mercoledì 7 novembre 2012

GODMONSTER OF INDIAN FLATS

(Id. 1973)

33 anni prima del mediocre Black Sheep c'era già qualcun altro che aveva portato sullo schermo le pecore mutanti, ovvero il filmaker e artista Fredric Hobbs con questo suo delirante scult, ibrido demenziale tra western, thriller, horror e fantascienza, tutto miscelato perfettamente in un'atroce salsa weirdo che ne rende la visione imperdibile. La storia, inaspettatamente, è ben articolata e inizia con il pecoraio Eddie che, dopo una vincita alle slot machine, finisce ad ubriacarsi in un saloon (l'ambientazione però è ai giorni nostri, o meglio, degli anni settanta) dove tentano di rapinarlo, lo pestano e lo sbattono fuori.

Lo riaccompagna a casa il professor Clemens che ha un laboratorio scientifico nei pressi di un sito indiano, arrivato nel recinto delle pecore non si sa bene quali siano le intenzioni di Eddie ma quando prende su un agnellino comincia a vedere luci e ossa svolazzanti, pecore che gli volano addosso e strane forme lisergiche.

In preda allo shock sviene e il mattino dopo si ritrova con uno strano embrione di pecora insanguinato. Dopo averlo tirato su, il Professore porta la cosa nel suo laboratorio. Mentre il mostro prende forma assistiamo ad una serie di intrighi che vedono protagonisti il boss del paese, un nero pistolero che sembra uscito da "Mezzogiorno e mezzo di fuoco", un baffuto psicopatico e un cane che si becca una pallottola vagante, gli fanno il funerale in chiesa e si scopre che era vivo nella cassa. Il colpevole è il nero che viene assalito dal baffuto il quale ordisce un tranello e lo fa arrestare. Nottetempo arrivano dei pistoleri mascherati che lo prendono dalla cella e vogliono impiccarlo ma la pecora mutante si libera e comincia a uccidere tutti.
Un gruppo di cowboys armati di lazos catturano la pecora che viene esposta davanti alla gente del paese, a un certo punto scoppia un casino e la gente butta la pecora giù da un burrone facendola esplodere mentre il boss del paese sghignazza come se fosse il padrone del mondo. Giusto per dare un'idea del delirio vi basti sapere che una delle scene più scult vede il nero in prigione che cerca di attirare, cantando, l'attenzione del carceriere in canotta intento a mangiare, mentre la seconda scena weirdeggiante ci mostra invece l'assistente di Clemens che si mette a ballare con la pecora mutante. Non parliamo poi di quando il pecorone mannaro si rivela per quello che è, un claudicante costumone in cartapesta con la lingua di fuori e le braccia anteriori scompagnate che il poveruomo all'interno sventola come bandiere. Che dire poi del montaggio fatto a culo di cavallo come del resto mostra in primo piano il buon Hobbs in numerose sequenze, ovvero quando non è impegnato a riprendere parate in costume da vecchio west prese chissà dove. Lento come la morte, noioso oltre ogni dire, Godmonster ha dalla sua l'unicità del risultato e la creatura più ridicola che la storia del cinema ricordi.

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