venerdì 31 maggio 2019

NON APRITE QUELLA PORTA 3


(1990)
 Regia Claudio Fragasso
Cast Peter Hooten, Tara Buckman, Richard Foster

Quando parliamo di sequel apocrifi alla caciottara nazionale, questo di Claudio Fragasso (Clyde Anderson) è forse l’esempio più lampante del “titolo che non c’entra un cazzo con il resto del film ma che torna buono per raccattare qualche spettatore fesso in più”. Almeno Demoni 3 di Umberto Lenzi qualche attinenza, seppur alla lontana con il film di Lamberto Bava ce l’aveva, o almeno i demoni c’entravano qualcosa. Qui addirittura il mostro protagonista non è neppur lontanamente simile a Faccia di Pelle, eroe della storica saga, ma risulta essere una brutta copia mascherata di Freddy Krueger con tanto di guantone di gomma comprato alla rivendita di trucchi carnevaleschi e dotato di micidiali artigli capaci di sfondare corpi umani da parte a parte, peccato che in una scena il mostro colpisce con il guanto un muro rivelando l’essenza gommosa della sua terribile arma. Protagonista del film è un’avvenente signora sulla trentina che viene assalita in casa da questo maniaco che indossa una maschera rassomigliante ad un Krueger strabico. 

Dalla stampa apprendiamo che la poverina sopravvive all’aggressione ma ne rimane profondamente scioccata al punto da non ricordarsi più né il proprio nome né i propri familiari. La vediamo infatti vagare verso la spiaggia con propositi suicidi, propositi che vengono interrotti da un aitante rompiballe che si era messo a fare il vitellone in auto con la nostra eroina, la quale per vendicarsi lo aveva fatto spogliare nudo in una toilette minacciandolo con la pistola. Il vitellone però la rapisce, la lega ad un letto e inizia a farle avanche sessuali. Nel frattempo l’assassino mascherato prosegue la sua escalation di omicidi ai danni di giovani donne. L’intrigo in sé stesso non è male, la sceneggiatura appare ben misurata, riguardo alla recitazione invece abbiamo una buona prova della protagonista Tara Buckman , il vitellone invece, interpretato da Peter Hooten sconfina spesso sopra le righe ma è il maniaco, una volta scoperta l’identità, che affossa completamente la credibilità del film con smorfie allucinanti degne di un venditore di caldarroste sotto anfetamina. 

Per il resto siamo di fronte ad un prodotto medio senza particolari guizzi ma senza neanche particolari cadute nel grossolano e nel trash. Di sicuro uno spettatore che si aspettava un nuovo episodio delle gesta di Leatherface potrebbe anche essersi incazzato un zinzino al cinema. Naturalmente di seghe a motore, nel film neanche l’ombra, di seghe mentale invece possiamo farcene quante ne vogliamo ma non capiremo mai il vantaggio che si possa ottenere perculando il pubblico con titoli farlocchi ed una smodata esterofilia che, in quegli anni, stava già affossando in maniera irreparabile il cinema italiano di genere.  

venerdì 24 maggio 2019

THE NAIL GUN MASSACRE

(1985)
Regia Bill Leslie e Terry Lofton
Cast Rocky Patterson, Ron Queen, Beau Leland

E’ sicuramente apprezzabile, per gli amanti dello slasher, che qualcuno cerchi nuove idee su come trasformare attrezzi da lavoro o elettrodomestici in micidiali armi con le quali lo psicopatico di turno può sfogare le sue turpi passioni su vittime più o meno ignare. Certo sarebbe d’uopo richiedere un minimo di credibilità nell’uso dell’arma stessa. Non è che se prendo in mano uno sbattiuova e cerco di uccidere una donzella a cucchiaiate posso poi pretendere che la gente non rida quando va a vedere il film. Di sicuro è stato questo l’effetto ottenuto dalla sparachiodi assassina ideata da Bill Leslie e Terry Lofton, sfigata coppia di registi alle prime armi (uno sceneggiatore e l’altro direttore della fotografia) che, armati di quattro dollari a testa si sono lanciati nel genere, con effetti disastrosi.

Siamo dalle parti del genere Rape & Revenge dove una giovane violentata da un gruppo di operai edili, viene vendicata da un misterioso quanto ridicolo figuro, vestito in mimetica color caki, con un casco da motociclista tutto rattoppato dal nastro adesivo ed una sparachiodi che sembra un Uzi, dotata di bomboletta compressore sulle spalle. Ma al nostro serial killer non basta presentarsi in maniera così ridicola, ci regala anche una voce amplificata non si sa da cosa e delle risate sguaiate che sembrano state filtrate da un fonico in crisi d’astinenza. L’assassino guida poi un carro funebre coloro Mango e, come se non bastasse, è dotato di una mira terrificante. Le vittime infatti vengono colpite un po alla cazzo, ma sicuramente non in parti vitali eppure muoiono tutte immediatamente (uno addirittura dopo essere stato ferito al braccio) al che è lecito sospettare che gli infernali chiodi contengano un veleno misterioso, ma durante il film non si fa spiegazione del mistero se non per il fatto che le vittime muoiano dissanguate. 

