lunedì 31 ottobre 2016

PURANI HAVELI

(Id. 1989)
Regia ,  
Cast  , ,



Che sia una commedia o un horror, il genere bollywood segue sempre degli schemi ben definiti , forse per questo motivo il cinema indiano da noi viene sempre catalogato a parte. Anche questo horror dei fratelli Ramsay non esce dal seminato, con peculiarità molto precise anche se lontane mille miglia dal genere. Innanzitutto la durata, sfiancante, di quasi due ore e mezzo, dilungate da siparietti e situazioni al limite del surreale dove la trama principale inevitabilmente annega in un mare di fregnacce, poi i numeri musicali, puntuali come la rogna, a irrobustire la visione con canzoncine romantiche che sembrano uscite dal repertorio dei Casadei. Non manca alla fine la storia d'amore tormentata come in questo caso dove il giovane fotografo con un'orrenda pettinatura tipo "colpo d'accetta in mezzo alla fronte" viene osteggiato nel suo amore per la bella (anche se un pò tracagnotta) ricca ereditiera di Giovanni Rana (non scherzo...è proprio lui in versione indiana, il cognome oltretutto è quello) dalla crudele zia che vuole invece farla maritare con un bellimbusto di nome Vikram e per farlo non esita a mandare i suoi scagnozzi a "convincere" il nostro eroe. 

La storia si svolge in quest'enorme palazzone dove risiede un demonio barbuto con le mani adunche che rimane prigioniero dentro una fossa dalla presenza di una croce che una specie di apostolo barbuto gli piazza sul coperchio. Il demone tuttavia riesce a comandare una specie di statua cornuta che si anima per spaccare la faccia prima a un servo ubriacone che pensa di ripulire 2000 metri quadri con una saggina, poi ad un amichetto dell'ereditiera, il quale viene seppellito subito dal resto del gruppo nella dura terra senza nemmeno uno straccio di bara (e senza neanche una pala, per scavare usano una zappa). I fratelli Shyam e Tulsi Ramsay non ci fanno mancare neanche i classici combattimenti fintissimi tra teppisti baffuti vestiti come gli Wham dei primi anni ottanta (del resto il film è del 1989!) e una specie di siparietto comico in cui il ciccione amico del protagonista (che non è nemmeno lui uno sfilatino!) si spaccia per un criminale baffuto che gira su un elefante in mezzo ad una ridicola corte dei miracoli dove c'è persino un bambino con i baffoni che parla come Alvaro Vitali. 

Tutte situazioni che allungano il brodo già insopportabile come la canzone che i due innamorati si cantano a turno e che dovrebbe titolare nella versione italiana come "Non  ti scordar di me" con tanto di accompagnamento mazurkoso e vai col lissio indiano! C'è addirittura una scena che sembra citare "A Nightmare on Elm Street" con le zampacce del demone che spuntano fuori dal letto per abbrancare la ziaccia in un tripudio di piume e gommapiuma che qualche disgraziato della Crew probabilmente lanciava in aria alla cazzo di cane mentre si girava. Alla fine il demone viene impalato da un crocefisso più grande ed esplode in una massa di fuoco, e siccome gli effetti costano e bisogna sfruttarli, la scena dura almeno dieci minuti di agonia (per lo spettatore). Il finale incomprensibile vede i sopravvissuti uscire  dal palazzo con in mano dei ceri, quasi fossero in processione, ma a quel punto il cervello di chi assiste a questa incredibile palla in celluloide, è talmente atrofizzato che non si cercano spiegazioni, al massimo si cerca il telecomando per porre fine alla nostra sofferenza.

