venerdì 24 ottobre 2025

BAKTERION (1982)

Regia Tonino Ricci 

Cast David Warbeck, Janet Agren, Roberto Ricci 

Parla di “professorone colpito da virus si trasforma in mostro vampiro mentre la sua faccia diventa una maschera gommosa senza fori per far passare l’aria” 

Potremmo intitolarlo “Il mostro dell’enfisema” questo sgangherato fanta-horror del buon Tonino Ricci. Regista che, a partire dagli anni 80 si trova costretto a girare una serie di B-movie fantascientifici tra cui perle come “Bermude – la fossa maledetta” o “Incontro con gli Umanoidi” prima di cimentarsi con questo Bakterion, film bislacco, certo, ma non privo di fascino. Siamo in una cittadina immaginaria inglese, dove lo scienziato professor Adams (Roberto Ricci) sperimenta su di sé un virus che lo rende mostruoso, aggressivo, contagioso, cannibale e anche vampiro (tiè).

Mentre La bella assistente Janet Agren, con il suo granitico mascellone, cerca di trovare un antidoto, il poliziotto David Warbeck scatena una caccia grossa al mostro, anche perché il tempo stringe, dal momento che i cattivoni del governo, senza neanche cercare soluzioni alternative, minacciano di dirottare un aereo militare sulla cittadina, carico di gas nervino, tanto per disintegrare l’intera popolazione e non pensarci più. A soluzioni frettolose corrispondono risoluzioni altrettanto frettolose (come vedremo nel finale), nel mentre possiamo goderci qualche buon momento di efferatezza, in primis nei confronti delle solite coppiette che si appartano nei luoghi più squallidi, tra cui un cinemino dove si proietta un inseguimento automobilistico accompagnato da un motivetto assurdo che sembra più adatto alle sagre di paese. Qualche smembramento qua e là, tra cui quello di un prete che, eroicamente riesce però a salvate un gruppo di bambini e quello nei confronti del sindaco, effettuato davanti alla sua famiglia, della quale, per il resto del film non sapremo mai cosa gli è successo. 


Per il resto il mostruoso dottor Adams si ricorda soprattutto per il suo rantolo polmonare persistente per tutto il film, forse causato dalla mancanza di fori per la respirazione nella bulbosa (e gommosa) maschera pulsante che, nei primi piani finali, ci si rivela finalmente in tutto il suo splendore weirdo, arricchita da un paio di denti storti coi quali non si capisce come il mostro possa sbranare le sue vittime e succhiargli il sangue, e uno sguardo che dimostra, senza ombra di dubbio, quanto attori e regista debbano credere in questo progetto. La colonna sonora passa da commenti musicali di stampo classico fino a esplosioni progressive in stile Goblin. La coproduzione è italo spagnola come dimostra il cast ricco anche di attori iberici. 

venerdì 10 ottobre 2025

WOO-DOO WOMAN (1957)

Regia Edward L. Cahn 

Cast Marla English, Tom Conway, Mike Connors 

Parla di “scienziato folle nella giungla trasforma indigena in un mostro a scaglie ma per scatenarne la volontà omicida è costretto a cambiare donna”  

Ad un anno di distanza dal grande successo di The She-Creature, il produttore Alex Gordon, insieme all’inseparabile Samuel Z. Arkoff, decise di ritentare il colpaccio, e siccome squadra che vince non si cambia, ecco che Woodoo Woman rimette in sella il regista Edward L. Cahn (che firmò successivamente il B-movie ispiratore di Alien, Il Mostro dell’Astronave) e i due protagonisti del precedente lungometraggio, ovvero Marla English (che, casualmente, abbandonò la carriera di attrice proprio dopo questo film) e Tom Conway già protagonista di due classiconi come “Il Bacio della Pantera” e “Ho camminato con uno zombie”. 

