantascientifici in cui un professore di matematica di nome Percy (Robert Wood) vuole a tutti i costi scoprire i misteri dell’amore, ma è talmente nerd da non accorgersi che gli studenti pomiciano dietro le sue spalle mentre è intento a spiegare la lezione. Ovunque si aggiri nel campus, vede coppiette che si sbaciucchiano avvinghiate, un paio addirittura imbucati nella sua bizzarra utilitaria a tre ruote, frutto di un incrocio tra una 500 e un’ Apecar. Recatosi dal suo collega, il professor West (Jim Vance) scopre che lo stesso ha approntato una macchina per realizzare materialmente i desideri. Infatti Percy vede comparire all’improvviso il tenero coniglietto che ha sempre desiderato. 

Ma ovviamente, fra le molteplici voglie dei due scienziati non poteva esserci che la donna perfetta, ed ecco che il supercomputer, tra una risata (si si, il computer ride e fischia quando produce!) e un lampeggio di lampadine, sforna bellissime ragazze disposte a soddisfare qualsiasi desiderio dei due maschi. Preso dalla multicreazione femminile, il dottor West verrà risucchiato nella macchina insieme alle donnine e scomparirà felice in un multiverso sconosciuto mentre il buon Percy incontrerà una bionda studentessa di nome Agnes (Bobbi West), anch’essa un po' nerd e potrà quindi innamorarsi alla vecchia maniera, che è sempre la migliore a quanto pare. Decisamente reazionario e anche un po' (molto) sessista, il film è di una povertà assoluta, sul finale si dilunga in maniera esponenziale nel goffo corteggiamento tra i due fidanzatini con tanto di classico incontro coi genitori nel salotto buono. Le gag comiche sembrano ammiccare ai classici di Charlot e Buster Keaton ma la sensazione è di una pallida improvvisazione senza alcun mordente. Quando Percy viaggia sulla sua assurda utilitaria sembra di vedere qualche episodio di Mr. Bean con la sola differenza che qui non si ride mai, neanche per sbaglio. Fortunatamente il buon Lewis si ravvederà da questi obbrobri in celluloide nel 1970, tornando al buon vecchio splatter nel suo capolavoro The Wizard of Gore.