lunedì 26 agosto 2019

THE LOCH NESS HORROR

(1981) 

Regia Larry Buchanan 

Cast Sandy Kenion, Stuart Lancaster, Miki McKenzie 

Se cercate negli archivi filmografici, scoprirete che il regista texano Larry Buchanan ha una discreta esperienza nel mondo dei B Movie, in special modo in quei Tv Movie che negli anni ottanta affollavano i pigri pomeriggi delle reti privati con roba tipo Il mostro delle caverne, Curse of the VooDoo women e soprattutto con il bruttissimo Zontar: The Thing from Venus, sorta di remake di uno degli scult più imbarazzanti e adorabili del maestro Roger Corman. Verso la metà degli eighties la carriera di Buchanan andò scemando progressivamente e culminò in un due o tre titoli veramente al top della bruttezza tra cui questo Lochness Horror, conosciuto anche come Nessie e giocoforza ispirato al mostro del celebre lago scozzese. Tutto inizia con un misterioso gentleman che osserva da un cannocchiale un vecchio velivolo della seconda guerra mondiale, successivamente l’obiettivo inquadra la famosa foto in cui il collo del plesiosauro si erge dalle acque del Loch Ness. E qui capiamo subito che sarà una visione terra terra. 

L’ambientazione torna ai giorni nostri ed è tutto un giro di ragazzini che fanno gli scemi davanti a un falò, un misterioso guardiano armato di alabarda e un uovo di dinosauro che sembra fare gola a molti. Obbligato da un budget miserrimo, Buchanan va a risparmi anche con il mostro che verrà sempre inquadrato dal collo in su, con le mascelle manovrate meccanicamente e uno sbuffo di vapore che ogni tanto fuoriesce dalla gola mentre la macchina da presa segue il testone in mezzo alla boscaglia. Giunti al culmine del trash, assistiamo anche allo scontro tra il mostro e dei militari ad un posto di blocco, la scena patetica che ci si para davanti è quella di una creatura che, non avendo manco le zanne per mordere, abbatte i militari a testate. Poverino! Ci prova ad azzannare un vecchio alla spalla, e del resto anche la vittima cerca di simulare dolore e sofferenza mentre il testone finto di Nessie sembra più succhiare la spalla piuttosto che morderla. 

Nel cast fa capolino una vecchia conoscenza, Stuart Lancaster, che gli amanti del cinema exploitation ricorderanno come il daddy di Faster! Pussycat! Kill! Kill! del geniale Russ Meyer. Nonostante si parli di Loch Ness, il film è girato sul Lago Tahoe in California ed infatti risulta difficile credere di trovarsi in Scozia. Tutta colpa del budget miserrimo con cui Buchanan ha dovuto fare i conti, ma non c’è da stupirsi, del resto il film fu prodotto proprio da un clan scozzese (il clan Buchanan per di più)! 

martedì 20 agosto 2019

SUPERGATOR

(2007)

Regia Brian Clyde

Cast  Kelly McGillis, Brad Johnson, Bianca Lawson

Ci voleva un produttore sgamato come Roger Corman per realizzare un monster movie decente nel prolifico quanto scadente palinsesto televisivo di SyFy Channel, attenzione però! Ho detto "decente", il che ci porta lontano mille miglia dal porre questo film in un universo parallelo dove potrebbe entrare di diritto nel cinema di fantascienza. Semplicemente qui si nota una certa cura nella realizzazione, sconosciuta alla maggioranza dei titoli proposti dall'emittente, ma anche dalle bizzarre porcherie realizzate dalle varie case di produzione low cost del genere. Il supercoccodrillone del titolo (incrocio fra un caimano e uno stegosauro) è una mutazione genetica che vive ai piedi di un vulcano, all'interno di un'oasi naturale tutta laghetti e cascatelle, e qui finisce il nostro interesse per la trama che, oltre ad un notevole body count, ci accompagna nella solita spedizione scientifica di un gruppo di geologi capitanati dal televisivo Brad Johnson, un faccione inespressivo dai tratti tipicamente americani. 

Il suo gruppo si incontra con un'altra scienziata, qui interpretata dalla vecchia babbiona Kelly McGillis che negli anni ottanta fece coppia con Tom Cruise nel famoso Top Gun e che si è vista di recente nell'ottimo horror "We Are what we are". Ad accompagnarla un crocodile dundee accanito che spara in continuazione sul coccodrillone senza mai fargli un cazzo. Nel mentre assistiamo alle allegre gite di gruppi di studenti cazzoni, di tettone fotomodelle e giovani trekker, tutti destinati a riempire la pancia del mostro. La noia dei dialoghi smorza le ottime scene, truculente quanto basta, del pasto umano ad opera dell'alligatore, realizzate con un montaggio serrato che mostra solo dettagli di denti e corpi maciullati, ma crea il giusto effetto. 

