Regia Jesus Franco
Cast: Soledad Miranda , Ewa Strömberg, Dennis Price
Ricordare al mondo l'importanza stilistica di questa pellicola di Jesus Franco appare assai superfluo, è ormai accettato da tutti, anche dai critici più snob, che Vampiros Lesbos sia un capolavoro. Bizzarro quanto si vuole, kitchissimo nella sua messa in scena ma geniale nel ribaltare il mito del conte Dracula al femminile, adattandolo ad un epoca dove i costumi cambiavano, o meglio sparivano, per lanciare il corpo nudo verso un'estetica cinematografica totalmente nuova ma perfettamente in linea con una nuova emancipazione sessuale, sopratutto per quanto riguarda la donna. Ed ecco quindi che il vampiro diventa femmina, si spoglia, lasciandosi addosso solo il mantello o, al massimo, una sottoveste nera che lascia intravedere ma da più che altro spazio alle fantasie erotiche di un pubblico sempre più esigente dal punto di vista voyeuristico. Sopratutto ecco Soledad Miranda, meteora impazzita del cinema softcore anni settanta, scoperta e coccolata dal maestro spagnolo ma purtroppo, precocemente scomparsa in un incidente, poco tempo dopo aver terminato la lavorazione del film.
Il suo sguardo intenso, le sue labbra socchiuse e il suo corpo efebico ma dotato di un erotismo elegante e mai volgare, sono elementi che restano impressi dopo la visione, immagini intense che divorano le pulsioni sessuali dello spettatore, ancor più delle scene lesbiche, quasi sempre ammiccate e mai esplicite ma proprio per questo eccitanti. Ogni inquadratura ha il sapore dell'opera d'arte, anche le sequenze metaforiche messe a casaccio tra una scena e l'altra con scorpioni, farfalle e gocce di sangue che colano dalle tende.
Ma più di queste colpiscono le luci, i colori, le stanze scarne di mobilio ma allo stesso tempo cariche di quella tensione erotica che sembra fuoriuscire anche dalle pareti. Ambientato in una Istanbul perennemente ammaliata da un tramonto inesauribile che colora di sangue persino il mare, Vampiros Lesbos scorre lentamente, quasi languido, tra antiche dimore di campagna, ospedali psichiatrici e cantine dove albergatori psicopatici segregano giovani donne e le minacciano con la sega (piccolo cameo dello stesso regista) ma sopratutto scorre attraverso una colonna sonora (assolutamente da avere nella propria discografia) che oscilla tra l'eros e l'inquietudine accompagnando uno straniante spettacolo erotico osservato da spettatori maschili inesistenti. Franco trasforma il cinema horror in una favola d'autore, oscillando tra un surrealismo pop d'avanguardia e linee barocche sinuose dove il corpo entra perfettamente in simbiosi con le scenografie circostanti sfociando in un immenso trip psichedelico che naviga sinuoso sul grande schermo.
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