giovedì 6 luglio 2023

MORAK, IL POTERE DELL’OCCULTO

(Meatcleaver Massacre, 1976) 

Regia Keith Burns e Edward D. Wood Jr (Evan Lee) 

Cast James Habif, Larry Justin, Cristopher Lee 

Parla di “studioso gambizzato non sa cosa fare in ospedale ed evoca demone della vendetta contro bulletti assassini”  

Uno dei pochi motivi che posso suscitare interesse nello spettatore nei confronti di questo poverissimo slasher anni settanta, è la presenza dietro la macchina da presa di Edward D. Wood Jr. a quattro mani con il regista Keith Burns. Un nome che oggi non ha certo bisogno di presentazioni tra gli appassionati di cinema ma che, ai tempi, non diceva proprio nulla, al punto che i due registi apparvero dietro l’unico pseudonimo Evan Lee. Altro motivo potrebbe essere la presenza di Cristopher Lee nel cast, non fosse che la sua interpretazione si riduce ad un mero cameo di presentazione a inizio film (almeno nella versione italiana perché in quella americana c’è anche nell’epilogo) in puro stile edwoodiano, alla Criswell, per intenderci. 

Il problema, semmai, è che il cameo di Lee fu realizzato all’origine per un altro progetto e poi acquistato successivamente dalla produzione per avere almeno un nome famoso da sbandierare nei flani. Terminati i motivi di interesse potremmo anche concludere qui la nostra dissertazione su Meatcleaver Massacre, non fosse che l’idea di base ha almeno il pregio di anticipare di due anni il plot narrativo di Patrick di Richard Franklyn, plot ripreso successivamente anche dal nostro amato Fulci per Aenigma (per non parlare poi del sequel apocrifo di Mario Landi “Patrick vive ancora”). La storia vede come protagonista marginale uno studioso universitario, tale Prof. Cantrell (James Habif), che durante una lezione afferma di poter evocare il demone Morak con una preghiera in gaelico. Fuori dalla scuola il professore ha un alterco con Mason (Larry Justin) uno sbandato dedito alla droga. 

Quest’ultimo organizza una home invasion a casa dello studioso con tre bulletti che fanno fuori tutta la sua famiglia e lo trasformano in un vegetale con una mazzata in testa. Paralizzato in un letto d’ospedale Cantrell evoca mentalmente il demone Morak e lo scaglia contro i teppisti per vendicare la sua famiglia. Il primo viene ucciso nel deserto non si sa bene come, forse fustigato a morte dalle piante di Yucca, il secondo, che fa il meccanico, viene giustamente preso a cofanate d’auto sul cranio mentre il terzo, dopo aver cercato inutilmente il coito con un’amichetta prostituta (che permette al film di avere la sua quota sesso con l’esibizione in primo piano delle tette di Maria Arnold) viene carbonizzato a morte da un quadro elettrico assassino. La sorte peggiore toccherà a Mason e di rimando anche allo spettatore, perché a quel punto si paleserà finalmente il demone in carne e trucco, un’orrendo quanto ridicolo incrocio tra Swamp Thing e Bigfoot ma realizzato talmente male che il direttore della fotografia meriterebbe un premio per averlo inquadrato poco e male. 

Alla fine lasciamo Mason in un manicomio a guardare un occhio strappato sul palmo della mano ridendo come un matto. Uscito da noi solo in VHS, Morak è uno di quei film che partono discretamente ma si perdono per strada con inquadrature turistiche delle strade notturne, cartelloni pubblicitari e, ad un certo momento, anche due tizi che si baciano e nessuno sa cosa cazzo c’entrino col film. Particolare il fatto che nella pellicola non esista un vero e proprio protagonista, in effetti anche il resto del cast sembra latitare, soprattutto nella qualità dell’opera finale dove persiste sotterranea una certa comune vergogna per quanto si è andato a realizzare.  

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