mercoledì 22 febbraio 2023

IL DIAVOLO ABITA NEL TEXAS

(Through the fire, 1988) 

Regia Gary Marcum 

Cast Tamara Hext, Tom Campitelli, Linda Tatum 

Parla di “coppietta male assortita indaga su sorella scomparsa e deve affrontare una creatura diabolica” 

La fine del periodo delle videocassette ha avuto anche dei risvolti positivi, se si accantona per un momento l’aspetto affettivo nei confronti della VHS e si passa alla visione di questo pessimo esempio di cinema indie americano anni ottanta, ci si rende conto che la caduta nell’oblio di certi nastri non è poi necessariamente un male. Unica prova registica di Gary Marcum (cineoperatore in perle underground come Interface e Night Vision), questo Through the Fire è un raffazzonatissimo thriller in salsa satanica che a livello di confezione, cast e make up, potrebbe anche risultare gradevole, ma crolla miseramente nel comparto effetti speciali e soprattutto in quello narrativo dove il pasticcio di sceneggiatura non perdona il povero spettatore, da una parte tramortendolo di noia, dall’altra stordendolo con situazioni al limite dell’imbarazzo. 

A voler trovare qualche motivo di interesse, possiamo segnalare la presenza dell’avvenente Tamara Hext nel ruolo della protagonista (Miss Texas 1984) che troviamo all’inizio in un bar mezza ubriaca a lanciare noccioline contro il barista che si rifiuta di servirla. Poi entra in scena quel bellimbusto di Tom Campitelli nel ruolo di un poliziotto inverosimilmente gentile che si offre di aiutarla, fuori dal lavoro, alla ricerca della sorella scomparsa misteriosamente. Nell’intreccio ci sono un po' di morti ammazzati da una creatura diabolica che non si vede mai, le morti sono ridicole e vengono letteralmente macellate da un montaggio frettoloso in cui non si aspetta manco che finisca una sequenza prima di passare a quella successiva. La presenza maligna si manifesta successivamente con l’ingresso di allucinanti effetti speciali creati con un commodore 64 che fa apparire una serie di fuochi fatui digitalizzati molto simili a grossi spermatozoi e cominciano a roteare sui protagonisti in un tripudio di luci fiammeggianti e ventilatori impazziti. Ma quando spuntano due diverse fazioni, una setta votata al male e un gruppo di combattenti virati al bene, la situazione dal punto di vista narrativo diventa sempre più incasinata. 

Si riesce a percepire, anche dall’altro lato dello schermo, la viva difficoltà di Marcum nel tenere in piedi quest’assurda baraonda, oltretutto penalizzata da una fotografia che nel diurno si presenta piatta e televisiva e nel notturno rifiuta persino di palesarsi lasciando lo schermo buio e attraversato da forme indefinite e indecifrabili all’occhio umano. Nel finale la protagonista verifica che il suo compagno non sia stato posseduto dal diavolo obbligandolo a recitare il padre nostro, questi ovviamente non se lo ricorda ma va tutto bene e i due eroi possono uscire di scena sani e salvi mentre, ovviamente il pubblico rimane lì a pregare al posto loro di non dover mai più sorbirsi una simile bruttura cinematografica. 

mercoledì 15 febbraio 2023

BLOODSUCKERS FROM OUTER SPACE

(1984) 

Regia Glen Coburn 

Cast Thom Meyers, Laura Ellis, Dennis Letts 

Parla di “ventaccio oltrespaziale trasforma odiosi contadini razzisti del texas in odiosi contadini razzisti vampiri”  

Uscito da noi direttamente in Home video con una bella copertina arancione che non c’entrava un cazzo con l’argomento trattato ed un titolo (Transformer???) che c’entrava ancora meno, il film di Glen Coburn si è ritagliato, soprattutto in America, una discreta aura da cult movie di mezzanotte convincendo così il regista, nel 2008, a realizzare una sorta di documentario backstage di 30 minuti intitolato “Bloodsuckers reunion”. La pellicola, invero, è un raffazzonatissimo low budget movie realizzato nelle squallide province agricole texane dove una specie di vento proveniente dall’oltrespazio trasforma i contadini in vampiri color verde acqua. La prima sequenza vede la mutazione della prima vittima con un collage di montaggio della comparsa (un demenziale contadino) che fa le piroette per strada, si mette a sputare sangue e crolla sul selciato in una pozza rossastra salvo svegliarsi di colpo con la faccia colorata di azzurro e striata di rosso. 

Dopo la divertente canzoncina iniziale (che ricorda quella di Killer clowns from outer space) parte la demenzialità dei dialoghi in cui però si annida la satira sociale che il regista riversa soprattutto sull’ignoranza provinciale fatta perlopiù di razzisti imbolsiti per i quali oltre gli Stati Uniti e i macho di pelle bianca non esiste altra ragione di essere. Satira che si sviluppa nel divertente dialogo tra il protagonista Jeff (Thom Meyers) e lo zio adottivo, classico americanoide che siede in salotto con indosso gli stivali da cowboy, mentre cerca di convincere il nipote che arte e cultura sono merda secca e che il suo unico futuro è nell’aratura dei campi. Uscito di casa Jeff buca uno pneumatico dell’automobile e in un impeto di rabbia finisce di sfondarla a colpi di crick. Viene poi raccolto dalla bella Julie (Laura Ellis) con cui iniziano a farsi di elio in bombola mentre nelle case vicine l’epidemia di vampirismo si sviluppa vorticosamente. 

