giovedì 16 marzo 2023

FUGA DAL CARCERE FEMMINILE

(Bad Girl Dormitory, 1987) 

Regia Tim Kincaid 

Cast Donna Eskra, Teresa Farley, Rick Gianasi 

Parla di “carcere minorile attua un programma sperimentale ma siccome in questo film non si capisce un cazzo, noi non sapremo mai in cosa consiste…” 

Oggi parliamo del brutto cinematografico nella sua essenza più pura e da questo presupposto non può che scaturire un nome solo: Tim Kincaid, regista formatosi nell’ambiente gay porn con pseudonimi vari tipo Mac Larson o Joe Gage e approdato nella seconda metà degli anni ottanta al cinema di serie ultra-zeta di prevalenza horror fantascientifico per un breve periodo, salvo poi rientrare dalla porta di servizio nel mondo a luci rosse con l’avvento del nuovo millennio. Eppure nonostante i risultati pessimi delle sue produzioni il buon Kincaid mise a segno almeno un capolavoro, ricordato oggi come uno dei più brutti film mai realizzati al mondo, quel cult assoluto che rispondeva al nome di Robot Holocaust, una robaccia immonda ma divertentissima. Prima di arrivare a cotanta schifezza, Kincaid ci aveva già preannunciato di che pasta era fatto con le due opere precedenti, realizzate l’anno prima, ovvero l’horror Breeders e l’imbarazzante Bad Girl Dormitory uscito in videocassetta da noi con il titolo “Fuga dal carcere femminile”. 

In pratica Kincaid dirige con quest’ultimo una sorta di W.I.P. fuori tempo massimo ma realizzato con un’imperizia tecnica da far impallidire i cugini brasiliani, che su pessimi Woman in prison ci hanno costruito un impero, ma al cui confronto sembrano dei capolavori neorealisti. Gli antefatti ci mostrano una tizia appollaiata su un cornicione con un lenzuolo legato ai piedi, mentre non si sa da quale finestra, alcuni tizi la guardano con occhi sornioni. Dopo un tempo  che sembra eterno in cui la videocamera rimbalza da una faccia all’altra, finalmente la tizia si butta di sotto, schiantandosi contro il muro. Il film prosegue mostrandoci in modo piuttosto frettoloso gli arresti di un paio di ragazze, una che si spoglia ad un provino e un’altra a cui gli lasciano in mano il sacchetto della droga giusto un attimo prima che arrivi la polizia (insomma due geni!). Scopriamo poi la direttrice platinata e ipertruccata di un centro di riabilitazione per minorenni dove tutte le carcerate hanno invece gli anni di Noè, la quale vuole imbastire un non ben specificato programma sperimentale. 

In realtà tutto il resto del film lo passeremo a guardare le carcerate spogliarsi nelle docce, nei corridoi, nei sotterranei mentre flirtano con le guardie. Non manca l’infermiera lesbica ipertruccata ma stranamente, nel film non compaiono scene saffiche. In compenso Kincaid non lesina in scene di combattimenti, talmente ridicoli, lenti e montati approssimativamente che risulta difficile restare svegli durante la visione. L’unica scena forte è l’uccisione di una carcerata che viene strangolata con il fil di ferro fino a reciderle completamente il collo ma a parte questo la sceneggiatura è completamente pasticciata e il montaggio completamente privo di un filo logico. In particolare non si capisce quale sia il problema di questo carcere dove, a parte l’esterno che sembra un normale condominio ripreso da lontano, non si fa altro che ballare canzoni techno - pop anni ottanta (che peraltro plagiano i Depeche Mode) durante l’orario visite, trombare con i secondini nelle docce, fumare come ciminiere e snocciolare una profusione di improperi in mensa. Non c’è da stupirsi quindi che la protagonista, chiamata opportunatamente Rebel (Donna Eskra) dopo aver fatto fuori tutto il personale a fucilate, direttrice compresa, decida di rimanere nel carcere e diventare una sorta di boss della mala.  

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