giovedì 30 novembre 2023

STING OF DEATH

(1966) 

Regia William Grefè 

Cast Joe Morrison, Valerie Hawkins, John Vella 

Parla di “inserviente sfregiato tenta il riscatto sociale trasformandosi in un uomo medusa” 

La prima parola che ti viene da pensare guardando questo film è “poraccitudine”, termine coniato nell’antico impero romano per definire la condizione di schiavitù o comunque di indigenza delle persone meno abbienti. La sensazione di povertà nell’opera di William Grefè (regista di Mako, lo squalo della morte e Tartù lo stregone maledetto) è evidente soprattutto nella realizzazione del mostro protagonista, l’uomo medusa, un poraccio col volto deturpato che si trasforma in un sommozzatore zozzone con tanto di pinne da snorkeling, una serie di cordini colorati che penzolano dalle spalle e un’assurdo sacco della monnezza trasparente, gonfiato come un palloncino, da cui si intravedono le forme del volto della povera comparsa che probabilmente ha rischiato di morire soffocata durante le riprese. 

La pellicola appartiene al genere beachsploitation, ovvero quella serie di spettacoli da double bill dei drive in estivi dove coppiette sfigate che non potevano andare in spiaggia si consolavano guardando film pieni di ragazzi che invece in spiaggia ci andavano. La variante beach o surfsploitation, si arricchiva di tanto in tanto di connotazioni horror a basso costo con mostri dalla bocca di salsiccia (The horror at party beach) o umanoidi pesciolati ripieni di alghe di stoffa (The beach girls and the monster). Quello che non mancava mai in questi spettacoli (realizzati tutti dal 1965 fino al 1968) sono la musica surf o twist, come in questo caso, le ragazze che ballano seminude in spiaggia e i fustacchioni con improbabili costumini colorati. Tutti elementi che in “Sting of death” vengono messi abbondantemente in evidenza generando un’estetica kitsch colorata al limite del psichedelico. 

La trama è molto semplice, c’è un gruppo di ragazzi che vengono decimati in modo orrendo, riportando ustioni sul volto e sul corpo, una famigliola, capitanata da un biologo (Joe Morrison) con un orrendo porro sulla fronte, indaga e scopre che il colpevole è un uomo medusa che spunta dall’acqua all’improvviso, più per l’imperizia del montatore che per l’abilità della creatura di cui, per quasi tutto il film, vedremo inquadrate solo le mani (che indossano dei guanti da giardiniere anneriti), le gambe (una tuta da sommozzatore) e ovviamente i piedi (delle pinne da sub). Quello che più sconvolge lo spettatore, è che tutto questo ci viene mostrato nella sua bruttezza senza alcuna vergogna, con un’innocenza quasi commovente, come a dire: “Siamo poveretti e non ci vergogniamo di farvelo notare, anche se il costo del biglietto non cambia!”. 

Ma se superate l’imbarazzo del costume del mostro allora potete anche tentare di restare svegli durante infiniti dialoghi fra improbabili protagonisti e lunghe quanto noiose corse sull’hovercraft in mezzo alle mangrovie per poi godervi finalmente alcune mostruose medusette di gomma rilasciate in mare a danno dei bagnanti che, quando riescono a non ridere davanti alla telecamera, si mostrano 

giovedì 23 novembre 2023

THE SLAYER

(1982)

Regia J.S. Cardone

Cast Alan McRae, Sarah Kendall, Frederick Flynn

Parla di “Artista affetta da incubi va in vacanza su un’isola di merda che è pure abitata da un mostro assassino”

La partenza al fulmicotone delle prime sequenze di questo horror/slasher a basso costo non deve trarre in inganno lo spettatore, dopo pochi minuti da quando la protagonista Sarah Kendall viene abbrancata da un paio di zampe demoniache, ci accorgeremo infatti che non succede più un cazzo. L’esordio al cinema del mestierante J.S. Cardone (che realizzerà una manciata di titoli di serie B fino all’apoteosi nel 2006 con il bruttissimo Zombies – La vendetta degli innocenti) è un horror a basso costo incentrato sulla figura di Kay, (La Kendall in modalità scream queen) una giovane artista con evidenti turbe psichiche derivanti da una serie di incubi da cui è afflitta. 

