Regia Alan Birkinshaw
Cast Stuart Whitman, Edmund Purdom, Laura Gemser
Già dal titolo potremmo farci
delle domande del tipo "Perché Horror??" dal momento che si tratta di
un film di avventura con qualche risvolto thriller? La risposta in questo caso
è semplice, per accorpare questa ciofeca italiana al filone cannibal anche se
di cannibalistico non ha assolutamente nulla. Giusto qualche tagliatore di
testa nella parte iniziale dove vediamo alcuni soldati giapponesi della Seconda
Guerra Mondiale che s'infrattano nella giungla filippina per nascondere delle
casse piene d'oro e vengono assaliti dai selvaggi. Nello scontro il regista
neozelandese Alan Birkinshaw ci offre qualche scena splatter ma l'orrore che si
vorrebbe nel titolo viene qui mitigato dal ridicolo, sopratutto nelle urla dei
selvaggi mutilati che sembrano frignare come neonati (leggasi "doppiaggio
fatto alla cazzo").
All'assalto sopravvivono giusto i tre ufficiali
giapponesi responsabili dell'occultamento, i quali giurano di non tornare più
in quel luogo ma siccome sono "giuramenti di Pinocchio", uno viene
ucciso dal faccendiere Edmund Purdom per appropriarsi della mappa, un altro si
fa karakiri (in una sequenza molto dettagliata e sopratutto lentissima). Il
terzo, uno brutto ciccione idiota che non fa altro che ridere tutto il tempo,
invece si accorda per il 25% e la caccia all'uomo può iniziare. Al gruppo si aggrega
anche un ricco faccendiere, la figlia bonazza e il servo nero e ovviamente il
bell'avventuriero dai sani principi, solo che in questo caso l'eroe viene
interpretato da uno Stuart Withman ormai in piena decadenza, il quale di bello
non ha assolutamente nulla ma sopratutto sembra mio nonno e fa un certo effetto
vederlo limonare con la biondazza carina (Sembra una scena di Lolita). A loro
si aggiungono un filippino e la moglie interpretata da Laura Gemser che seppur
ancora in forma, mostra già i primi segni dell'invecchiamento, a quel punto ci
si chiede se era proprio necessario mostrarcela nuda nell'imbarazzante scena
del laghetto con cascata dove ci espone due chiappe in evidente inizio
cellulitico, pallido ricordo della dea esotica che fu.
La scena poi si commenta
da sola, la vediamo infatti nuotare placidamente finché ad un tratto... Pam!
Inizia ad agitarsi in ralenty nell'acqua e senza alcun motivo muore. Altra
morte imbarazzante e quella della guida indigena che va al fiume a sciacquare
una tazza. Si avvicina un coccodrillo, apre la bozza in ralenty e Pam!
Spariscono tutti, sia la guida che Purdom impegnato lì di fianco a farsi la
barba. Il resto del film ricalca poi la trama di "10 piccoli indiani"
ma con una sciatteria e lentezza tale da lasciare basiti, il nero casca da un
ponte mentre cerca di aiutare il ciccione giapponese, il filippino viene morso
da un serpente e gli casca la tenda addosso, arriviamo poi al duello finale con
l'inevitabile cattivo che cerca di prendersi l'oro tutto per sé, anche qui il
ralenty arriva da dietro le spalle cercando di mascherare goffamente il nulla,
elemento quest'ultimo, preponderante in questa pellicola, nata e cresciuta
malamente per sfruttare il periodo in cui il cinema italiano si era spostato
nelle foreste equatoriali.
questo ricordo di averlo visto quando ero innamorato di Laura Gemser. Beh, sono ancora innamorato di Laura Gemser. Ma non l'avevo digerito neppure all'epoca :)
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