martedì 23 settembre 2014

ILSA LA BELVA DEL DESERTO

(Ilsa, Harem Keeper of the Oil Sheiks, 1976)
Regia
Cast , ,  




Personaggio di culto assoluto nell'immaginario erotico anni settanta, la procace Dyanne Thorne torna a vestire i panni della perversa e dominatrice Ilsa, dopo il successo del primo capitolo di quella che diventerà, a tutti gli effetti, una saga composta da quattro episodi. "Ilsa la Belva del deserto" rappresenta il secondo tassello dopo il primo, feroce e bellissimo"Ilsa la belva delle SS" e sarà seguito da "Greta la donna bestia" e "La tigre del sesso", tutte e quattro le pellicole, oltre ad avere in comune la protagonista, eroina al negativo puro come era di moda in quegli anni (dove la donna emancipata si trasformava in una belva affamata di sesso e sangue, quasi a voler recuperare secoli di storia passiva assoggettata al maschio dominante), si caratterizzava per ambientazioni diverse ad ogni titolo. 

Nel primo film ovviamente la protagonista era in un lager nazista, nel terzo in un manicomio e nel quarto tra le fredde lande della Siberia. In questo secondo capitolo la troviamo nientemeno che in un Emirato Arabo gestito da uno sceicco miliardario quanto perverso che rapisce procaci ragazze dell'Occidente per alimentare una tratta di schiave bianche. Accompagnata da due negrette quasi sempre nude e lucide di olio tanto per risaltare l'esotismo delle forme, l'abbondante Ilsa veste come un graduato dell'Afrika Korps, inventa bombe da innestare nella vagina in modo che esplodano al culmine dell'atto sessuale, tortura con presse che schiacciano seni e formiche rosse , salvo poi innamorarsi perdutamente dell'aitante segretario del dottor Kaiser, giunto dall'America per trattare petrolio con il crudele sceicco. 

Rispetto al primo capitolo, il sangue e le torture sono decisamente limitate a favore di una trama più complessa, dove si toccano situazioni e problematiche più attuali come il petrolio, la tratta delle bianche e la questione mediorientale. Il tutto ovviamente in puro camp style, con combattimenti a seno nudo, danze del ventre, aste di schiave, dettagli e particolari sessuali ammiccanti. Alla regia ancora Don Edmonds, già autore del primo titolo, il quale non nasconde la sua passione verso il cinema di Russ Meyer al quale palesemente si ispira, non a caso nel cast appaiono tre delle donnine preferite dal regista californiano, ovvero la svedese Uschi Disgard, la canadese Haji e l'americana Coleen Brennan (viste tutte e tre in Supervixens e in altri capolavori del maestro) che interpretano tre ragazze occidentali rapite dallo sceicco per alimentare il suo parco schiave.

 

lunedì 15 settembre 2014

LA BIMBA DI SATANA

(Id. 1982)
Regia
Cast , ,  



Uno dei grandi meriti di Mario Bianchi è sempre stato quello di aver dato vita, in completa assenza di qualità cinematografica, a veri e propri cult, ancor oggi ricercatissimi dal pubblico di genere. Probabilmente questa "Bimba di Satana" rappresenta il suo apice, considerato l'alone di mistero che, per anni, ammantò una fantomatica versione hard recentemente uscita integrale in un dvd teutonico, per la gioia di innumerevoli fans.  Eppure, siamo, a tutti gli effetti, di fronte al nulla cinematografico più assoluto, l'unico punto di interesse di questo melò horror sovrannaturale è la sua estrema bruttezza e la rigidità interpretativa dei suoi protagonisti, talmente estremi da evidenziare un nuovo linguaggio cinematografico che cerca nuove strade espressive nella totale inespressività. L'unica a salvarsi qua dentro è la splendida e generosa Mariangela Giordano, grande interprete del cinema di genere nostrano che non lesina nel mostrarci le sue splendide forme quando non indossano le vesti di un'improbabile novizia che si prende cura del fratello paralitico del castellano Aguilar (Aldo Sambrell) tossicomane e paranoico, il quale, dopo la morte della moglie (la porno star Marina Hedman meglio conosciuta per le sue performance zoofile nella serie Marina e la sua bestia ) vede in tutti gli ospiti del castello un nemico ed un amante della consorte (si! anche la suora). 
  