Purtroppo il coccodrillone mostrato nella sua decadenza digitale non si discosta molto da altri titoli "Bad CGI" che infestano le programmazioni televisive, va molto meglio comunque nel finale, con massacro di turisti che ricorda per certi versi, il matrimonio rosso sangue del capostipite del genere "Alligatori assassini", il classicone di Lewis Teague "Alligator".  Certo se non si hanno grosse pretese, il film risulta anche godibile in una certa misura, ma visto il numero titanico di film dedicati a rettiloni carnivori in circolazione, potete senza dubbio, bypassarlo. Imperdibile invece per chi adora gli spruzzi di sangue modello commodore64 e i dinosauri digitali che ruggiscono tristi pixels all'interno di canovacci sempre uguali. 

martedì 13 agosto 2019

MONSTER FROM THE OCEAN FLOOR

(1954)

Regia Wyott Ordung

Cast Wyott Ordung, Anne Kimbell, Dick Pinner

E’ risaputo che il genio produttivo di Roger Corman è sempre stato quello di cavar sangue dalle rape, ma nel caso di questo pseudo monster movie caraibico ha veramente superato sé stesso. Con un budget ai limiti del ridicolo di 28.000 dollari (ma il film incassò almeno 10 volte tanto) e un’oretta scarsa di pellicola, il nostro, qui alla sua prima volta in veste di solo produttore, ci sforna un gioiellino che dire imbarazzante è quasi fargli un complimento. La protagonista è una stangona americana dai capelli platinati che risponde al nome di Julie Blair (interpretata da Anne Kimbell, reginetta del surf movie e di numerosi scialbi western anni quaranta e cinquanta) che si svacca sulle spiagge messicane passando il tempo a dipingere e ad ascoltare un ragazzino petulante che gli racconta di come il padre sia stato ucciso da una misteriosa creatura degli oceani. Siccome Julie è in vacanza e non ha un cazzo di meglio da fare, inizia a indagare sulle leggende di questo mostro che, nelle lunghe e narcolettiche riprese subacquee, vediamo come un grosso polipo con un enorme occhio luminoso. 
 
Stranezze del caso, Julie incontra un biologo marino, il Dottor Baldwin che vaga nelle acque con un ridicolo sommergibile a pedali. Fra di loro inizia un corteggiamento galante, però lui non le crede, riguardo al mostro, per cui Julie, allo scopo di reperire delle prove, decide di fare qualche immersione. Peccato che, nel frattempo la vecchia del villaggio abbia decretato che l’americana debba venir sacrificata al dio del mare e tocca al giovane mozzo Pablo fare il lavoro sporco. Nonostante gli echi Lovecraftiani la storia è ben poca cosa, arricchita dai soliti dialoghi insulsi del cinema americano del dopoguerra. 

Corman centellina i soldi della produzione e mette alla regia il trentenne anglo-cinese Wyott Ordung, già autore del soggetto di un altro capolavoro quale Robot Monster, che si ritaglia anche la parte di Pablo, con risultati decisamente imbarazzanti. Il mostro viene ripreso con la tecnica del grandangolo che permette di far sembrare gigante un povero polipetto al quale viene applicato in sovrimpressione un enorme occhio che lampeggia. Ma il cinema è magia anche quando non ha vergogna di mostrarci l’improponibile, del resto alla fine si scopre addirittura che il mostro altri non è che un’enorme ameba, risultato dei soliti esperimenti nucleari del vicino atollo di Bikini. Viene quasi da dire “Benedetta sia la bomba!” senza la quale migliaia di sceneggiatori americani degli anni cinquanta sarebbero stati senza lavoro ma soprattutto senza uno straccio di idea!

lunedì 5 agosto 2019

RIVELAZIONI DI UNO PSICHIATRA SUL MONDO PERVERSO DEL SESSO

(1973)

Regia Renato Polselli
Cast Isarco Ravaioli, Franca Gonelli, Bruna Beardi

Finalmente grazie al mitico Polsellone e a questa sua ennesima ciofeca cinematografica, possiamo coniare un sottogenere nuovo al già vasto mondo del cinema exploitation. Nel caso di Rivelazioni di uno psichiatra siamo di fronte allo zenith massimo del cinema pretestuoso, ovvero quel cinema che pur essendo null’altro che un pornazzo da quattro soldi, cerca di mascherarsi con l’autorità scientifica della psicologia sessuale e lo studio delle relative devianze. Ecco quindi che il termine Specious dall’inglese Pretestuoso, si abbina perfettamente al termine exploitation, unendosi in matrimonio e generando la Speciousploitation, ovvero quei film che mascherano contenuti grezzi e pruriginosi con dotte divagazioni inutili quanto fallaci. 

Se non altro le dissertazioni del Dottor Frood (interpretato da una colonna portante del cinema di serie B italiano come Isarco Ravaioli) ad un gruppetto di improbabili studentelli, risulta quanto meno breve e sintetica, lasciando così spazio al vero spettacolo del film, la pornografia fine a sé stessa, ripresa da Renato Polselli stesso o rubata da X Movie americani, non ha importanza. Polselli ce la sbatte in faccia con un bel tripudio di vagine ultrapelose, orgie senza fine al ritmo ossessivo di uno psycho-progressive d’antologia, non teme censura nel mostrare una zoofila assatanata che massaggia energicamente il membro di un cagnolino salvo poi mimare un amplesso con un enorme peluche. 


Il tutto infarcito da storielle più o meno incredibili a giustificare la gerontofilia (lo stupro perpetrato a una giovinetta da un coetaneo che sfocia nella ragazza in una ossessiva attrazione per gli anziani), la necrofilia (la ragazza che spia la madre intenta ad avere rapporti con l’amante immobilizzato nel letto) e l’infausta scoperta, per un siciliano, che la novella mogliettina non è altri che un “lui”. Insomma nel periodo caldo della sua lunga e proficua carriera Renato Polselli non ci fa mancare un altro cult assoluto da abbinare a Riti, Magie nere e segrete orge del trecento. Il tutto immerso nella consueta atmosfera da trash psichedelico tipica di quegli anni, arricchita di citazioni più o meno colte (del resto se parli di psicologia devi citare almeno Freud, Jung e Adler) che sfociano in un finale enigmatico e affrettato.