lunedì 2 ottobre 2017

SHARK ATTACK 3: MEGALODON



 (Id.2002)

Cosa si può dire di male ad un film che inizia subito con un bell'errore di battitura sul titolo esponendo la scritta Shark Attak 3 senza la C? Nulla ovviamente, a fargli del male ci pensa da solo il regista David Worth, il quale, dopo averci distrutto gli zebedei con Shark Attack 2, si ripropone in un turbine trash con il terzo capitolo di una delle saghe più brutte del cinema per la televisione. Complice del malfatto la famigerata Nu Image, seconda in bruttezza cinematografica solo alla mitica Asylum, e il protagonista John Barrowman, pseudo sosia di Hugh Grant ma intenso conoscitore di sole due espressioni recitative: ovvero il sorriso ebete e il sorriso da idiota, espressioni che alterna sapientemente soprattutto in scene dove dovrebbe esprimere tutt'altra emozione. Ad accompagnarlo l'imbotulinata Jenny McShane e un vecchio caprone dagli occhi strabici che porta il nome di Ryan Cutrona. 

In questo pou pourri di demenza si snoda la solita solfa dello squalo assassino che devasta le spiagge del Messico attirato dalle onde elettromagnetiche, generate da cavi di fibre ottiche prodotte dalla solita cattiva multinazionale. Il buon Barrowman trova attaccato ad uno dei cavi un bel dentone di squalo e per saperne di più ne mette la foto on-line. Gli risponde la biologa McShane che si rivelerà poi paleontologa, la quale gli svelerà che il succitato dentone appartiene alla razza dei megalodon, preistorici quanto cattivissimi squali ritenuti estinti da millenni. Saranno anche preistorici ma questi squalacci fanno versi strani, somiglianti al verso del maiale. Per la prima ora di film tutto sembra andare nella media del solito prodottino low budget infarcito da scenette di repertorio, nulla da segnalare se non l'immensa noia che ne pervade tutti i fotogrammi. Fortuna che, verso la fine del film, il trash più estremo esplode incommensurabile con l'apparizione di un'assurda madre squalo gigantesca che spunta dall'acqua ingoiando scialuppe e canotti pieni di gente, ritagliati alla cazzo di cane e rimpiccioliti davanti all'immagine di uno squalo ripreso in primo piano.



L'effetto è devastante, a questo si aggiungono alcune immagini decisamente cult come il primo dei cattivoni che si tuffa in acqua e finisce direttamente nella pancia del pesciolone e la mitica sequenza del secondo cattivo che, dopo esser fuggito dallo yacht in panne con la moto d'acqua finisce direttamente in bocca allo squalo. Tutto questo senza alcuna minima coscienza delle proporzioni uomo>Squalo al punto che cambiano scena dopo scena. Nel finale poi vediamo un gruppo di persone terrorizzate che cadono in acqua, alcune sembra, in seguito agli smottamenti provocati dal megalodon, altri (e qui è evidente che l'intero cast si era rotto i coglioni di aspettare) si gettano deliberatamente in mare, ben sapendo la fine che rischiano di fare. A questo punto vale la pena far notare il potere esagerato del trash in certe produzioni, quella sempiterna cafonaggine cinematografica che fa la differenza tra un film altresì mediocre e un cult assoluto. Bastano pochi ritagli e un'immensa inettitudine per trasformare uno spettacolo palloso in qualcosa di memorabile, destinato alla storia del trash mondiale.

Nessun commento:

Posta un commento