(Id. 2013)
Regia Jacob Vaughan
"Un condensato di tutto
l'horror anni ottanta" - si potrebbe riassumere così questa pellicola
dell'esordiente Jacob Vaughan se non fosse che, dietro l'operazione nostalgia e
l'apparente ironia che ne permea le atmosfere trash, si cela una profonda
riflessione sulla condizione umana del nuovo millennio. Condizione dominata
totalmente dallo stress psicofisico che, al pari del sonno della ragione,
genera mostri. E nel caso del protagonista, il broker finanziario Duncan,
divorato da un lavoro snervante, ossessionato dalla paura di assumersi
responsabilità familiari, castrato psicologicamente da una madre troppo
intraprendente, lo stress genera una creatura mostruosa, sorta di feto mutante
dalle suggestioni henenlotteriane, che fuoriesce dall'ano e divora la causa
umana del problema.
Il povero Duncan non esita a rivolgersi allo psichiatra new
age Peter Stormare per scoprire che, nel fondo delle sue ansie, si rivela una
forte carenza paterna. Ma non tutto si rivelerà essere generato dalla mancanza
del padre, strafottente e iperdrogato hippie di mezza età. Esiste una causa
genetica ben precisa che Duncan non tarderà a scoprire con sommo terrore.
Permeato da una comicità sottile che rifugge da facili battute ma si mantiene
sulla strada che il buon vecchio John Waters ha tracciato in passato, Bad Milo
ricorda molto da vicino le produzioni di Charles Band e della Full Moon,
tuttavia la scelta retrò di Vaughan risulta invece solo estetica dal momento
che le tematiche, come detto sopra, sono attualissime.
Impossibile non pensare
anche a Larry Cohen e al suo "It's Alive" nella sequenza che illustra
in soggettiva la colonscopia ( e chi l'ha provata sentirà un fremito di
terrore!) ma anche al trash caciarone ed eccentrico della Troma, fatto di
spruzzate di merda, evirazioni a morsi, stanze di tortura nascoste (Forse riferimento
ironico alla triste saga letteraria di 50 sfumature di grigio?) e parti fecali
estremamente dolorosi. Il povero Milo
poi passa da atteggiamenti di tenerezza ad alterna ferocia zannuta e diventa
una specie di E.T. horror (pure somigliante alla creatura di Rambaldi) che
smuove stomaco, intestino e risate grossolane senza mai perdere di vista
l'insieme narrativo, che nei suoi ottanta minuti, riesce a farci sorridere e ad
intrattenerci con trovate simpatiche. Magari non si griderà al capolavoro ma
chi soffre di intestino irritabile troverà uno o più punti di empatia con il
povero protagonista.
Un filmaccio, mi ha fatto ridere in alcuni momenti, è grossolano... insomma, mi è rimasto simpatico!
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