All’improbabilità della vicenda si aggiunge l’inesistenza di una pressoché minima indagine poliziesca, rappresentata verso la fine da un’interminabile telefonata tra il medico del villaggio e un primario dell’ospedale della contea (il film è ambientato in Texas).  Parlare di fotografia sarebbe un azzardo, i dialoghi sembrano realizzati in stato di ipnosi (ma probabilmente è solo droga) e la recitazione sarebbe più convincente se a interpretare il cast ci fosse l’intero canile municipale. Dulcis in fundo la musica di accompagnamento è tutta realizzata con un pianoforte stonato che ogni tanto svicola fuori dalle sette note. Fortunatamente la carriera di Lofton&Leslie terminò dopo questo capolavoro di insensatezza cinematografica il cui insuccesso, per l’appunto, li convinse ad appendere la telecamera al chiodo.  

lunedì 20 maggio 2019

I PREDATORI DELL'ANNO OMEGA

(Warrior of the Lost World, 1983)
Regia David Worth
Cast  Robert Ginty, Persis Khambatta, Donald Pleasence


David Worth è un onesto mestierante cinematografico americano che ha lavorato un po' ovunque, dalla Germania alla Turchia finanche in Italia. Considerato un valido direttore della fotografia, non è certo quello che si dice un regista d’autore, pur avendo sfornato alcuni cult memorabili come Kickboxer- L’ultimo guerriero, il trashissimo Shark Attack 3 -  Megalodon e questo I predatori dell’anno Omega, mirabile esempio italiano di fantascienza postatomica e post pecoreccia girato nell’anno di Orwell con un pout-pourri di costumi e pettinature del peggior periodo anni ottanta. Talmente brutto da essere rifiutato dalle sale, il film fece il giro dei mercati internazionali con il titolo “Warrior of the lost world” per poi capitolare miseramente nel mercato home video. La storia, debitamente ispirata come altri mille titoli simili, alla saga di Mad Max vede un guerriero senza nome sfrecciare per pulitissime strade postatomiche (sembra passato da poco un postatomico camion della nettezza urbana) in sella ad una moto truccata con pannelli di plastica per dargli almeno una parvenza di futurismo. 

Il quadro comandi del veicolo è costituito da una specie di cervello elettronico che sembra un prototipo del Siri con qualche disturbo bipolare in corso dal momento che risponde con frasi sconnesse e versi deliranti (Yuppiiiii! Woopa! Be bop Alulaaaaa!). Il nostro eroe giunge nel bel mezzo di uno scontro tra soldati Omega vestiti con divise riciclate da qualche film sui campi di concentramento ed i soliti straccioni ribelli. Pur non avendo un cazzo di voglia, viene arruolato da una certa Nastasia (interpretata dalla ex Miss India Persis Kambhatta)  per aiutarla a ritrovare il padre, catturato dal feroce Prossor (un Donald Pleasence ormai risucchiato dal cinema postatomico dopo il successo di Escape from New York). Durante la missione i due vengono catturati, assistono all’esecuzione di alcuni prigionieri e riescono a liberare il padre di Nastasia, durante la fuga risulta alquanto assurdo che a) i soldati Omega sparano in continuazione ma non riescono mai a uccidere nessuno e B) i fuggitivi si girano, danno un colpo di mitra e ne fanno fuori un centinaio.

Comunque il guerriero salva il vecchio ma perde Nastasia, che viene catturata e torturata da Prossor nel tentativo di sottometterla alla sua volontà (con l’unico risultato di mostrarci l’immane forza interpretativa di Kambhatta, in grado di fare smorfie ai confini della realtà). Il resto del film è tutta un rincorrersi e spararsi addosso tra ribelli e soldati, inseguimenti tra furgoncini ed elicotteri, duelli all’arma bianca e abbozzi di imbarazzanti mosse di kung fu. Le ambientazioni postatomiche e futuristiche cercano di sfruttare architetture e strutture della più moderna architettura concessa all’epoca, il tutto contrassegnato da un senso del pasticcio che sa di preparato al momento con quello che c’era in casa. Robert Ginty, appena esaurito il suo breve periodo di successo, ottenuto con The Exterminator, divertente scopiazzatura de Il Giustiziere della notte, si trova poco a suo agio in un ruolo dichiaratamente alimentare. Non manca nel cast il buon Fred Williamson, il cui periodo italiano lo vedrà partecipe di titoli di punta nel panorama post-nuke italiano.
 

venerdì 10 maggio 2019

REVOLT OF THE ZOMBIES

(1936)
Regia Victor Halperin
Cast Dorothy Stone, Dean Jagger, Roy D'Arcy 

Dopo il successo ottenuto dal piccolo classico White Zombie del 1932, il regista Victor Halperin ritorna sullo stesso tema quattro anni dopo con questo piccolo gioiellino dell'epoca d'oro, praticamente misconosciuto. Siamo in Cambogia, durante la prima guerra mondiale gli ufficiali americani sono interessati alle strane dicerie che provengono dal fronte, riguardanti un drappello di soldati cambogiani invincibili. Attraverso un rito arcano di un monaco è infatti possibile traformare gli esseri umani in zombi indistruttibili. 

