Regia Rafael Portillo
Cast Ramon Gay, Rosita Arenas, Luis Aceves Castañeda
Parla di “scienziato criminale vuole recuperare monili aztechi maledetti ma la mummia guardiana non ci sta e lo ciabatta a morte”

Confortati dal buon successo ottenuto con La Momia Azteca (1957) il produttore Guillermo Calderon e lo sceneggiatore Alfredo Salazar decidono di mettere in piedi in quattro e quattr’otto, un sequel che riprende le gesta della mummia azteca Popoca, esattamente dal punto in cui finiscono le vicende del primo film. Coadiuvati dallo stesso regista Rafael Portillo e dagli stessi personaggi del cast precedente (escluso il Dottor Sepulveda ovvero l’attore Jorge Mondragon, che muore alla fine del primo capitolo) gli autori recuperano le gesta del Murcielago ovvero il cattivissimo Dottor Krupp, malamente arrestato dalla polizia ed escluso piuttosto sbrigativamente dal gran finale. Il pipistrello viene quindi liberato dai suoi scagnozzi dopo una sparatoria assurda in cui i gangster sparano ma dalle armi non esce neanche del fumo e l’unica cosa che ci permette di immedesimarci dello scontro a fuoco con le guardie, sono le braccia dei banditi che simulano il tremore della mitragliatrice ed una serie di effetti sonori piuttosto dozzinali. Siccome poi in Messico sembra che, a quei tempi, non poteva uscire un film senza un lottatore mascherato come protagonista, ecco spuntare l’Angelo, un misterioso supereroe con la maschera del Luchador e una vistosa tutina argentata. L’eroe giunge sul luogo dello scontro con una decappottabile e mena i banditi colpendoli di spalle, ma viene messo fuori combattimento, permettendo la fuga del Murcielago.

A questo punto il regista, che deve allungare la seppur breve durata del film, ci piazza un lungo riassunto del precedente esperimento ipnotico ai danni della povera Flor (Rosa Arenas) che rivive ancora una volta, l’antico sacrificio al Dio Tezkatlipoka, poi riprende il girato del primo film e riesce così a riempire la prima mezz’ora. Nella successiva mezz’ora, dobbiamo ammettere che non ci si annoia, ci sono scazzottate, un andirivieri di personaggi che entrano ed escono dal covo misterioso del Dottor Krupp, il quale, a furia di dare l’indirizzo a destra e a manca, lo rende famoso in tutto il Messico. Dal canto suo l’Angelo entra ed esce di scena, prendendo sempre un sacco di botte e finendo persino nella stanza della morte dove una botola, sotto ai suoi piedi, rivela serpenti e ragni velenosi. In tutto questo la povera mummia del titolo appare per pochissimi minuti scarsi, dove ciabatta in giro per boschi e strade alla ricerca del pettorale e del bracciale azteco ai quali è stata messa di guardia per tutta l’eternità. Stavolta però il mostro salva capra e cavoli, sconfigge il Murcielago (che ritornerà nel terzo capitolo), recupera i monili e se va in giro pel bosco, accompagnato dal solito pippotto moralistico del bene che sconfigge sempre il male.
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