lunedì 30 gennaio 2023

THE REGENERATED MAN

(1994) 

Regia Ted A. Bohus 

Cast Arthur Lundquist, Pete DeLorenzo, James Benvenuto 

Parla di “scienziato viene obbligato a bere un frullato di farmaci e diventa un mostro con la faccia da Freddy Krueger che spara ossicini dalle dita” 

Non c’è niente da fare, ci sono film che sembrano nati per la videocassetta, in particolare quelli realizzati tra la fine degli anni ottanta e i primi anni novanta. Nel caso di questo The Regenerated Man si potrebbe dire che “è la videocassetta”. Non potrebbe esserci altro formato più adatto per questo sciagurato B-Movie diretto da un certo Ted A. Bohus che l’anno successivo ci riproverà con un sexy-sci-fi dal sordido titolo Vampire Vixens from Venus. L’ambientazione scarna e casalinga, composta da tre ambienti che si ripetono costantemente (laboratorio, abitazione e un angolo di strada giusto per dare una parvenza di esterno), le illuminazioni ipersature di colore tipiche degli eighties, una recitazione che oscilla tra il serio e il faceto ma sempre rigorosamente sopra le righe, una trama sbilenca e sciocchina e soprattutto il mostrone con una maschera gommosa che, nello specifico, sembra ispirarsi neanche troppo velatamente a Freddy Krueger. 

La storia vede il pacioso dottor Clarke (Arthur Lundquist) che pasticcia coi vetrini nella speranza di trovare una cura per rigenerare i tessuti umani al fine, scopriremo in seguito, di ricostruire due dita del piede mancante. Una sera due buontemponi mascherati penetrano nel laboratorio e lo costringono a bere un coktail di tutti i sieri disponibili trasformandolo in un mostro, dotato di camicia e pantaloni ma con fattezze ripugnanti, occhi alieni e la fronte pulsante. Il mostro diventa per il dottore una sorta di Mr. Hyde che se ne va in giro a sparare falangi come missili. Un rude detective indaga sulle morti misteriose e le prove raccolte rivelano a Clarke la mostruosa origine della creatura. Se sul piano degli effetti di make-up troviamo buoni risultati con parti del corpo che si aprono per sparare ossa assassine (fantastica la scena del tizio che muore con un ossicino conficcato sulla fronte) o lanci di strani filamenti organici per succhiare gli umori alle vittime, ad un certo punto il regista ci regala un mirabile esempio di rozza CGI con l’apparizione di una creatura che sembra una brutta copia di quella realizzata per Howard e il destino del mondo

Per fortuna è un’apparizione di pochi secondi, quanto basta per alzare l’asticella del trash ai massimi livelli, con l’aggiunta di effetti visivi di stampo televisivo che ogni tanto fanno capolino tra le sequenze del film. Spassoso comunque il fatto che ogni assalto del mostro sia preceduto da una gustosa scenetta (Il ciccione che viene taglieggiato dai due gangster, il tentato stupro di tre balordi ai danni di una passante) per non parlare poi dell’irresistibile dialogo tra due homeless prima che uno dei due sugga una fialetta trovata per caso e scambiata per whisky. In generale, nella sua stupidità, il film non è neanche poi così male, qualche scena splatter risulta azzeccata e un paio di risate ci scappano senz’altro, ma soprattutto è un film che non annoia più di tanto e visto il fiume di schifezze fuoriuscite dal cinema di cassetta di quegli anni, questo è comunque un buon risultato.  


mercoledì 18 gennaio 2023

GLI OCCHI DENTRO

(1994) 

Regia Bruno Mattei 

Cast Monica Seller, Antonio Zequila, Gabriele Gori 

Parla di “gnocca fumettista perseguitata da serial killer che ricalca le gesta del suo personaggio” 

La conoscenza è potere ma a volte l’ignoranza è più salutare. Infatti quando mi sono approcciato a questo film non ne sapevo praticamente nulla e, al termine, avrei preferito rimanere nell’oscurità. Si tratta di un thriller a basso costo girato nel 1994 da Bruno Mattei sotto pseudonimo, una rarità se si vuole trovare un punto positivo, considerato che in Italia non approdò mai nelle sale ma uscì in un’edizione molto limitata con il titolo Occhi senza volto senza nulla da spartire con il capolavoro Les Yeux sans visage di Georges Franju. Il film comincia con un delitto assurdo, girato in soggettiva nello stile argentiano ma con l’aggiunta dell’elemento trash che contraddistingue la totalità dell’opera. La vittima infatti (ovviamente una donna) si nasconde dietro una rete metallica ma, incredibilmente, il misterioso assassino fa sgusciare la sua terribile arma (un miserrimo taglierino) tra le maglie, la ruota un po' nell’aria riuscendo comunque a sgozzare la tipa...e siamo solo all’inizio!  