Dulcis in fundo Coburn non risparmia scienziati ed esercito che, in una base militare, si scontrano su come affrontare la crisi. Ovviamente la spunteranno le forze armate con un demenziale Generale Sanders (Dennis Letts) che si farà dare l’autorizzazione al lancio dell’atomica nel circondario da un Presidente degli Stati Uniti più impegnato a palpare le tette della sua segretaria che a monitorare i problemi della nazione. Immancabile anche l’omaggio a Psycho con la trasformazione dietro le tende del fratello poliziotto di Jeff arricchito da dettagli sanguinolenti nello scarico della doccia come vuole la buona tradizione Hitchcockiana. Per il resto gli attori sembrano sempre sul punto di ridere, gli effetti gore sono un tripudio di moncherini di plastica e pompatine di sangue finto, il montaggio spesso risulta imbarazzante almeno quanto i dialoghi e soprattutto i doppi sensi nell’uso della parola “Suck” con cui si cerca, senza riuscirvi, di trasformare in commedia questa patetica baracconata agreste.  

giovedì 9 febbraio 2023

SEXCULA

(1974) 

Regia John Holbrok 

Cast Jamie Orlando, Debbie Collins, John Alexander 

Parla di “scienziata pazza crea toy boy per lussuriosa vampira infilando siringoni nel pene” 

Incredibile ma vero, esistono pellicole porno dove anche togliendo le scene hard, rimarrebbe comunque un bel film, ovviamente contestualizzato alla media dei prodotti usciti nelle sale a luci rosse a cavallo tra gli anni settanta e i primi anni novanta, ovvero fino alla scomparsa dei cinemini porno a favore del web a tripla X. E’ il caso di questo Sexcula, che sulla carta sembra una versione hard di Dracula ma che poi, in realtà, è più affine al mostro di Frankenstein, rivolgendosi in particolare ad un pubblico strafatto di acidi e tempestato di testosterone. Siamo in campagna, due ragazzi in auto raggiungono una casa in disfacimento, o più verosimilmente uno scheletro di cantiere mai completato. La ragazza afferma che è la casa dei nonni ed infatti, al suo interno trova un libro antico contenente un’assurda storia che i due si mettono a leggere nel prato, a guisa di sexy picnic, visto che lei è completamente nuda. La storia è quella del dottor Fallatingstine (interpretata da Jamie Orlando che purtroppo per noi non ha avuto fortuna nel cinema, peccato perché meritava!) che nel suo laboratorio tiene legati sul lettino un uomo e una donna. 

La scienziata in vestitino verde, infila una siringa nel pene dell’uomo, che si chiama Frank ed è una sorta di creatura costruita appositamente per essere un toy boy per lei e per la contessa Sexcula (Debbie Collins) che vediamo nelle prime scene, impegnata a darci dentro tra sesso e fellatio. Apprendiamo comunque che il povero Frank ha una disfunzione erettile ed è per questo che gli viene somministrata la cura di iniezioni peniche. Di seguito assistiamo ad una serie di sequenze bizzarre dove l’immancabile servo gobbo cerca di trombarsi la donna sul lettino, una giunonica prosperosa con un assurdo elmetto di metallo in testa che comunica telepaticamente. Purtroppo per il servo, i suoi tentativi vengono sempre interrotti, prima dallo scienziato e successivamente, da una comparsa mascherata da scimmione perennemente infoiato. Lo stesso scimmione che vediamo stuprare un efebica ballerina in una sorta di spettacolo di danza e drammaturgia che alla fine riceve anche applausi. 

Seguono altre scenette assurde tra cui un rapporto saffico in carrozza (che non si vede mai all’esterno perché probabilmente costava troppo il noleggio) e soprattutto una virata nel metacinema con la produzione di un film porno dove si mette in scena un matrimonio con orgia finale, il tutto davanti allo sguardo esterefatto del prete che “esterefatto” non lo è poi tanto visto che alla fine partecipa anche lui ai rapporti. Recitazione marmorea a parte, il film ha il suo fascino psichedelico, merito di una fotografia satura e alcuni giochi di colori che puntano soprattutto sul rosso e il blu. Si potrebbe quindi considerare un antesignano a colori di quel capolavoro del porno che uscì l’anno successivo, il bizzarro Thundercrack! di Curt McDowell, in entrambi troviamo infatti lo stesso scimmione mascherato (che del resto troveremo anche anni dopo in Una Poltrona per due). Sexcula è l’unica prova registica di John Holbrok che fece carriera come operatore di camera in film come Rambo o Scary Movie 3.