Non solo, per risparmiare Gordon decide di riciclare il costume a scaglie della creatura, cambiando solo la maschera sulla testa. Insomma tutto fa credere ad un disastro annunciato, tuttavia la sceneggiatura di Russell Bender e V.I. Voss (anche autori del soggetto) riesce a rendere tutto sommato il film gradevole. La trama si dipana su due fronti, da una parte c’è Marylin Blanchard (Marla English), una donna spregiudicata che vive di espedienti in un bar ai margini della Giungla insieme al suo compare Rick (Lance Fuller) e non esita ad uccidere per i suoi scopi. Dall’altra c’è il mad doctor di turno, il dottor Gerard (Tom Conway) che fa esperimenti insieme al capo degli indigeni, mescolando scienza e magia del Woo Doo per creare una sorta di creatura invincibile e tiene segregata in casa la moglie Susan (Mary Ellen Kay). All’inizio ci prova con un’indigena, che si trasforma in questa cosa ributtante che ruggisce come un leone, veste questa specie di tutona a scaglie ed ha una specie di maschera da zombie scheletrico, una mise talmente ridicola che anche un regista scafato come Cahn cerca di tenere nascosta il più possibile tra le finte foglie di una finta foresta. 

Le due storie si incrociano quando Rick e Marylin si addentrano nella giungla insieme alla guida Ted (Mike Connors) per cercare l’oro degli indigeni e il dottor Gerard si rende conto che l’indigena mostro non ha la giusta volontà di uccidere, volontà che invece riscontra in Marylin, candidata ideale per diventare il mostro assassino a cui il folle professore ambiva.  A parte certi momenti imbarazzanti (vedi la misera fine del personaggio interpretato dalla English) il film è discretamente godibile, per di più non si accontenta del solito Happy End ma, inaspettatamente (siamo negli anni cinquanta ricordiamocelo!) ci regala un finale aperto quanto beffardo che ci rimette in pace con la qualità davvero effimera di quest’ennesimo, adorabile, B-movie. 


venerdì 3 ottobre 2025

VAMPIRELLA (1996)

Regia Jim Wynorski 

Cast Talisa Soto, Roger Daltrey, Brian Bloom 

Parla di “aliena vampira in costume troppo largo cerca vendetta contro vampiro canterino” 

Trasposizione direct to video del celebre fumetto sexy horror creato da Forest J. Ackerman, il film diretto dal mestierante Jim Wynorski (autore però del cult Supermarket horror e successivamente relegato alle produzioni di serie zeta) è la riprova di quanto male abbiano fatto gli anni novanta ai cinecomics. Non bastava l’orrendo Capitan America del 1990 di Albert Pyun o il ridicolo The Fantastic Four (1994) di Oley Sassone, le produzioni a basso budget ci riprovano con la sexy vampira proveniente dal Pianeta Drakulon ingaggiando Talisa Soto, che nel 1989 aveva partecipato a 007 Vendetta Privata e successivamente nei primi due film della saga di Mortal Kombat. 

Ma l’errore più grande della produzione fu il perverso tentativo di lanciare come nuovo Villain in pellicola, nientemeno che il cantante dei The Who, Roger Daltrey qui nei panni del feroce Vlad, vampiro alieno trasferitosi sulla Terra dopo aver ucciso il padre di Vampirella. Il cantante, infatti, si presenta sin dalle prime immagini con delle smorfie grottesche, al limite della parodia di un vampiro, digrignando in continuazione i dentacci e alzando le mani nel tentativo di scimiottare Bela Lugosi. Persino la Soto non è che ci faccia una gran figura, colpa del ridicolo costume rosso in latex, probabilmente troppo largo per il suo esile corpicino, che ne rende ridicoli i movimenti. Non dimentichiamoci poi degli effetti speciali veramente terrificanti anche per l’epoca, come la trasformazione animata in pipistrello che sembra una macchia nera svolazzante.Pensare che il film sia stato sceneggiato dallo stesso Ackerman in collaborazione nientemeno con il celebre illustratore Frank Frazetta, rende quanto meno sconvolgente che il risultato finale sia così povero e piatto. 