lunedì 24 ottobre 2016

SANTO Y BLUE DEMON CONTRA EL DOCTOR FRANKENSTEIN

(Id. 1974)
Regia
Cast  , ,  


Pur non avendo visto tutta la sconfinata filmografia dell'enmascarado de plata, posso dire questo episodio diretto da Miguel M. Delgado è uno dei migliori, ovviamente nei limiti qualitativi che una serie cinematografica costruita ad hoc per il celebre lottatore messicano El Santo, può avere. Si tratta di pellicole a basso costo con una trama risibile ed alquanto ingenua infarcita di generose riprese dei suoi celebri combattimenti, con attori infimi, dialoghi deliranti ed un messaggio di fondo più che altro adatto ai gusti dei bambini degli anni settanta. Siamo quindi lontani anni luce dal parlare di capolavoro o semplicemente di film horror. Eppure El Santo ha ridisegnato così la sua fama, attraverso la ripetizione continua del suo eroismo da ring, riuscendo a catalizzare l'attenzione del pubblico anche fuori dai confini del mercato messicano. Oggi El santo è considerato una sorta di demodè nel cinema di genere, una specie di mascotte di quello che rappresenta un glorioso passato dell'exploitation in generale. 

L'accostata con il suo alter ego dalla maschera turchina Blue Demon (Alejandro Cruz) crea momenti di assoluto weird quando cenano insieme al ristorante, in compagnia di due belle chicas, ben vestiti ma con le loro inquietanti maschere al volto. Maschere che sono costate ad El Santo la progressiva deformazione del volto ma uno straordinario momento di successo, di fama e denaro. Questa sorta di autoidolatria del personaggio, lo ha portato ha combattere contro avversari umani e disumani, assassini e medici pazzi come il sedicente nipote del dottor Frankenstein (Jorge Russek), ringiovanito grazie ad un siero e intento a trapiantare cervelli da una ragazza all'altra, aiutato dal mostruoso Golem, un nero con la cicatrice in fronte che viene radiocomandato per uccidere. 


Anche in questa pellicola ci sono lunghe riprese degli incontri dei due eroici wrestler ma anche un sacco di azione, pugni, calci e tanto eroismo d'accatto che però all'epoca funzionava alla grande. Insomma lo si può valutare per quello che è, ma ancor oggi questo film si presenta divertente e pieno di situazioni al limite del ridicolo: si ride a crepapelle ma non ci si annoia davvero!
 

mercoledì 19 ottobre 2016

LA VENDETTA DEL VAMPIRO

(El mundo de los vampiros, 1961)
Regia
Cast  , ,  


Il cinema horror messicano, troppo poco studiato e analizzato dai patiti del genere, ha sempre avuto il pregio di regalarci bizzarre varianti all'interno del classicismo insito nel cinema dei mostri, ne è un buon esempio questo "El mundo de Los Vampiros" dove il regista Alfonso Corona Blake ci regala un interessante connubio tra musica e vampirismo, inventando una straordinaria marcetta transilvana in grado di scacciare i demoni succhiasangue, detto questo il film rivela un'estetica trash da manuale non esente, però, da suggestioni tipiche del cinema orrorifico sudamericano. L'inizio della pellicola vede la solita bara in primo piano che si apre rivelando una mano affetta da delirium tremens che si agita prima di scoperchiare il Conte Subotai con un vestito talmente inamidato che ci si chiede come faccia a muoversi, ed infatti l'attore Guillermo Murray (un incrocio tra Ricardo Montalban e Adam Sandler) cammina a scatti, sfodera uno sguardo penetrante ma un pò strabico, indossa una giacchina che gli arriva al petto e un orrendo gioiello sulla camicia, oltre al solito mantellone debitamente aperto come vuole la tradizione.  

La suggestione del weirdo, però, comincia quando appaiono i suoi servi vampiro, un gruppo di allampanati e ammantellati con posticce maschere di gomma, enormi orecchioni e dentoni da tricheco. Non parliamo poi di quando si trasformano in pipistrelli, assurdi pupazzetti in cartapesta che sembrano ventagli scalcagnati. Insomma c'è di che divertirsi, soprattutto quando Subotai va a suonare un kitchissimo organo fatto di teschi e tibie e suona talmente male che capiamo subito il motivo delle orecchione. Se poi si pensa che la tortura che i vampiri adottano verso un prigioniero è quella di tirargli le orecchie!  Insomma tra un digrignare di dentoni, una suonata stonata e un sacrificio umano con un pugnale che non andrebbe bene manco come tagliacarte, scopriamo che Subotai vuole vendicarsi di una famiglia che discende dai loro nemici, il vampiro invoca Astaroc (Sic!) e organizza la vendetta nei confronti dei Colman, padre e due figlie di cui Eleonora  (Erna Martha Bauman) è particolarmente avvenente.
  