Il baffuto fidanzato David (Alan McRae) non trova niente di meglio, per tirarla su, che organizzare una vacanza a quattro in una squallidissima isola deserta, dove l’unico sport ammesso è la pesca e l’unico luogo abitato è una casa in legno piuttosto malmessa affiancata da una specie di magazzino per pescatori che, oltretutto Kay ha già visto nei suoi incubi. Siccome al peggio non c’è mai fine, è previsto pure l’arrivo di un uragano che amplificherà il loro isolamento. Dulcis in fundo la presenza di un mostro assassino che è la cosa migliore del film ma che, ovviamente, vedremo solo per dieci secondi dieci nel finale. 

Il resto è di una lentezza ammorbante, con una serie di omicidi ai danni dei quattro attori del cast. David verrà decapitato e qui siamo in presenza di una scena di necrofilia involontaria con Kay che limona nel letto con il fidanzato ma si accorge troppo tardi che sta baciando solo la sua testa avvolta nelle coperte. L’amico Eric (Frederick Flynn) viene letteralmente catturato con una canna da pesca e trascinato in mare mentre la sua ragazza Brooke (Carol Kottenbrook) è presa a forconate nel magazzino. In tutto questo la Kendall trasforma quello che poteva essere un discreto horror in una farsa ridicola con una recitazione che definire fuori dalle righe è quasi un complimento. 

L’attrice, infatti, (la cui interpretazione assurda stroncherà sul nascere la carriera e, diciamolo…grazie al cielo!) strabuzza gli occhioni a livello esagerato, sputa l’anima dai polmoni strillando come una gallina impazzita. Va detto che la trama, per certi versi, anticipa di un paio d’anni le tematiche del sonno e dell’incubo che faranno la fortuna di A Nightmare on Elm Street. La Kendall, infatti, assediata dal mostro, tenta di mantenersi sveglia in tutti i modi, arrivando a bruciarsi le mani con una sigaretta, ma non c’è nulla da fare, perché l’incubo finale, quello che chiude in bellezza tutta l’opera, si rivelerà nelle terrificanti spoglie di un tenero gattino con il fiocchetto lasciando basiti e sconvolti gli spettatori, ai quali non è stata data nemmeno la possibilità di rimanere svegli fino alla fine.

giovedì 16 novembre 2023

MR. VAMPIRE

(Geung see sin sang, 1985) 

Regia Ricky Lau 

Cast Ricky Hui, Ching-Ying Lam, Siu-Fung Wong 

Parla di “Santone col vizietto dell’esorcismo sgomina vampiri e demoni aiutato (male) dai suoi stupidi discepoli” 

Molto conosciuto tra gli appassionati di cinema orientale, un po meno tra gli aficionados del brutto tout court cinematografico,  il film di Ricky Lau è un vero e proprio contenitore exploitation dove la commedia di genere slapstick si mescola con il cinema di arti marziali e l’horror di tradizione cinese. Non a caso la produzione viene affidata all’attore e regista Sammo Hung che aveva già miscelato i tre generi nel suo Encounters of the Spooky Kind (1980) dando vita al genere jiangshi, ovvero portando sullo schermo i vampiri della tradizione flokloristica cinese, quelli, per intenderci, che zampettano in file ordinate e li risvegli solo togliendo dalla fronte una pergamena che reca un sortilegio esorcistico. Ovviamente anche “Geung See Sin Sang” utilizza gli jiangshi a piene mani esponendoli a scene umoristiche decisamente weird dove i protagonisti, per non farsi vedere dai vampiri, sono costretti a trattenere il respiro (che sarebbe poi il cibo essenziale dei morti viventi) esponendosi a smorfie assurde.

Il protagonista assoluto del film è il maestro Kau (Ching-Ying Lam) che contrasta lo stile sbarazzino del film con un aspetto serioso e perennemente incazzato, ma dotato di conoscenze infinite nel trattamento dei vampiri, al punto da essere interpellato dal riccone di un villaggio per risolvere il caso della morte sospetta di un parente. Manco a farlo apposta si troverà ad affrontare un vampiro, anzi una serie di vampiri saltellanti in doppia fila indiana. Ad aiutarlo nelle sue avventure troviamo il tonto Man-Choi (Ricky Hui) succcessivamente vampirizzato dando vita ad una scenetta surreale dove sfoggia lunghi artigli azzurri come fosse un’indossatrice di alta moda. Accanto a Man-Choi troviamo il giovane Chau (Chin Siu-ho) che nell’ultima mezz’ora verrà ammaliato da uno splendido fantasma di nome Jade (interpretata da una Siu-Fung Wong che da sola merita la visione). 

