Regia Naoyuki Tomomatsu
Cast Rina Aikawa, Yui Aikawa, Kazuyoshi Akishima
Il classico marito
borghese torna a casa e comincia a picchiare la moglie per futili motivi, poi
la stupra ma la donna a un certo punto si ribella e con un paio di forbici lo
evira. Inizia così uno zombie movie del Sol Levante talmente demenziale da rasentare
quasi la genialità, non fosse per una realizzazione che grida vendetta e per lo
smodato carico di trash e povertà che trascende da ogni fotogramma. I titoli di
coda seguono i canoni ormai consolidati del cinema dei morti viventi con
frammenti di servizi televisivi accompagnati da un pezzo metal indiavolato che
urla in continuazione "Rape Zombie! Rape Zombie! Rape Zombie!". In
pratica il solito virus che trasforma gli uomini in morti viventi, in questo
caso però sono tutti maschi, girano per le strade ciondoloni con i pantaloni
abbassati e il pisello in perenne erezione e invece di azzannare alla gola, si
dedicano allegramente allo stupro di tutte le donne che incontrano. Il brutto è
che il loro sperma è velenoso per cui, quando "vengono", le povere vittime
muoiono con un poverissimo effetto grafico digitale che ne avvolge il corpo
simulando malamente la secchezza dei propri lembi. Unico modo per ucciderli non
è più sparargli alla testa ma tagliargli via il cazzo, un modo molto allegro
per identificare nell'uomo la parte più pensante del corpo. Quella che
notoriamente muove tutta la sua vita.
Da questi presupposti geniali, il film di
Naoyuki Tomomatsu, campione orientale di
minchiate di questo genere, si sviluppa quasi tutto all'interno di una baita in
legno dove due ragazze, l'infermiera Popputa Nozomi e la mingherlina verginella
Momoko, sfuggite entrambe allo stupro zombesco, si rifugiano in compagnia di
altre due tizie armate fino ai denti. Qui incontrano un religioso asessuato non
ancora contagiato dal male, peccato che i tentativi di sedurlo da parte di una
delle sopravvissute porterà anche lui alla trasformazione. L'unica speranza per
l'umanità è il figlio che Momoko si troverà in grembo dopo aver fatto sesso
lesbico con Nozomi.
La demenzialità extreme splatter tutta giapponese sembra
essere diventata un marchio di fabbrica che contraddistingue certi autori
nipponici, che abbondano di sangue ed effetti digitali caserecci e rozzamente
incollati alle immagini, espressività fuori dalle righe con attori che
spalancano occhi e bocca e urlano come pazzi, con le facce rigate di sangue
mentre pompano a menadito giovani fanciulle sofferenti. Non parliamo poi di
certe ricostruzioni digitali, tipo l'ultima scena del film, talmente brutte e
sbagliate da sembra quasi un dipinto cubista o espressionista. A parte comunque
l'idea di base che fa anche sorridere, il film non si discosta molto dai clichè
tipici di questa cinematografia, con piroette a colpi di Katana, nudità
abbondanti e sesso esplicito (del resto l'argomento di base è questo...),
dialoghi deliranti e recitazione fuori dalle righe. Divertente anche il talk
show televisivo che inframezza la viceda, con uno degli ospiti che inneggia
allo stupro come ritorno alla selvaggia natura dell'uomo delle caverne, scalzato
ai giorni nostri dal dio denaro che mette in mano all'uomo moderno soldi al
posto della clava come strumento di conquista dell'universo femminile.
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