Regia Ugo Liberatore
Cast Renato Cestiè, Rena Niehaus, Yorgo Voyagis
Venezia, da culla dell'arte e del
romanticismo a luogo di tenebra e orrore...sembra un paradosso, ma il cinema,
in più occasioni ha dipinto la serenissima a tinte fosche e malate come nel
caso di quest'opera dello sceneggiatore e regista Ugo Liberatore, opera che
segna il suo addio alla scarsa (solo sette film) carriera nel campo della
regia. il risultato di questo pastiche decadentista è un miscuglio tra Lucio
Fulci, Dario Argento, Il Presagio e Rosemary's Baby dove le atmosfere malsane
di una città fosca e deserta valgono più dello sviluppo narrativo e sopratutto
della recitazione del cast, a partire da giovane Renato Cestiè che interpreta
Mark, un biondino cieco che passa tutto il tempo ad avere folgoranti visioni di
un uomo in nero (Yorgo Voyagis) che trafigge le sue vittime con un bastone (ma
come fa???), fa cadere una candela con cui carbonizza la vecchia zia, si prende
finestrate in faccia, se ne va in giro di notte rischiando di finire nel
canale, si lava le mani da un rubinetto pieno di lombrichi...insomma gli
capitano tutte le sfighe del mondo, salvo poi rendersi conto che il figlio
della sorella Christine (Rena Niehaus) concepito da vergine con il solo tocco
del satanico ospite della locanda (l'uomo nero dei sogni di Mark) è in realtà
l'anticristo.
La paranoia viene alimentata anche dal marito di Christine, un
magrissimo Fabio Gamma, che finirà bucherellato da chiodi e spuntoni. Del resto
anche il prete che battezza l'infante finisce maciullato dalle eliche di una
barca. Intanto il giovane Mark tenta tutti i giorni di riacquistare la vista
bagnandosi con l'acqua schifosa proveniente da un lurido pozzo pieno di topi e
serpenti, non contento beve acqua da bicchieri pieni di vermi e non si accorge
quando qualcuno gli si impicca davanti. Alla fine non gli resta altro che
compiere l'atto estremo lanciando l'infante contro una colonna piena di punte e
qui Liberatore non ci fa mancare niente mostrandoci in dettaglio il corpicino
crivellato nella più pura e trucida tradizione italiana di una volta, quando la
censura ce faceva nà pippa a noialtri! Se da un lato la messa in scena gode di
scenari perfettamente ad hoc come
magazzini disastrati, cantine puzzolenti, strade nebbiose e pensioni
fatiscenti, dall'altro la realizzazione appare piuttosto goffa, pur godendo di
uno script tutto sommato decente.
La Niehaus, più generosa ne "La
Orca", ci mostra solo le tettine e recita tutta isterica come del resto
anche Cestiè che preferivamo decisamente ne "Il venditore di
Palloncini", almeno lì ci faceva piangere per la trama e non per la
realizzazione del film (oddio anche per quello mi sa...). In ogni caso Nero
Veneziano è un film che va visto, un po perché non esistono altri film satanici
ambientati a Venezia, un po perché
dopotutto e nonostante la sua rozzaggine, è un film che riesce anche a
divertire.
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