mercoledì 26 gennaio 2022

THE NOSTRIL PICKER

 (1993) 

Regia: Mark Nowicki 

Cast: Carl Zschering, Edward Tanner, Laura Cummings 

Genere: Commedia, Thriller, Horror 

Parla di “Maniaco cannibale dalla caccola facile, scopre il potere di tramutarsi in una teenager per massacrare agevolmente le sue compagne di scuola” 

Quando uno scopre un film che porta questo titolo (Lo scaccolatore) si aspetta di trovarsi di fronte un Cult non ancora rivalutato dalla massa, in realtà assistendo alla visione, ci si rende conto ben presto di quanto sia pretestuoso, visto e considerato che il protagonista, un maniaco disadattato con tendenze omicide e cannibali che reca il nome di Joe Bukowski (un tiepido omaggio allo scrittore e poeta alcolista Charles Bukowski), si mette le dita nel naso non più di due volte durante tutto il film. In realtà è molto più appropriato l’altro titolo con cui la pellicola di Mark Nowicki (noto più che altro per la sua attività di Colorist, infatti The Nostril Picker è l’unico film da lui diretto) è conosciuta, ovvero The Changer. Infatti la trama narra le vicende di questo Joe (interpretato da uno sconosciuto non attore di nome Carl Zschering) vestito perennemente con un’assurda camicia color escremento, il quale, mentre passeggia per i sobborghi di una cittadina del Michigan, incontra un senzatetto che adocchia il Gin appena acquistato. 

In cambio della bottiglia, il vecchietto offre a Joe il potere di cambiare aspetto. Da qui in poi il film prende una piega quasi da commedia studentesca, Joe, infatti, si tramuta in una bionda liceale e comincia a frequentare la scuola e soprattutto un gruppetto di ragazzine chiacchierone. Nelle sequenze successive troviamo comunque l’espediente narrativo più originale del film, Joe trasformato in teenager, infatti, lo vedono solo nel film, lo spettatore vede quindi il disadattato maniaco, perennemente con le mani in tasca e la voce gutturale, frequentare i banchi di scuola, tentare di copiare durante i compiti in classe e seguire le altre ragazze nel bagno delle femmine e negli spogliatoi. L’effetto è sicuramente divertente ma l’oscillazione tra commedia e thriller cambia dopo il primo omicidio. Tramutato in ragazzina, il nostro Joe dà appuntamenti solitari alle sue amiche per poi massacrarle con uno stiletto e divorarne brani di carne. Ma le atmosfere più Weird sono sicuramente quelle ambientate nello squallido stanzino in cui vive il maniaco, stanzino che viene ampiamente inquadrato da una telecamera che ruota a 180° per mostrarci ripetutamente il vecchio televisore scassato, il giradischi sulle casse del mercato e soprattutto la bambola gonfiabile con cui Joe si dedica a romantici valzer. 

Ispirandosi da una parte alle suggestioni urbane del Maniac di William Lustig, con tanto di fantasmi delle vittime insanguinate e vestite di bianco che tornano a redarguire l’assassino, e dall’altra a Psycho con l’immancabile madre castratrice dell’assassino che spunta nelle sue visioni, il film di Nowicki mescola senza ritegno elementi diversissimi tra loro ma rimane sempre indeciso se esplodere nel marasma irruento del trash o se cercare di assomigliare ad un film d’autore restando decisamente troppo timido per lasciare traccia al suo passaggio. Forse qualche caccola in più avrebbe permesso al regista, come Pollicino, di ritrovare la strada maestra, quella che avrebbe trasformato The Nostril Picker in un film culto.  

mercoledì 19 gennaio 2022

LIONMAN

 (Lionman II: The Witchqueen, 1979) 

Regia Mehmet Aslan 

Cast: Francis Mughan, Eris Akman, Necdet Kökes 

Genere: Fantasy, Avventura 

Parla di “ Re forzuto con guantoni da boxe mena di brutto tutti quelli che vogliono rubargli il trono” 

Giuro che pensavo di trovarmi davanti ad un porno quando ho iniziato a guardare l’inizio, con quell’assurdo dialogo tra questa biondona riccioluta praticamente coperta solo nelle parti intime con dei cocci di metallo e una specie di monaco inquadrato solo di spalle. Non parliamo dei titoli di testa, realizzati con caratteri amatorialissimi mentre scorrono le parti migliori del film (se esistono!) rovinandocene così la visione successiva. In realtà questo Lionman sarebbe il seguito di un film del 1975 ma realizzato con attori diversi, questo seguito, invece, viene pensato per il mercato estero, con attori di nomea esterofila come il protagonista Francis Mughan, incrocio tra Iggy Pop e Nino D’Angelo e la sconosciuta Dee Taylor nella parte della strega cattiva ed unico vero interesse che può scaturire dalla visione del film. 

Il resto della produzione è perfettamente turca, con nomi di attori americanizzati e persino una didascalia, a inizio film, che ne dichiara la provenienza ma quasi lasciando intendere che, di turco, il film abbia solo le location. Strategia commerciale a parte, la qualità di questo mediocre fantasy è a dir poco aberrante. L’eroe del titolo è una specie di re cresciuto da bambino in mezzo ai leoni (vediamo infatti una specie di flashback assurdo dove c’è un bimbetto che gioca con un leoncino mentre mamma e papà leone si guardano perplessi) al quale hanno bruciato le mani, giusto per permettergli di utilizzare enormi guantoni da boxe muniti di artigli con i quali scazzotta, schiaffeggia, graffia e si arrampica sui muri per tutto il film. Al suo fianco una specie di corte dei miracoli, con un vecchietto che fa acrobazie degne del Cirque Du Soleil, un nanetto sosia di Little Tony che sventola due seghe circolari di gomma e un gigantesco omone che pensa solo a mangiare e fa il verso a Bud Spencer. 