Ma il monaco viene assassinato dal malvagio Conte Colonnello Mazovia (Roy D'Arcy) che s'impossessa della magica pergamena con cui compiere il rito. Tuttavia il satanico nobile non sa come usarla, lo scoprirà invece il giovane chimico Armand (Dean Jagger) che seguendo un misterioso orientale nel folto della giungla verrà a contatto con un tempio in cui strane incisioni si riveleranno essere delle formule per creare un gas in grado di annullare la volontà umana e rendere le persone succubi del potere di chi le comanda.

Il colonnello Mazovia cerca di impossessarsi della formula ma Armand ha già creato il suo primo zombi con cui si libera dell'odioso nobile e comincia a formarsi il suo personale esercito di schiavi. Sarà l'amore per Claire (Dorothy Stone) a farlo recedere dai suoi folli propositi anche se dovrà pagare con la vita questo suo folle progetto. Da segnalare l'apparizione (non accreditata) dello sguardo magnetico di Bela Lugosi nelle scene in sovraimpressione per mostrare il potere mentale di Armand sul suo esercito zombesco.

domenica 5 maggio 2019

KILLER TONGUE - LA LENGUA ASESINA

(1996)
Regia Alberto Sciamma
Cast  Melinda Clarke, Jason Durr, Mapi Galán


Classe 1961, Catalano di nascita, Alberto Sciamma è un regista di cui non sentirete mai parlare se non per questo oscuro trash movie degli anni novanta che non ha avuto neanche la fortuna di riciclarsi in un cult movie. Non c'è davvero di che annoiarsi in questa trama di ambientazione desertica che non sfigurerebbe nel catalogo della Troma, con una coppia stile Bonnie & Clyde che frega il danaro a un ciccione facoltoso, lui finisce ai lavori forzati e viene vessato da uno psicopaticissimo Robert Endlund in uniforme (spassosissimo peraltro in questo ruolo) e lei in uno strano convento di suore che diventa un autolavaggio all'acqua santa. Tra le tante cose che accadono successivamente c'è anche l'arrivo di un meteorite di cui un pezzo di stacca e finisce nella zuppa della nostra criminale chiamata Candy. La zuppa gli va di traverso e infatti si sveglia vestita con una tuta in lattice nero, un'assurda coda che sembra più un giocattolino erotico che altro e sembra la sorella sfigata di Michael Jackson. 

La cosa peggiore è che si ritrova circondata da una banda di travestiti in una casupola nel deserto con una lunghissima lingua penzolante dotata di vita propria, in grado di parlare, di fare progetti matrimoniali con la nostra protagonista ma sopratutto dotata di un forte appetito cannibalesco nei confronti degli esseri umani. A questo si aggiunge anche uno strano monolito rossastro che fa esplodere chiunque ne venga in contatto. Una serie di assurdi personaggi contorna una storia che più bislacca non si può, dove il kitsch più atroce si mescola ad un coloratissimo camp che passa disinvolto da John Waters a Russ Meyer  con suore scosciate, crani e corpi che esplodono e un ritmo frenetico e allucinogeno tipico di un certo cinema indipendente spagnolo, sopratutto a partire dagli anni novanta, cinema che vedrà spiccare il volo al più fortunato Alex de La Iglesia.

Nonostante l'ambientazione americana, il film è girato dalle parti di Barcellona con un cast internazionale in cui spicca la splendida protagonista Melinda Clarke, Doug Bradley (il Pinhead di Hellraiser) ed il già citato Robert Endlund, gli effetti speciali, più spassosi che notevoli hanno comunque portato a casa due premi nei festival internazionali (tra cui Sitges e il nostro Fantafestival), purtroppo tutto ciò non ha permesso al povero Sciamma di spiccare il volo. La buona volontà non mancava, il budget era più che discreto e la storia  è una di quelle che oggi porterebbe a casa un considerevole stuolo di fans. Forse il film era troppo avanti rispetto ai suoi anni o forse gli eccessi qui rappresentati erano veramente troppi, più verosimilmente il dramma della Lengua Asesina era la rozzaggine del prodotto finito che non ha portato sicuramente giovamento alla carriera del povero Sciamma.