giovedì 25 gennaio 2024

SPLATTER UNIVERSITY

(1984) 

Regia Richard W. Haines 

Cast Forbes Riley, Dick Biel, Ric Randig 

Parla di “solito psicopatico che si aggira nel campus per accoltellare giovani insegnanti e addormentare giovani (e vecchi) spettatori” 

In un ospedale psichiatrico dove le infermiere se la fumano allegramente in pose sornione e i pazienti passano il tempo accarezzando teste di manichini e mucche in miniatura (così è il minimalismo del grindhouse, una rappresentazione simbolica del luogo!) un pazzo assassino fugge dopo aver ammazzato un portantino accoltellandolo sul pene. Tre anni dopo, al Saint Trinians College, un’insegnante viene brutalmente assassinata. A sostituirla è chiamata la giovane Julie Parker (Forbes Riley) al suo primo incarico come docente. La ragazza, alla prima lezione, deve scontrarsi con la disattenzione degli studenti ma anche con il controllo ecclesiastico che comanda l’Istituto reprimendo l’ingresso di idee poco cristiane come ad esempio, l’aborto. Tra una ramanzina del prete preside e le bizzarrie di un gruppo di studenti più interessati al sesso, alla birra e alla droga, che allo studio, la povera Julie si trova coinvolta in una serie di omicidi misteriosi. 

L’esordio alla macchina da presa del regista Richard W. Haines trasuda indipendenza da tutti i pori e, in effetti, è stato girato con quattro soldi. Grazie all’apporto di Lloyd Kaufman e soci della Troma, il film venne allungato (al principio durava un’oretta scarsa) e distribuito, diventando negli anni un piccolo cult di mezzanotte. Ma l’horror studentesco porterà, sin da subito fortuna al giovane Haines, visto che due anni dopo, girerà Class of Nuke 'Em High, senza dubbio il suo film migliore e quello più famoso, ancora accentrato nei campus studenteschi. Su Splatter University invece non c’è molto da dire, perché già dal titolo il film si rivela inferiore alle aspettative, tolte infatti due o tre scene di cadaveri sanguinanti, rinvenuti nello sgabuzzino, il gore latita disperatamente. 

Il tono generale è quello caciarone tipico dei college movies anni ottanta, intervallato da una debole commistione con lo slasher che si risolve in maniera piuttosto idiota e banale. Lo psicopatico uccide, i ragazzini fanno casino, l’eroina di turno indaga e sospetta di uno che poi alla fine non è quello ma un altro e via discorrendo. Anche il ritmo non è dei migliori, concedendo alla noia troppi tempi morti necessari ad allungare il brodo di un film dove anche la recitazione generale non brilla di intensità. Il problema principale è che manca quella voglia di strafare, esagerata, tipica di un certo cinema a cui la Troma ci ha abituati. Siamo di fronte ad un thrillerino fatto in casa con due soldi, una scrittura debole, priva di colpi di scena (se non per il twist finale che comunque non sorprende più di tanto) e soprattutto scevra da quelle efferatezze che un titolo altisonante come questo avrebbe dovuto mostrare. 

giovedì 18 gennaio 2024

THE SADIST

 (1963) 

Regia James Landis 

Cast Archie Hall jr., Marilyn Manning, Helen Hovey 

Parla di “miti professori in panne devono affrontare teppisti psicopatici all’interno di una gas station abbandonata” 

La presenza di Archie Hall jr. nei titoli non tragga in inganno l’ignaro spettatore,  qui non siamo assolutamente ai (pessimi) livelli del suo esordio Eegah (1962) considerato uno dei cinque più brutti film di tutti i tempi. L’Elvis Presley del cinema exploitation stavolta interpreta il ruolo di un ragazzino psicopatico di nome Charlie che, con la sua fidanzata Judy (Marilyn Manning), anch’essa non propriamente sana di mente, tengono in scacco tre insegnanti liceali, fermatisi per un guasto a una stazione di servizio apparentemente deserta. I due teppisti, infatti, hanno compiuto un massacro, uccidendo sia i proprietari della gas station sia tutti i viaggiatori che hanno avuto la sventura di capitare in quel luogo maledetto. 