Come impatto visivo Mr. Vampire sta nel mezzo tra Storie di Fantasmi Cinesi e La Leggenda dei 7 vampiri d’oro della Hammer, con un’impronta alla Buster Keaton soprattutto grazie alle performance dei due aiutanti che ne combinano una dietro l’altra. Scopriamo che il vampirismo può essere curato con una miscela di riso lungo, sul quale il vampiro  subisce lo stesso trattamento della luce del sole, apprendiamo che i vampiri possono essere sepolti con la bara in verticale (è anche un bel risparmio di terreno!) e che strofinandosi due foglie sugli occhi si può vedere il reale volto di un ammaliante spettro deturpato con tanto di occhio pendulo.

Non tutte le gag centrano il bersaglio (l’equivoco del negoziante che scambia la nipote del possidente per una prostituta è penoso) e ci sono purtroppo un paio di uccisioni di animali (un gallo ed un serpente) oltre a qualche situazione veramente troppo surreale (i poliziotti che entrano in una grotta e vengono assaliti da una controfigura con indosso un fintissimo costume da gorilla), ma nel complesso la realizzazione è gradevole, con un occhio sorprendente alla fotografia che richiama il gotico occidentale pur con tempistiche decisamente superate. Rimane comunque uno straordinario successo per il cinema di genere orientale, successo che diede il via ad una vera e propria saga conclusasi nel 1992. 

giovedì 9 novembre 2023

EVVIVA LA LIBERTA’

(Mr. Freedom, 1968) 

Regia William Klein 

Cast John Abbey, Philippe Noiret, Donald Pleasence 

Parla di “Supereroe a stelle e strisce giunge in Francia per sgominare eversivi rossi ma non gli andrà tanto bene” 

Perfettamente allineato con i movimenti del cosiddetto Maggio francese del 1968, il film di William Klein è una farsa grottesca che mira a ridicolizzare l’imperialismo americano dell’epoca (visto che poi tale imperialismo è decisamente peggiorato). L’incipit vede una famiglia di neri che nasconde in casa una lavastoviglie appena rubata ma viene subito intercettata dal supereroe Mr. Freedom (John Abbey) che irrompe nell’abitazione sparando da tutte le parti. Dotato del tipico mascellone a stelle e strisce nonché vestito come un giocatore di Superbowl con un ridicolo para-addominali di gomma sulla pancia somigliante ad un intestino in libera uscita, il nostro eroe viene incaricato dal suo capo, il Dr. Freedom (Donald Pleasence) di recarsi in Francia e indagare sulla misteriosa morte del super Capt. Formidable (interpretato dal cantante Yves Montand) e su certi gruppi comunisti sospetti. 

Affiancato dall’affascinante eroina Marie-Magdalene (Delphine Seyrig) e da 25 scalcagnati supereroi (tra cui si intravede ogni tanto anche l’immenso Serge Gainsbourg, peraltro coautore della colonna sonora) all’interno di una caotica palestra piena di orpelli kitsch, Mr. Freedom deve affontare l’assurdo Mugik Man (lett. Il contadino) e il mostruoso Super Mao Mao che è una specie di pupazzo gigante che somiglia a quei gonfiabili installati nei parchi gioco a pagamento. Se all’inizio, la trama assume una confortevole direzione da spy story farsesca, andando avanti nella narrazione il delirio si fa sempre più evidente. Klein utilizza immagini di repertorio nelle scene di massa mentre per gli interni spara a mille i colori tipici della bandiera americana trasformandoli in un vessillo tanto sfarzoso quanto esuberante, con hostess a stelle e strisce che danzano attorno all’eroe in visita al centro commerciale, elmetti in plastica, costumi da wrestler, stivaloni e costumi colorati, il tutto con un’ottica satirica che sembra incrociare l’anarchia esuberante del cinema della Troma con l’umorismo dissacrante dei Monty Python. 

Non sempre si ride (anzi si ride pochissimo in realtà) ma alcune trovate risultano geniali come la distruzione delle città francesi semplicemente mettendo dei segnali sulla mappa della nazione, o il sondaggio che fa scoprire a Mr. Freedom di non essere poi tanto amato (anzi). Philippe Noiret interpreta Mugik Man e si diverte a indossare calzamaglie rosse strapiene di imbottiture mentre il buon Pleasence si limita a comparire nel video orologio del supereroe. Diciamo che, se siete stufi del solito cinema propagandistico americano e volete riderci un po’ sopra, questo è il film giusto, ovviamente con le dovute contestualizzazioni.