venerdì 9 marzo 2012

MORIRAI A MEZZANOTTE

Id. 1981
Regia Lamberto Bava
Cast: Valeria D'Obici, Leonardo Treviglio , Paolo Malco

Dopo l’abboffata di gialli italiani degli anni settanta, il decennio successivo si dimostra alquanto avaro nel suo genere, con una preoccupante carenza di prodotti. Ci pensa quindi il buon Lamberto a portare avanti il thriller all’italiana, così dopo un discreto horror d’esordio dai toni D’amatiani quale era il gustoso Macabro e l'improvviso successo benedetto dal re Dario (Dèmoni) realizza, complice la produzione berlusconiana di ReteItalia, questo giallo ambientato nelle Marche, figlio dei cambiamenti di stile e di abbigliamento che influiscono negativamente però, alla confezione finale. Intendiamoci, non è che sia un bruttissimo film (un po’ brutto però si eh!) ma i protagonisti sembrano uscire direttamente dalla claque di Drive in, con sbirri in spolverino e Timberland, ragazze con la tutina da Flashdance , maglioni dolce vita e pettinature da brivido!
La storia inizia con un intreccio di amore e gelosia da parte di una coppia, lui (Leonardo Treviglio) la segue in un negozio, lei entra in camerino e da sotto la tendina spuntano le gambe di un altro (???) , lui se ne accorge e ci resta malissimo, gli aveva preso pure dei fiori (fiori? Seee, quattro foglie verdi senza un petalo), si incazza e a casa litigano, lei gli pianta un rompighiaccio sul petto e lui tenta di affogarla nella sciacquatura dei piatti, poi se ne va via. Lei rimane e si fa la doccia ma un misterioso assassino prende il rompighiaccio e la fa fuori sotto la doccia nel solito omaggio hitchcockiano assolutamente fuori luogo.
Il marito fuggitivo va a casa dell’amica (Valeria D'Obici), intanto il misterioso assasino prende le sembianze di un pazzo criminale morto in un incendio anni prima e comincia a sterminare tutte le tipe che trova in giro. Alcuni momenti sono interessanti, la caccia nel vecchio teatro circense abbandonato, la tipa che si nasconde nelle cabine della spiaggia ma altre situazioni rasentano il ridicolo come la terza vittima che vede l’assassino nel museo di storia naturale e invece che fuggire va al telefono a gettoni per chiamare la polizia, la ragazza in casa da sola che tenta di difendersi con il frullatore o nel finale, il solito guardone che spunta all’improvviso e si becca una pugnalata allo stomaco, non muore ma rimane lì contro il muro ad ascolatre il poliziotto che spiega il movente degli omicidi invece di richiedere immediatamente l’intervento dell’ambulanza. In ogni caso il film gode di una confezione da teleromanzo d'appendice motivata in parte dal fatto che in origine la pellicola era stata realizzata per la televisione e solo successivamente, ovvero appena dopo il successo di Demoni, proposta per il grande pubblico in sala.
In conclusione un thriller che si sviluppa tra alti e bassi,  ma con i bassi che gradualmente prendono il sopravvento, la fotografia è da soap opera, la musica di Simonetti distrugge le atmosfere invece che enfatizzarle e la sceneggiatura del pur bravo Dardano Sacchetti rivela solamente le necessità economiche di una committenza senza alcun interesse artistico. 

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