Anche l’elemento sessuale, così prorompente nel fumetto originale, viene qui relegato a un paio di tette dalla bionda playmate Corinna Harney qui nella parte di Sallah, compagna del terribile (soprattutto quando indossa un finto codino colorato!!!) Vlad. Se si soprassiede comunque su quanto abbiamo detto, sulla recitazione marmorea del cast, sui dialoghi aberranti e sulle scene d’azione goffe e penose, per il resto il film può anche essere visto in una serata in cui non avete altre alternative che il suicidio. Si segnala il (micro) cameo di Angus Schrimm (il tall-man della saga Phantasm) e soprattutto John Landis nella parte di un astronauta idiota ma spassoso.   

venerdì 5 settembre 2025

THE CREEPS (1997)

Regia Charles Band 

Cast Bill Moynihan, Rhonda Griffin, Phil Fondacaro 

Parla di “scienziato pazzo riporta in vita i mostri dell’Universal ma l’esperimento si interrompe a metà e questi vengono fuori trasformati in nanetti” 

Non tutti i brutti film vengono per nuocere, e non tutti i brutti film sono veramente brutti. Ce lo insegna Charles Band che con questo The Creeps, nella sua povertà di confezione (come del resto tutte le produzioni della Full Moon e in particolare quelle dagli anni novanta in poi) ci regala una commediola horror tanto modesta quanto deliziosa con almeno una trovata geniale, ovvero quella di trasformare i classici mostri della Universal (Dracula, Frankenstein, la mummia e l’uomo lupo) in nanetti! Non ci è dato di capire se nelle intenzioni di Band ci fosse una velata critica nei confronti della Major Cinematografica ma il risultato è assolutamente originale. 

Tutto inizia con un certo Dottor Berber (Bill Moynihan) che trafuga il manoscritto originale di Frankenstein di Mary Shelley da una biblioteca di rarità. La commessa Anna (Rhonda Griffin), per non perdere il lavoro, assolda il detective privato David (Justin Lauer) che divide la sua professione investigativa con quella di noleggiatore di VHS (che tra i film citati, omaggia ovviamente anche qualche titolaccio della Full Moon tipo “Hideous”). Intanto Berber torna nella biblioteca, stavolta per il Dracula di Bram Stoker, e già che c’è rapisce anche Anna per usarla come sacrificio umano. Lo scopo è dare vita agli archetipi leggendari attraverso un portale del multiverso o roba simile. Purtroppo l’esperimento si interrompe a metà con la fuga della ragazza e i mostri, riportati in vita, sono alti la metà del normale. Delle quattro creature nane (come ovviamente lo sono anche gli attori che le interpretano) segnaliamo il bravo Phil Fondacaro, colonna portante dei film di Charles Band, che ci regala l’interpretazione di un Dracula nano veramente efficace, con uno sguardo iniettato di sangue ed un portamento nobile d’eccezione.

Delle quattro creature nane (come ovviamente lo sono anche gli attori che le interpretano) segnaliamo il bravo Phil Fondacaro, colonna portante dei film di Charles Band, che ci regala l’interpretazione di un Dracula nano veramente efficace, con uno sguardo iniettato di sangue ed un portamento nobile d’eccezione. Purtroppo, a parte l’idea di fondo che merita, in ogni caso, tutta la nostra attenzione, il resto del film è ben poca cosa, contraddistinto da uno humor di bassa lega che non fa ridere neanche per sbaglio e una grande profusione di effetti visivi poverissimi sui quali campeggia incontrastato (per bruttezza) il portale del multiverso, più simile alla Ruota della Fortuna di qualche gioco a premi televisivo. In ogni caso, complice anche una durata decisamente esigua, il film intrattiene il giusto e merita una visione, non fosse altro che per vedere una mummia nana che cammina tra i corridoi scuri della biblioteca con il suo caratteristico passo strisciato. 

venerdì 29 agosto 2025

SOMETHING WEIRD (1967)

Regia Hershell Gordon Lewis 

Cast Tony McCabe, Elizabeth Lee, Mudite Arums 

Parla di “veggente sfregiato incontra Strega che gli ridà la bellezza in cambio di amore per poi indagare, sotto effetto dell’acido, sulle gesta di un misterioso serial killer” 

Buffo come il film meno “weird” di Hershell Gordon Lewis abbia proprio questa parola nel titolo, titolo che ha poi ispirato la nota casa distributrice di filmacci di serie Zeta et similia in America (La Something Weird Video). Uscito successivamente a The Gruesome Twosome ma nello stesso anno, Something Weird vede il padrino del gore abbandonare budella di manzo e lingue di pecora a favore di una trama più articolata, che mescola paranormale, stregoneria, psichedelia e thriller, il tutto contraddistinto dalla solita povertà di mezzi che ogni film del buon Lewis deve sopportare. Dopo titoli di testa inquietanti dove vediamo un omicidio attraverso l’inquadratura delle gambe del serial killer che strozza una tizia in minigonna, il film si accentra sul protagonista Mitchell (Tony McCabe) il quale, mezzo folgorato e sfregiato da un cavo dell’alta tensione, si sveglia in ospedale con il dono della preveggenza con cui, successivamente, cerca di sbarcare il lunario, coperto da un fazzoletto sul viso per nascondere il volto deturpato. 

