lunedì 27 febbraio 2012

YETI IL GIGANTE DEL XX SECOLO

(Id. 1977)

Sembra incredibile che un film dove la prima scena prevede un blocco di ghiaccio da cui sporgono due enormi piedoni pelosi possa essere stato, a suo tempo, un grosso successo commerciale. Miracoli degli anni settanta dove il cinema di genere italiano invadeva le sale con sommo gaudio degli amanti del trash, a cui la pellicola di Gianfranco Parolini appartiene di diritto. Nato sulla scia del successo di King Kong di John Guillermin, questo "Yeti" rappresenta il punto di non ritorno del cinema catastrofico, basti pensare che il mostro in questione porta il volto dell'attore Mimmo Crao (che giustamente preferiva lavorare in televisione) peloso tenerone eunuco ingigantito con pessimi effetti di sovrimpressione in cui risulta spesso quasi trasparente fino addirittura a scomparire in alcuni frame dove, evidentemente, non è stato applicato correttamente il suo contorno sforbiciato alla cazzo di cane.
E' parlando di cani che dire poi di Indio? Il collie cagaminchia che inizia ad abbaiare nei primi dieci minuti e finisce accoltellato da un criminale, salvo poi resuscitare per il finale strappalacrime che però non c'entra una sega con il resto! La trama ve la risparmio, basti pensare che il mostro scongelato non fa altro che star dietro a due ragazzini, in particolare alla giovane Antonella Interlenghi a cui arriva (che schifo!) a pettinarle i capelli con una lisca di pesce smangiucchiato. Il Trash poi si eleva alla massima potenza quando sentiamo la bestia strillare come una gallina impazzita, scendere da un grattacielo sfondando una ad una le finestre con la bambolina di uno dei due ragazzini in mano.  
 C'è da dire però che il buon Mimmuzzo se la cava bene a livello di espressività e riesce quasi ad intenerire con le sue espressioni tra il perplesso e il corrucciato, di certo se l'intento era quello di generare terrore fallisce miseramente. Del resto siamo di fronte a un film costruito ad uso e consumo di un pubblico di ragazzini, e infatti andò benissimo nelle sale; questo nonostante la povertà degli effetti speciali, la mancanza totale di una fotografia degna di quel nome e la melensaggine generale che fa gridare vendetta. Guardandolo oggi sembra un  progetto costruito a tavolino per cultori di cinema spazzatura, degno collega di capolavori scult come "La Croce dalle Sette Pietre" o "Il bosco 1".

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