mercoledì 31 maggio 2017

LA LUPA MANNARA

(Id. 1976)
Regia
Cast  , ,


Un bozzo di plastica sul naso, vernice verdastra sul corpo e ciuffi di pelo pecoreccio che si insinuano nel corpo nudo di Annik Borel mentre sbava schiuma biancastra da dietro un cespuglio. Quest'immagine ormai iconica de "La Lupa Mannara" apre il film di Rino Di Silvestro, una pellicola piena di difetti, con una recitazione sopra le righe e una trama che tende ad allungare un soggetto debole. Eppure tutto ciò non ha impedito a questo titolo di crescere negli annali della storia cinematografica di genere assumendo una posizione di culto che, ancor oggi, viene venerata da centinaia di estimatori di ogni parte del mondo. Merito di un'estetica forte che si apre già dalle prime suggestive immagini in cui la Borel danza nuda attorno ad un fuoco in una sorta di sabba iniziatico erotico, un incipit potente che viene ripreso nel finale con un secondo rogo dove la donna, non più mutata in licantropo ma in una specie di strega arcigna e folle, viene arrestata dalla Polizia per i suoi molteplici delitti. In realtà la mutazione belluina avviene solo all'inizio, una specie di flashback del passato in cui si rievoca l'antenata mostro della bella Daniela, figlia di un imprenditore con un brutale stupro alle spalle. 

La scoperta della mostruosa parentela atavica sconvolge la mente già debilitata di Daniela che si scatena contro il marito della sorella. Rinchiusa in una clinica di salute mentale, Daniela da fuori di matto e uccide una ninfomane che prova ad abusare di lei mentre è legata nel letto d'ospedale. Il film prosegue con una serie di omicidi che Daniela perpetra contro tutti coloro che cercano di approfittare sessualmente del suo corpo, finché non incontra un giovane stuntman che vive in una specie di Far West cinematografico. Daniela si innamora e sembra guarire dalla sua follia, purtroppo l'intervento di tre bulli e la loro violenza scateneranno di nuovo la furia omicida fino alle estreme conseguenze. La Borel esce dalle righe, urla come una pazza e lancia sguardi allucinati, regala spesso e volentieri i suoi nudi tutt'altro che estetici e, in certi momenti, sembra recitare in uno stato ipnotico. Eppure la storia risulta scorrevole, infarcita di molteplici situazioni che sfociano nel fumetto nero tipico di quegli anni. 


Per intenderci guardare "La Lupa Mannara" è un po come leggere un giornalino di Jacula, Sukia o la più affine Ulula dove l'atto erotico vira al rosso sangue di membra divorate, crani spaccati e violenza inaudita. Di certo non ci troviamo di fronte al solito horror gotico nazionale e neanche al classico giallo all'italiana ma a un'opera particolare, proprio in relazione al tasso di weirdo altissimo che sgorga da ogni fotogramma. Accompagnata da una musica che oscilla tra il progressive e il beat psichedelico, la storia di Daniela si sviluppa in progressione, mancando forse nel caratterizzare psicologicamente i personaggi, il più delle volte troppo "camp" per essere credibili, si veda per esempio la Ninfomane o l'anziano donnaiolo che da un passaggio a Daniela, di certo si ha uno spaccato triste di un'esistenza troppo legata alla cattiveria e alla soperchieria dove il vero amore che può fermare la bestia viene irrimediabilmente distrutto dalla brutalità del branco.
 

1 commento:

  1. Bellissima la locandina, e anche il film sembra a suo modo più intrigante di molti prodotti di quel periodo fatti in serie...

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