martedì 13 agosto 2019

MONSTER FROM THE OCEAN FLOOR

(1954)

Regia Wyott Ordung

Cast Wyott Ordung, Anne Kimbell, Dick Pinner

E’ risaputo che il genio produttivo di Roger Corman è sempre stato quello di cavar sangue dalle rape, ma nel caso di questo pseudo monster movie caraibico ha veramente superato sé stesso. Con un budget ai limiti del ridicolo di 28.000 dollari (ma il film incassò almeno 10 volte tanto) e un’oretta scarsa di pellicola, il nostro, qui alla sua prima volta in veste di solo produttore, ci sforna un gioiellino che dire imbarazzante è quasi fargli un complimento. La protagonista è una stangona americana dai capelli platinati che risponde al nome di Julie Blair (interpretata da Anne Kimbell, reginetta del surf movie e di numerosi scialbi western anni quaranta e cinquanta) che si svacca sulle spiagge messicane passando il tempo a dipingere e ad ascoltare un ragazzino petulante che gli racconta di come il padre sia stato ucciso da una misteriosa creatura degli oceani. Siccome Julie è in vacanza e non ha un cazzo di meglio da fare, inizia a indagare sulle leggende di questo mostro che, nelle lunghe e narcolettiche riprese subacquee, vediamo come un grosso polipo con un enorme occhio luminoso. 
 
Stranezze del caso, Julie incontra un biologo marino, il Dottor Baldwin che vaga nelle acque con un ridicolo sommergibile a pedali. Fra di loro inizia un corteggiamento galante, però lui non le crede, riguardo al mostro, per cui Julie, allo scopo di reperire delle prove, decide di fare qualche immersione. Peccato che, nel frattempo la vecchia del villaggio abbia decretato che l’americana debba venir sacrificata al dio del mare e tocca al giovane mozzo Pablo fare il lavoro sporco. Nonostante gli echi Lovecraftiani la storia è ben poca cosa, arricchita dai soliti dialoghi insulsi del cinema americano del dopoguerra. 

Corman centellina i soldi della produzione e mette alla regia il trentenne anglo-cinese Wyott Ordung, già autore del soggetto di un altro capolavoro quale Robot Monster, che si ritaglia anche la parte di Pablo, con risultati decisamente imbarazzanti. Il mostro viene ripreso con la tecnica del grandangolo che permette di far sembrare gigante un povero polipetto al quale viene applicato in sovrimpressione un enorme occhio che lampeggia. Ma il cinema è magia anche quando non ha vergogna di mostrarci l’improponibile, del resto alla fine si scopre addirittura che il mostro altri non è che un’enorme ameba, risultato dei soliti esperimenti nucleari del vicino atollo di Bikini. Viene quasi da dire “Benedetta sia la bomba!” senza la quale migliaia di sceneggiatori americani degli anni cinquanta sarebbero stati senza lavoro ma soprattutto senza uno straccio di idea!

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