Si prosegue con una rassegna stampa per lanciare il fumetto del Doctor Dark, esperto di riti pagani di giorno, serial killer di notte. Il fumetto viene duramente contestato da un giornalista esagitato di nome Calligari (Fausto Lombardi) mentre la fumettista Giovanna (Monica Seller) è turbata, anche perché c’è in giro un assassino che ricalca le gesta del suo personaggio. Come se non bastasse anche la polizia si interessa al fumetto e  noi possiamo fare la conoscenza del Commissario Callistrati, interpretato da quell’attorone di Antonio Zequila, main star di roba come Cento Vetrine o Carabinieri e soprattutto nel cast di opere di grande spessore come Prigionieri di un incubo o Parentesi Tonde. Dotato dell’espressività di Alberto Tomba e della marmorea prestanza di Jimmy il fenomeno, Zequila ci regala un antieroe duro, che si ciuccia il cigarillo in continuazione e cerca di immedesimarsi nell’assassino per scoprire che: 

  la vittima aveva le mani sporche di inchiostro  

+

una penna per terra  

+

un blocknotes vuoto sul tavolo  

=

la vittima voleva (forse) scrivere qualcosa.  


Anche la Seller è al top della sua intensità, ondeggiando come una barca sulle rapide, avanti e indietro, cercando di simulare attacchi di panico che il suo fidanzato, lo sceneggiatore Nico (Gabriele Gori) cerca di sedare urlandole contro come un pazzo e prendendola a ceffoni (sistema infallibile direi!). Per fortuna Mattei è sempre Mattei e per scusarsi dell’immonda cagneria degli attori, ci regala un secondo omicidio molto efferato anche se decisamente goffo come messa in scena. Il killer, vestito con cappottone, cappellaccio e Superga nere, omaggia 6 donne per l’assassino di Mario Bava, la casa editrice che pubblica il fumetto (peraltro disegnato malissimo!) è la Lovecraft Edizioni, le citazioni dunque si sprecano come altrettanto si sprecano i buchi nello script di Lorenzo De luca (esperto di cinema orientale nonché autore del soggetto) che nel misero spiegone finale cerca di rattoppare come meglio può la situazione. Ambientazioni e fotografia sono di taglio televisivo, la fotografia praticamente non esiste e, dulcis in fundo, la musica è riciclata in giro da varie library per cui si passa da minacciosi stornelli al synth in stile Phantasm fino a intere suite orchestrali che sembrano uscite da qualche classico gotico di Margheriti. 

mercoledì 11 gennaio 2023

IL NANO E LA STREGA

 (1973) 

Regia Gioacchino Libratti (Francesco Maurizio Guido aka Gibba) 

Cast (voci) Rosetta Calavetta, Vittorio Stagni, Carlo Romano 

Parla di “nano superdotato deve scamparla alle inesauribili voglie di una vecchia strega assatanata” 

Una delle tendenze del cinema cosiddetto “per adulti” italiano è sempre stata quella di trasformare le favole dandone una propria versione a luci rosse, basti pensare a “Biancaneve sotto i nani” di Luca Damiani o la versione porno di Robin Hood realizzata da Joe D’amato. Insomma sarà l’influenza di Boccaccio, sarà il desiderio di stravolgere le fiabe che ci hanno confortato da bambini, ma il porno in cappa e spada, pur presagendo un notevole dispendio finanziario (quando non si riusciva a riciclare i costumi da qualche altro set), era gettonatissimo fino ai tardi anni novanta prima che Pornhub prendesse il sopravvento relegando il voyeurismo spinto alla propria cameretta personale (ma in quello era stato già preceduto dall’avvento dell’home video). 

E fra i titoli dedicati alla sessualità medioevale spunta nei primi anni settanta questa curiosa pellicola diretta dal disegnatore e animatore Francesco Maurizio Guido, conosciuto come Gibba, il quale per problemi legati alla censura, non firmò la regia nei titoli lasciando il posto a Gioacchino Libratti. Di fatto l’intero lungometraggio di animazione fu realizzato ad opera di Gibba, compresa la direzione cinematografica. La storia inizia con un notabile che non riesce a soddisfare la sua formosa mogliettìna a causa delle minuscole dimensioni del suo pene. Da parte sua la donna conserva in una cassapanca una sorta di toyboy che estrae alla bisogna. Disperato il notabile chiede aiuto alla strega Merlina, una laida vecchiaccia perennemente arrapata. Come compenso il notabile gli dona il suo servo Pipolo, un nanetto attrezzato con un enorme pene che risalta dalla calzamaglia per tutto il film,  (anche durante i coiti). La fattucchiera scopre, grazie alla sua sfera, che potrà recuperare la bellezza perduta facendosi penetrare 100 volte dal nano. Il problema rimane convincere Pipolo che, durante la fuga, si unirà ai ribelli di Robin Hood. 

Contraddistinto da una verve comica dai toni caciottari e uno sviluppo narrativo ai limiti dell’anarchia, Il nano e la strega è un esperimento nello stile di Ralph Bakshi e il suo Fritz il gatto senza però il sottotesto di denuncia sociale dell’autore americano e vede soprattutto nell’animazione arcaica il suo maggior difetto. Il film di Gibba cede poi agli schemi narrativi del cinemino porno sotto casa dove le donne sono tutte vogliose e gli uomini sono per la maggioranza dei guardoni. In ogni caso il film regala qualche momento divertente (la scena dell’elefante che caga pallettoni) e tanti altri momenti surreali, ci si diverte (poco) ma alla fine l’assenza di un messaggio o comunque di un contenuto ne relega lo status ai livelli di una qualsiasi commediola sexy dell’epoca. I dialoghi, tutti rigorosamente in rima, sono a cura di Oreste Lionello ed Enrico Bomba. Il film è conosciuto anche con il titolo “Zi Zi…pan pan”