Pura, anzi purissima exploitation americana dunque, ma di quella fatta coi controcazzi da un mestierante americano di nome James Landis (A quanto pare nessuna parentela con il ben più famoso John) che, con un pugno di attori e una trama esile esile come lo stelo di una margherita, riesce a tenere in scacco lo spettatore per oltre novanta minuti. Merito anche delle assurde facce del buon Archie che nel ruolo del matto sembra sguazzarci molto bene e della sua antagonista Doris (Helen Hovey) la quale, tra isterismi vari e una buona dose di coraggio darà del filo da torcere ad una coppia di psicopatici che, invero, hanno certamente ispirato anche il grande Oliver Stone di Natural Born Killers (1994) anche se entrambi i film si riferiscono alla figura del serial killer Charles Starkweather e della sua degna compagna Caril Ann Fugate. 

La gestione della tensione da parte del regista è mirabile, alimentata anche dalla crudezza di certe situazioni come la violenta e feroce esecuzione di Carl (Don Russel) e dai tentativi da parte di Ed (Richard Alden) di ritardare la riparazione dell’auto, come da ordini di Charlie, ben sapendo che, al termine del lavoro, verrà freddato come il collega. Ambientazione sporca e polverosa nel deserto californiano, fatta di strade sterrate, recinzioni marce e fili spinati arrugginiti, serpenti a sonagli e bottiglie di soda agitate per fare schiuma. Un film poco conosciuto, uscito in Italia con il ben poco attraente titolo “A Bruciapelo” ma da recuperare assolutamente. Non a caso è uno dei film preferiti anche da Joe Dante. 

venerdì 12 gennaio 2024

THE SWAMP OF THE RAVENS

(El pantano de los cuervos, 1974) 

Regia Manuel Caño 

Cast Ramiro Oliveros, Antonia Mas, Fernando Sancho 

Parla di “scienziato pazzo cerca di rianimare fidanzata morta ma riesce solo a riempire il pantano dietro casa di morti viventi” 

Girato a Guayaquil in Ecuador con una produzione madrilena, questo oscuro horror di stampo europeo è una di quelle cose strane che noi amanti del weirdo non possiamo permetterci di trascurare. Si perché in un’oretta scarsa di film il regista Manuel Caño (accreditato nei titoli come Michael Cannon) non fa mancare nulla allo spettatore, pur non avendo uno straccio di un quattrino. C’è una specie di scienziato pazzo di nome Frosta (Ramiro Oliveros) che è anche un belloccione, al punto che riesce a compiere tutta una serie di misfatti e comunque può contare sul supporto della dottoressa Moore (Antonia Mas), segretamente innamorata di lui al punto da creargli un alibi. 

Peccato che il nostro Dottor Frosta sia già impegnato con un cadavere, quello della sua fidanzata che conserva gelosamente nella sua baracca all’interno di una palude piena di corvi (che in realtà sono avvoltoi ma non sottilizziamo) e di tanto in tanto se la sbaciucchia tutta con trasporto necrofilo. Censurato e scacciato dalla comunità scientifica, il nostro bel dottore è convinto che la morte sia solo un errore che si può correggere ed infatti ci prova tentando di rianimare una serie di cadaveri, ma visto il fallimento, li scarica nella palude dove vediamo questa massa di teste ciondolanti che sembrano un gruppo di fattoni all’interno di una fumeria d’oppio. L’unico che sembra funzionare è il suo zombie servo che farà una brutta fine quando Frosta gli comanderà di darsi fuoco. 

Nel frattempo ci vanno di mezzo un paio di lebbrosi truccati con pezzi di plastica colorata sulla faccia e dulcis in fundo, il regista ci piazza una vera e propria autopsia di cadavere, realizzata davanti agli stessi attori (quindi non di repertorio ma realizzata proprio appositamente per il film!!!). Ci si aspettava alla fine che gli zombi immersi nella palude si sollevassero dall’acqua in cerca di vendetta ma invece la sceneggiatura di Santiago Moncada  si limita al solito fuoco purificatore e ad uno scialbo finale a sorpresa che sa tanto di telefonato. Lunghi dialoghi snervanti, lentezza dissoluta nel montaggio e una serie di flashback colmi di smielate scene d’amore tra Frosta e la fidanzata (quando era in vita) conducono definitivamente lo spettatore ad una rovinosa pennichella in attesa che il rullo della pellicola imploda su sé stesso.