martedì 24 ottobre 2017

CONFESSIONS OF A PSYCHO CAT

(Id. 1968)
Regia  
Cast  , ,



Durante la visione di questo perfetto esempio di sexploitation non ho potuto fare a meno di pensare a Trainspotting, forse Irvine Welsh si è proprio ispirato a questo bizzarro sottoprodotto in bianco e nero per realizzare la storia della sua comunità di tossici. Anche qui troviamo un gruppo di ragazzi dediti al vizio sfrenato, tra heavy petting, marjuana ed eroina irrompe in scena Ed (Ed Garrabrandt) uno spacciatore che racconta di essere invischiato in uno strano gioco organizzato da una ricca psicopatica (Eileen Lord) amante dei safari che ha deciso di cambiare tipo di preda e dedicarsi agli esseri umani. In un flashback la vediamo proporre a tre uomini, tutti invischiati, per varie ragioni, in un omicidio, un patto: se sopravviveranno ad una caccia all'uomo per 24 ore riceveranno un milione di dollari. 

Il safari si svolge a Manhattan e coinvolge, oltre allo spacciatore, anche un vecchio attore e un campione di wrestling (interpretato nientemeno che dal pugile Jake LaMotta) a cui saranno affibbiati dei nomi d'animali (Toro, sciacallo, ecc..) e come tali saranno cacciati. Vediamo infatti, in una delle scene più deliranti, il campione infilzato come un toro durante una corrida dalla "psycho gatta" travestita da torero. Ma il meglio lo dà lo spacciatore stesso in una scena in cui si fa una pera, tutto delirante, nei cessi pubblici, per poi finire infilzato al collo con una balestra in pieno centro cittadino. Il delirio totale della protagonista deriva poi, come si scopre durante le sue numerose sedute psichiatriche, dall'infanzia, quando il fratellino gli buttò il suo cane giù da un grattacielo (!). In tutto questo assistiamo a scene gratuite di sesso e nudità (aggiunte in un secondo tempo) accompagnate da una musichetta psichedelico beatnick che sottolinea, oltre alle scene orgiastiche, anche gli sguardi allucinati della protagonista (che come matta ha veramente talento).

Il regista Herb Stanley agisce sotto lo pseudonimo di "Eve" e si sbizzarrisce in soggettive mozzafiato, primi piani bizzarri e movimenti arditi della telecamera. La storia si ispira, a modo suo a una pellicola degli anni 30 intitolata The Most Dangerous Game (uscito da noi col titolo "La pericolosa partita"). Caratterizzato da una splendida fotografia, questo è un film che sconvolge per la sua crudezza, la sua trasgressione gratuita e l'ostentazione di tutto quanto è malato e perverso nella nostra società. Visto con gli occhi di trent'anni fa è un vero e proprio shock visivo, visto con lo sguardo attuale risulta ancora molto forte, per quanto le mezze nudity (si vedono solo ragazze in mutandine e, in una o due occasioni, qualche nudo integrale), il che la dice lunga su quello che succedeva nel sottobosco della fine dei sixties ma che non ci è stato mai permesso di vedere, almeno fino ad oggi!

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