La scena si sposta nella casa di questi ultimi dove il bellimbusto Rodolfo (Mauricio Garcés) si esercita al piano con sonate sperimentali che fanno abbaiare i cani e nitrire i cavalli dopodichè suona la mitica marcetta scacciavampiri che il conte Subotai (spuntando all'improvviso alla festa) non gradisce per niente e inizia ad avere convulsioni degne di un epilettico.  La notte stessa il conte vampirizza Eleonora che, a sua volta, morde Rodolfo il quale si sveglia con le mani unghiose e pelose (altra fantastica variante: il vampirizzato si trasforma in licantropo?), successivamente rapisce il vecchio Colman e lo porta nelle cantine del suo castello. Il mattino dopo  l'altra figlia va dal conte con Rodolfo (che nasconde opportunamente le zampacce nelle tasche della giacca) per cercare i parenti scomparsi, i due affrontano a cazzotti l'immancabile servo gobbo e deforme con due baffetti  da Hitler e finiscono nelle cantine dove Rodolfo si fa largo cazzottando i mostri orecchiuti e squittenti e suona la marcetta all'organo con le sue manine pelose scacciando finalmente i mostri e liberando la famiglia dal maleficio. Alla fine anche il Conte Subotai, al culmine della sua rabbia si fa spuntare le orecchione chiudendo con una nota estrema un film che gli appassionati del trash non potranno che amare.

mercoledì 12 ottobre 2016

TERROR FIRMER



(Id. 1999)
Regia   
 
Potremmo considerarlo l'"Effetto Notte" di Lloyd Kaufman, geniale patron della mitica casa di produzione ultra trash Troma Entertainment  se non fosse che accostando "Terror Firmer" a François Truffaut potremmo scatenare una rivoluzione da parte di quei critici puzza al naso che amano solo il cinema narcotico.  Questo più che un film sembra però un'enorme, volgare baracconata dove qualsiasi cosa viene estremizzata ai massimi livelli. Durante le riprese di un capitolo della saga di The Toxic Avenger il regista (che qui assume il nome di Larry Benjamin, si presenta cieco e piscia come un idrante) vede gradualmente decimarsi la sua troupe di punk e freak, puttane e lardosi da un misterioso serial killer vestito come una dark lady dalla voce squillante che si aggira per gli studios compiendo massacri oltre le righe: strappa a mani nude il feto a un'attrice, infila nelle scale mobili il produttore ciccione, butta in padella il cervello ad un cocainomane, ecc. ecc. il tutto con un estremismo che rasenta l'humor ma che di fatto, da una parte non impressiona e dall'altra non fa ridere. 

Il numeroso cast che compone questa ambiziosa prova del buon Kaufman trasforma tutta la pellicola in puro Camp movie con riferimenti a Steven Spielberg (l'assassino lo adora) ed al cinema in generale. Insomma più che un film vero e proprio Terror Firmer sembra una riflessione tutta personale sul modo di fare cinema della Troma, il suo manifesto di ribellione nei confronti di Hollywood e degli spettacoli preconfezionati. 



Non nego che un film del genere possa lasciare disgustati almeno l'80% degli spettatori convenzionali, non nego che anche gli amanti dell'horror e dello splatter (qui distribuito a largo consumo) possano trovare (Si! Persino loro!) la pellicola ributtante tuttavia il cinema di Kaufman è uno dei più vivi di questi ultimi vent'anni ed il suo contributo alla causa che perseguono i fan del genere non è da sottovalutare. Certo scene come quella del ciccione che assaggia a cucchiaiate la merda fuoriuscita da un cadavere fanno venire voglia di alzarsi e andare in bagno a vomitare sul Mereghetti!

Un affettuoso quanto maleodorante ricordo del grande (in tutti i sensi)
 R.I.P.