giovedì 4 aprile 2024

PARENTESI TONDE (2006)

Regia (???) Michele Lunella 

Cast (????????) Raffaella Lecciso, Rocco Pietrantonio, Francesca D’auria 

Parla di “non so! Credo che il mio cervello per salvaguardare la mia salute mentale abbia resettato tutto a fine visione” 

I Più anzianotti forse ricorderanno la (non) recitazione di Tinì Cansino et similia nel programma Drive-In, per tutti gli altri basti pensare ad una qualsiasi televendita mediaset degli ultimi 20 anni (non che quelle prima fossero migliori, eh! Ma una forbice di tempo va data comunque) e si avrà un esempio perfetto della performance recitativa del cast di Parentesi Tonde, anzi Parentesi T()nde come gigioneggia il titolo iniziale dell’esordio alla regia di Michele Lunella. Un film che ha superato in breve tempo tutti i livelli del brutto accettabile, roba che “Alex L’Ariete” sembra un film di Cristopher Nolan al confronto. Si perché qua, se non altro, vige l’assoluto suffragio poiché non vi è un solo attore cane, ma lo sono tutti quanti, in maniera democratica, e tutti riescono a recitare malissimo, anzi a non recitare. 

Se vi è capitato di sentire il termine “non musica” per decifrare un certo tipo di sperimentalismo sonoro, qui siamo di fronte ad un “non cinema” che, purtroppo, di sperimentale (anzi di sperimentato) ha solo un fiasco colossale alle sue spalle. Basti pensare che Lunella era direttore di produzione di “Cient’anne”, esordio al fulmicotone di Gigi D’Alessio al cinema, esordio che contribuì non poco ad espandere il neomelodico campano fuori dai confini regionali. La trama riprende le atmosfere cariche di odio (dello spettatore) tipiche dei cinepanettoni vacanzieri senza un minimo budget per assoldare un paio di comici sfigati da mettere sul cartellone. 

Ci si rivolge quindi ad una serie di figuranti rifiutati persino da L’isola dei famosi, come Giucas Casella (nei panni di un prete), Antonio Zequila, Eva Henger e, dulcis in fundo, la sorella gemella della Loredana Lecciso, Raffaella, come protagonista, dandole pure un ruolo quasi di spessore (come una fetta di salame ben tagliata). Una che cerca un amore non banale e finisce a letto con Mark (Rocco Pietrantonio) animatore fighetto e arrivista che colleziona mutandine nel cassetto. Poi, nelle sottotrame di questo villaggio “Ahiahiahi! No Alpitour?” in cui nessuno vorrebbe soggiornare, c’è pure la romanza sfigata del personal trainer con figlio annesso che tenta di ricucire il rapporto con la madre sotto gli occhi della moretta strainfatuata di lui (Francesca D’auria che almeno è figa!) ma che capisce e comprende e si tiene in disparte (tanto la madre del bimbo è una zoccolona con il volto della Henger). 

Poi c’è il nanetto animatore che fa il pagliaccio e lancia freddure da denuncia, i tres amigos che cantano in napoletano (ma soprattutto in playback), il cuoco finto francese che in realtà dovrebbe (usiamolo questo condizionale!) essere un sosia di Bud Spencer, una misteriosa talent scout che deve scoprire non si sa chi in questo posto di sfigati, un concorso di stelle nascenti messo in piedi tra concorrenti che non sanno fare un cazzo, fotografia televisiva, montaggio con lo scotch e regia inesistente. Anche le location sono tremende, persino il mare sembra fare più schifo di quanto lo sia veramente (mi sembra che il film sia girato in Puglia o giù di lì). 

Insomma, se l’albertone nazionale (parliamo di Alberto Tomba non Alberto Sordi) al suo esordio cinematografico faceva rotolare dalle risate pur senza volerlo, qua invece ci si incazza a morte, specie se si è pagato qualcosa per vedere ‘sta ciofeca immonda che stana il peggio della televisione trash per portarlo sul grande schermo e ampliare dunque l’enfasi della monnezza a dimensioni maggiorate. Ad un certo punto spunta anche Marco Columbro, in una fugace inquadratura probabilmente rubata mentre magari si faceva i cazzi suoi. 

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