mercoledì 24 aprile 2024

VENNI, VIDI E M’ARRAPAHO (1984)

Regia Vincenzo Salviani 

Cast Giziana Spatrisano, Alessandro Cerquetti, Athena Minglis 

Parla di “sfigatissimi musicisti in cerca di gnocca tentano di vincere un concorso mentre sullo schermo esplodono le note di soavi canzoncine che ci suggeriscono quanto è dolce la patata” 

Non è ben chiaro se il termine “M’arrapaho” inserito nel titolo sia uno stratagemma opportunistico per sfruttare il contemporaneo successo del film di Ciro Ippolito dedicato agli Squallor, se si riferisca al nome della band protagonista, ovvero gli Arrapathis, o meglio ancora alle pulsioni sessuali dei suoi membri, perennemente malati di figa, al punto che anche i testi delle canzoni che dominano la trashissima colonna sonora esprimono totalmente l’urgenza di una sana chiavata. In realtà assistendo alle vicissitudini di questi quattro sfigati, non si giungerà mai a null’altro oltre a qualche casto bacetto da parte delle loro pseudo fidanzate con cui, per tutta la durata del film, non faranno altro che scorrazzare per le vie cittadine, infrattarsi nei parchi o simulare coiti con la voce previo colazione pagata per tre mesi. 

Per il resto i giovanottoni passano il tempo a rubare il pesce che due pescivendoli concorrenti si lanciano sulla piazza cittadina, per poi utilizzarlo come pagamento del noleggio di un sassofono appartenente ad un vecchio bisbetico con la figlia perennemente sdraiata sul letto che i quattro si divertono a sbirciare nascosti dietro la porta. Approvvigionatisi del suddetto strumento li vediamo esibirsi poco convinti presso una sala da ballo durante le lezioni di aerobica dirette da un pederasta che sembra il fratello scemo di Ninetto Davoli. Più interessati ad osservare culi e tette delle ballerine che a suonare, i quattro scemi affronteranno a fine film, persino un concorso musicale dove finalmente la fidanzata del sassofonista, membro della band nemica (i due leader si sfidano all’inizio persino ad una gara di motocross) decide di cantare con gli Arrapathis e sfodera una voce di gallina in grado di sfondare un cristallo di Boemia a chilometri di distanza. Il finale poi è una perla di montaggio dove la figlia del proprietario del sax (che senza soldi si rifiutava di prestarlo per il concorso) ruba lo strumento al padre ed entra nel teatro, dopodichè stacco improvviso e il protagonista si alza dal pubblico suonando meravigliosamente. A questo punto, gli spettatori si sorbiscono una smielatissima canzone in inglese maccheronico ed il pubblico esplode di gioia decretandoli vincitori senza che si faccia manco la fatica di far annunciare la vittoria al deprimente presentatore, la cui faccia sembra appena risorta dalla bara. 


Recitazione da filmaccio alvarovitaliano pierinesco arricchita da sequenze panoramiche messe a casaccio, il film diretto dal regista per caso Vincenzo Salviani (più conosciuto come produttore del resto) e coadiuvato da Mario Bianchi (conosciuto soprattutto per le sue pellicole hard), è un curioso mix tra la commedia giovanilistica in stile Porky’s e il musicarello, dove per l’appunto la componente trash è maggiormente rappresentata dalla colonna sonora. Brani come “Monica”, “La canzone del cacchio”, “Luna donna luna” e il grande successo “Come Sarà” rappresentano il punto di non ritorno del minimal synth pop danzereccio anni ottanta arricchito da testi inenarrabili di cui pubblichiamo volentieri un estratto dalla poetica “Domenica Svortamo” 


Domenica Svortamo, 

Sento odore di scopata 

Finalmente scoprirò 

Come è dolce la patata 

(Ritornello: Meeee laaa 

ìImpossibile non commuoversi di fronte a siffatta poesia mentre sul video scorrono le immagini di un guitto che tenta di cantare in playback con una voce non sua e la banda si scaracolla giù dagli scivoli. 

Questo (non) è cinema, ragazzi! 





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