Un brutto giorno viene a trovarlo una vecchia pustolosa (o almeno l’attrice Mudite Arums che si presenta con il solo volto truccato dando l’effetto di una vecchia con il corpo di una quarantenne) che gli propone un patto: Mitch riavrà la sua bella faccia ma in cambio amerà solo lei, ovviamente trasformata nell’avvenente Ellen Parker (Elizabeth Lee). Con questi presupposti Mitch viene incaricato dalla polizia di scoprire l’identità di un serial killer che ha già ucciso sette ragazze (di cui una con un lanciafiamme o qualcosa di molto simile). Nel frattempo la popolarità del veggente cresce al punto da presiedere una seduta spiritica dove Lewis si scatena in una sorta di effetto di levitazione creato in sovrimpressione con risultati piuttosto discutibili (l’immagine di Mitch viene praticamente proiettata sul muro e viene sollevato alzando probabilmente il proiettore stesso). Il punto migliore del film resta comunque l’incontro con uno spettro di donna che imperversa in una chiesa chiedendo solo un contatto umano (siamo di fronte ad un H.G. Lewis estremamente poetico!). 

Per aumentare la sua percezione extrasensoriale Mitch assume dell’LSD e in un tripudio di immagini virate al rosso e caleidoscopizzate, scopre l’identità dell’assassino. Trucchi ed effetti a parte (già questi raffazzonatissimi), anche le ambientazioni risultano poverissime (l’ufficio della Polizia sembra un box tirato a rustico) per non parlare poi di momenti di altissimo trash come lo sfiancante inseguimento finale e i colpi di pistola realizzato con l’effetto sonoro di un tappo che salta. Il finale comunque rimane beffardo e cattivello al punto giusto e, cosa non meno importante, qui Lewis dimostra anche una certa vena anarcoide e anticomformista in quella che, a tutti gli effetti, è una critica alla società dell’immagine ormai radicata sul suolo americano e oltre. 

venerdì 1 agosto 2025

UNA SECONDINA IN UN CARCERE FEMMINILE

(Frauengefang, 1975) 

Regia Jess Franco 

Cast Lina Romay, Martine Stedil, Roger Darton 

Parla di “giovanotta ammazza fidanzato rapinatore e finisce in carcere duro dove tutti cercano di strapparle il segreto del nascondiglio di preziosi diamanti trafugati” 

L’accoppiata Jesus Franco/Lina Romay colpisce ancora, tanto per cambiare con l’ennesimo Woman in Prison (per gli amici dell’acronimo: WIP) che tanto piacevano al maestro spagnolo e che, ovviamente, tanto piacevano anche ad un certo tipo di pubblico, decisamente di bocca buona. Tutto inizia con una rapina, tre loschi individui con anonime maschere bianche, fuggono con una valigetta, due vengono uccisi dal complice ma questi quando scopre che la valigetta è vuota, viene colpito a sua volta dalla fidanzata Shirley (Lina Romay), a bruciapelo. Subito dopo Shirley chiama la polizia e si costituisce, asserendo di averlo ammazzato per gelosia. 

Viene quindi relegata in un carcere femminile (e dove se no?) che, agli occhi del mondo, dovrebbe essere un modello virtuoso di penitenziario (a sentire la voce narrante quasi un centro vacanze) ma che sotto sotto nasconde turpi segreti. Il direttore, che sembra un giovialone, in realtà è un sadico che frusta a sangue le prigioniere ed arriva a mettere dei cavi elettrici nella vagina di Shirley per aver nascosto un biglietto segreto. Una cosa è certa, tutti vogliono sapere che fine hanno fatto i diamanti, ritenendo che Shirley ne sappia qualcosa. Accompagnato da una musichetta talmente stucchevole da rasentare l’incubo (opera di David White) rosa di qualsiasi porno, il film procede piuttosto svogliatamente, soprattutto nel segno dell’eros, elemento che di solito è molto preponderante nel genere. 