Dalla parte opposta, oltre alla strega ignuda che controlla le menti con un falchetto e un anello sprigionante raggi laser, c’è anche il re cattivo Belisarius che porta delle sferette sulle spalle ma scopriremo poi che sono dardi omicidi. Senza addentrarsi troppo sulla trama, il film è tutto un correre, saltare e menare fendenti all’aria con un mucchio di soldati che sembrano dei ranger canadesi con l’elmetto, enormi piante grasse che imprigionano e un coccodrillo stuzzicadenti che passa il tempo a fare bolle in un fetido stagno. Sulla recitazione stendo un velo pietoso ma non sui costumi che sono decisamente Camp, in particolare la psichedelica tutina rosa della fidanzata di Lionman. Se l’intreccio narrativo arranca in un susseguirsi di intrighi, rapimenti e omicidi di corte, il finale rimane comunque aperto ad un terzo capitolo che, per nostra fortuna, non verrà mai realizzato. 

domenica 9 gennaio 2022

GORATH

(Yosei Gorasu, 1962)

Regia: Ishirō Honda

Cast: Ryo Ikebe, Ken Uehara, Takashi Shimura

Genere: Catastrofico, Fantascienza, Kaiju Eiga

Parla di “planetoide assorbitutto minaccia la Terra ma gli umani mettono un turbo al Polo Sud per spostarne la traiettoria”

Nessuno meglio dei giapponesi riesce a descrivere cinematograficamente il genere catastrofico e Ishiro Honda è il regista più appropriato per farlo, non stupisce quindi che sia lui a tirare le redini di questo enorme polpettone fantascientifico in cui la madre di tutti i disastri irrompe sull’umanità con le sue ali distruttive. Nello specifico Gorath è un gigantesco pianeta o meglio una sorta di sole assorbente che ingloba al suo passaggio meteoriti, comete e pianeti interi e si dirige minaccioso sulla Terra con le conseguenze che possiamo immaginare. Di sicuro il cinema giapponese non lesina in fatto di esagerazioni e assurdità, per non parlare dell’esaltazione del sacrificio e dell’eroismo a 180 gradi, valori per i quali riesce ad essere più stucchevole del cinema americano. Eppure ai nipponici non si può non volergli bene, sia per la semplicità e la tenerezza con cui provano ad affrontare le peggio prove, tutto questo però porta opere come Gorath nell’Olimpo del Weirdo e del Trash, ed è una strada da cui è difficile tornare indietro. 

Da dire che, a livello tecnico, la pellicola è nettamente superiore ad altre prove del periodo, anche dello stesso Ishirō Honda che ci ha pur sempre regalato capolavori inarrivabili. I modellini usati per il film, tralicci dell’alta tensione, cingolati, trenini elettrici, silos e container, sono incredibilmente realistici, al punto che, se ogni tanto non capitolasse qualche soldatino fintissimo nella scena, avremmo quasi la percezione di assistere a scene reali. Peccato che, in tutto questo, l’esagerazione tipicamente giapponese tenda a trasformare un buon film di fantascienza in una fiera dell’assurdo. Basti pensare che, per evitare il disastro, in questa avventura, viene ideato uno degli espedienti più assurdi mai visti sul grande schermo, ovvero spostare la traiettoria della Terra grazie ad una serie di enormi cannoni posizionati al Polo Sud la cui energia scaturita, trasformerà la Terra in un gigantesco velivolo in grado di spostarsi nello spazio. Lasciando perdere l’assurdità della cosa, non si può far finta di nulla quando assistiamo alla mezza luna che viene fagocitata dal planetoide, come se fosse staccata dalla carta da parati nella cameretta del bambino. 

E visto che al peggio non c’è mai fine, verso gli ultimi venti minuti di film, spunta fuori anche l’immancabile Kaiju Eiga, rappresentato da un imbarazzante trichecone gigante con un costume talmente brutto che sembra la muta di un sommozzatore (Attack of the Giant Leeches docet!), per fortuna Honda deve essersi vergognato lui stesso di questa apparizione, perché la fa fuori nel giro di pochi minuti, distrutta dal laser scaturito da un elicottero. Per il resto il solito eroismo senza vergogna fa capolino nel film grazie all’apporto di scienziati dediti senza tregua a farsi carico del destino dell’umanità capitanati da un “filosofo” (Takashi Shimura) con giganteschi labbroni che beve Whisky per imitare gli americani, e grazie all’abnegazione di un gruppo di piloti spaziali che vanno in giro a rompere i coglioni ai generali, impazienti di andarsi a sfracellare contro Gorath, non prima di averne verificato la massa grazie ad un ridicolo periscopio spaziale (l’astronave sarà stata riciclata da un sommergibile), massa di cui, per tutto il film spuntano ipotesi confuse e contraddittorie, c’è chi dice che Gorath sia 6000 volte più grande della Terra e chi dice che sia la metà come dimensione ma con una massa grande 6000 volte e così via.  A parziale attenuante, bisogna dire che i giapponesi stavolta coinvolgono anche il resto del mondo nelle loro fantasie eroiche ma solo per farlo assistere al loro incoerente e demenziale successo.