La figlia Myra (Jacqueline Dupré alla sua prima ed unica non interpretazione cinematografica) intanto, va su e giù per il maniero a piedi scalzi col volto espressivo come quello di una ciabatta che, poco prima dei titoli di testa riesce anche a cacciare un urlo (probabilmente il regista gli ha dovuto mostrare un ratto per renderla convincente almeno in questo frangente). La cosa più divertente del film però sono i comprimari come Alfonso Gaita nella parte del cameriere che si rifugia nelle segrete per compiere strani riti in cui ansima come in un orgasmo, accarezza mummie e galline e si rotola per terra come un ossesso. Non manca come già detto, il fratello paralitico Ignazio (Giancarlo Del Duca) che spia la suora mentre dorme ignuda e si fa palpare l'inerte uccello durante la toeletta. Non oso pensare cosa gli fanno nella versione hard del film.

Prodotto e scritto da Gabriele Crisanti e condito dalle roboanti musiche di Nico Catanese, il capolavoro scult di Mario Bianchi (qui si firma con pseudonimo americano Alan W. Cools) è un'opera che andrebbe vista nella sua interezza per poterlo pienamente apprezzare, anche perchè obbiettivamente, tette e cosce, nella versione cut, sono le uniche cose interessanti di questo delirio inutile , ma assolutamente spassoso come traccia demenziale del porno-horror, genere ormai dimenticato, qui nella sua stagione più esplosiva.

martedì 2 settembre 2014

HYPERTROPHY GENITALS GIRL

(Hidai Kasei Utsuwa shojo, 2009)
Regia Noboru Iguchi
Cast Tsubomi

Bisogna dare atto al cinema nipponico (se questo si può definire cinema, ovviamente!) di aver generato titoli decisamente fuori dal comune, indipendentemente dal genere che viene chiamato in causa, sia che si tratti di un horror, sia che si tratti, come in questo caso, di un pornazzo vero e proprio. Se poi alla regia c'è quel pazzo scatenato di Noburu Iguchi, autore di perle demenziali come "The Machine Girl" o "Robogeisha" ecco che spunta fuori una roba come questo "Hypertrophy Genitals Girl", assurda commedia a luci rosse con spunti fantascientifici in cui due tenere ragazzine liceali si incontrano una mattina per andare a scuola e assistono ad un incontro ravvicinato di un certo tipo, dove da un disco volante, bruttamente disegnato al computer, fuoriesce uno strano tipo colorato d'argento con un pene sulla testa. Una vera e propria testa di cazzo che stordisce le due e gli regala una bella alterazione delle parti intime. 


Una si sveglia con un pisellone gigante, l'altra con una vagina abnorme ed un clitoride che gli spunta dalla pancia. Seguiamo quindi le vicissitudini delle due ragazzine, entrambe molestate da teppisti ed esposte al dileggio dei passanti. Quella con il pisellone cerca di contenere l'erezione masturbandosi per una mezz'ora buona con il risultato che, oltre al pene, gli si ingrossano a dismisura anche le tette, salvo poi finire nelle mani di una coppia di arrapati con cui fa sesso per un altra mezz'oretta. Nel frattempo l'altra, quella con la vagina gigante, finisce nelle mani di un sordido medico che, unitosi all'alieno testacazzuto, la masturbano con dei vibratori elettrici fino a farla venire in un tripudio di doccia dorata, evidentemente velenosa, dal momento che i due pervertiti muoiono subito dopo. Inevitabile a quel punto il reincontro tra le due giovani, che scopriranno una nuova dimensione (è il caso di dirlo!) del sesso. 
 
Malamente posticci, i genitali abnormi delle ragazze vengono incomprensibilmente oscurati da bande pixellate, nonostante le scene di sesso siano più che esplicite. Probabilmente un espediente per nascondere la rozzezza delle protuberanze, chiaramente di gomma e dichiaratamente trash, nel più puro Iguchi style, dove i dialoghi sono ridotti al minimo e sopperiti da ansimi e gridolini che oscillano tra piacere/dolore. La lunghezza del film è ammorbante, oltre le due ore, più che altro spese nelle scene erotiche lunghissime e imbarazzanti, con eiaculazioni fiume, ciucciamenti e leccate big size che, più dell'eccitamento, provocano ilarità e sopratutto una gran noia.