Qui ci si limita a qualche zoomata sul pelo pubico delle carcerate, che ovviamente dormono tutte nude per il caldo, non manca qualche accenno saffico (arricchito da integrazioni più spinte dove compare un misterioso sedere dotato di immondo brufolone nerastro!) con la bellissima Martine Stedil che verrà strangolata subito dopo dalla stessa Romay. Successivamente compare anche Tio Jess in completo azzurro e pistola in mano nei panni di un cattivissimo sicario che ammazza il direttore, non senza prima avergli fatto un pippone idealista contro il finto perbenismo di facciata. Finale da cartolina illustrata con lunghe inquadrature paesaggistiche che non servono a null’altro se non a riempire il vuoto di un minutaggio già esile. La Romay mostra tette e culo come se non ci fosse un domani ma se non altro Franco aggiunge all’estetica del film un tocco di raffinatezza, rispetto, infatti alle solite divise dei classici W.I.P. qui le prigioniere portano delle zeppolone giganti, improbabile vestiario in qualsiasi carcere femminile. 

venerdì 18 luglio 2025

THE PANTHER SQUAD (1984)

Regia Peter Knight (Pierre Chevalier) 

Cast Sybil Danning, Jack Taylor, Karin Shubert 

Parla di “terroristi eco spaziali rapiscono astronauta ma interviene squadra di cavallone per salvare capra e cavoli” 

Va bene che Sybil Danning non è mai stata attrice in film di spessore (anche se ha lavorato con Klaus Kinski ne “La notte dei Falchi” ed ha spesso intrecciato la sua strada con il cinema di genere italiano degli anni settanta) ma giungere addirittura a produrre questa action/schifezza di matrice belga, rasenta il pedice di una carriera tutto sommato dignitosa, almeno fino a qui (due anni dopo parteciperà a quell’altra schifezza simil-horror di Fred Olen Ray intitolata La Tomba). 

Prodotto realizzato esclusivamente per il mercato Home Video, da posizionare ad un passo dal reparto pornografico nonostante non vi siano scene di nudo, il film parte con una sorta di distopia sociale dove una “Jeep” spaziale viene intercettata da un gruppo terroristico chiamato Clean Space che ha lo scopo di combattere l’inquinamento spaziale. Questo primo, delirante, scenario viene narrato con un alternarsi incomprensibile di sequenze dove vediamo uno speaker televisivo che racconta tutto. Poi c’è un goffo rapimento di un’astronauta che viene prima intercettata da due falsi membri del NO.ON (che è una specie di successore dell’ONU) e poi rapita da due finti barellieri di una ancor più finta ambulanza. A questo punto entra in scena la Danning tutta vestita con borchie e pantaloncini di pelle nera a menare finti calci e finte mosse di Karate in un bar dove le comparse sono quattro scappati di casa messi lì a casaccio a fingere di fare le comparse. Coadiuvata dal mascellone Jack Taylor che passa il tempo ad alcolizzarsi, la Danning (che nel film si chiama Ilona, vabbè!) introduce un gruppo di stangone in minigonna pronte a sparare e combattere anche se la prima cosa che fanno è buttarsi in piscina non appena arrivate, tanto per mostrare un po' di carnazza in costume. 

Il resto del film sono scontri a fuoco dove muoiono solo i cattivi e dove si scopre che non c’è manco un cane di attore che sappia tenere in mano una pistola, un elicottero abbattuto con un unico proiettile, inseguimenti in moto e un assurdo cattivo che sembra un dittatore sudamericano dalla recitazione che, dire fuori dalle righe, è ancora un complimento. Per fortuna la Danning ha una pistola laser con cui fa fuori tutti all’ultimo e dato che, nella jeep disintegrata c’era anche l’astronauta rapita, mi chiedo come, nella successiva sequenza, questa possa essere partita per lo spazio al salvataggio dell’astronave bloccata tra le stelle. Boh! Comunque il film rasenta l’amatorialità più gretta e fa tristezza veder coinvolta in questo circo dell’imbarazzo, anche una Karin Shubert decisamente ormai sul viale del tramonto. Dirige un sordido Pierre Chevalier, giustamente sotto lo pseudonimo di Peter Knight.