venerdì 16 settembre 2022

SCHOOL OF THE HOLY BEAST

(Seijû gakuen, 1974) 

Regia Norifumi Suzuki 

Cast Yumi Takigawa, Fumio Watanabe, Emiko Yamauchi 

Parla di “ragazza si fa suora per indagare morte madre e scopre che in convento si fa di tutto tranne che pregare” 

Nelle prime sequenze urbane che accompagnano i titoli di testa vediamo un manifesto cinematografico in versione nippo di “Niente di grave suo marito è incinto” e subito dopo troviamo la protagonista Maya (interpretata dalla splendida Yumi Takigawa) all’interno di una sala ad assistere a “Tony Arzenta” di Duccio Tessari di cui però sentiamo solo la voce. Con questo incipit il regista Norifumi Suzuki mette subito in chiaro la sua passione per il cinema italiano e decide di dire la sua su di un genere tipicamente nostrano come il nunsploitation. Suzuki mescola tematiche affini al giallo con umori sado-maso tipicamente nipponici, alzando l’asticella in tema di blasfemia estrema. Il tutto però in un contesto visivo raffinato, dai colori accesi ispirati a Mario Bava e la ricerca del dettaglio visivo alla Fulci/Argento. 

Nei primi minuti Maya sembra tutto tranne che una suora, esce, va al cinema e rimorchia un bellimbusto in motocicletta con cui trascorre una notte infuocata, lui vuole rivederla ma lei dichiara che questa è la sua ultima notte da donna libera e infatti il giorno dopo entra in convento dove non tardiamo ad assistere a scene del tutto estranee alla sacralità del luogo. Le suore bevono whisky, si fumano canne, amoreggiano safficamente e si scambiano fotografie porno, il tutto nonostante le autoflagellazioni punitive o le frustate in tandem. Ben presto scopriamo che l’intento di Maya non è la ricerca del divino ma una vera e propria indagine su sua madre, una suora morta in maniera misteriosa dopo averla data alla luce. Attraverso la confessione di una vecchia morente scoprirà che a uccidere la madre è stata la direttrice che dopo averla frustata a sangue, gli ha pure schiacciato la pancia con un piede prima di impiccarla. A questo punto Maya organizza uno stupro programmato della colpevole ma viene scoperta e punita con legacci irti di spine e una sorta di lapidazione collettiva con mazzi di rose. 

Intanto anche un’altra suora rimane incinta dal reverendo padre del convento che ha il vizietto di organizzare messe private con le consorelle. Anche questa sarà punita sadicamente obbligandola a orinare direttamente su un’icona di Gesù Cristo. Alla fine la direttrice finirà in una botola piena di acido, la vicedirettrice verrà impalata in un cancello mentre il reverendo finirà accoltellato con un crocefisso in un tripudio pop-psichedelico misto ad atmosfere gotiche che ricordano il periodo Edgar Allan Poe di Roger Corman con tanto di scogliere minacciose immerse sotto cupi temporali. Narrativamente coeso, ricco di colpi di scena e violenza grafica in puro pinky-style, il nunsploitation di Suzuki è un piccolo raffinato gioiellino che sferza nerbate pesanti sull’ipocrisia ecclesiastica che stigmatizza l’atto sessuale come bestia immonda, che poi rappresenta uno dei motivi principali dell’esistenza ( e del successo) dell’intero genere. 

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