Regia Hajime Satô
Cast Shin'ichi (Sonny) Chiba, Peggy Neal, Franz Gruber
Diciamocela tutta, la "neve
marina" è un misto di spazzatura, merda e cadaverini decomposti che
formano una specie di polvere bianca che scende nelle profondità del mare.
Insomma la spazzatura che diventa elemento poetico e romantico in una scena di
questo film del 1966 diretto da Hajime Sato, regista di un cult psyco dark come
"Il pozzo di satana" ed interpretato da una stella del cinema
nipponico come Sonny Chiba. La premessa è giusto per ribadire il concetto che
anche in un film trash i risultati possono essere entusiasmanti e, difatti,
questa produzione creata ad hoc per il mercato internazionale, con tanto di
cast misto nippo occidentale, trasuda di weirdo dall'inizio alla fine, ma un
weirdo di tipo gioioso, un pò come le espressioni degli attori, che, spesso,
sembra ridano loro stessi di quello che stanno facendo, non fosse altro per la
loro cagneria. Si inizia con una dimostrazione di modellini di sommergibile che
si silurano l'uno con l'altro, ma durante il test, i giornalisti presenti
scorgono nelle profondità marine una strana ombra a forma di uomo pesce.
I due
reporter Ken e Jenny (Sonny Chiba e Peggy Neal) decido di immergersi con le
bombole per cercare la strana creatura. Dopo un buon quarto d'ora di riprese
d'immersione in cui potete benissimo dedicarvi ad altre attività (tipo
scaccolarvi, chattare, dormire o farvi una chiavata) perchè tanto non succede
una minchia, ecco spuntare il primo mostro del film, a cui ne seguiranno tanti
altri. Trattasi di una specie di pinguino a dimensione umana rivestito con una
tuta di plastica verdastra e artigliacci nelle mani. I due giornalisti lo
fotografano ma (ahimè) la macchina fotografica rimane nel fondale per cui nessuno
crede alla coppia. Così i due tornano a immergersi, stavolta per cercare la
macchina fotografica. Ad un certo punto, mentre nuotano, puff! Li rivediamo in
una specie di grotta marina dove, evidentemente, il regista si è dimenticato
qualche passaggio, pazienza! I due vengono catturati da un dottore matto che
sorride come un idiota tutto il tempo ed indossa enormi occhiali da sole che,
nelle profondità marine, sono sicuramente utili. Il mad doctor ha creato una
specie di città sommersa con tanti bei modellini in puro japan style, dove i
mostri sono schiavi trasformati in anfibi con tanto di trapianto polmonare
espresso.
Alla fine i mostri impazziscono e i nostri eroi, che a momenti
rischiano loro stessi di diventare anfibi, riescono a fuggire. In un tripudio
di macchinari valvolari, pareti bianche e pistole con il silenziatore che
sparano a casaccio, il regista Sato abusa di primi piani e inquadrature
strette, probabilmente per risparmiare, con risultati a volte stranianti, del
tipo "ma questi due staranno dialogando
fra di loro o parlano da soli?". E' superfluo dire che i mostri sono
ridicoli, con quegli occhioni strabici e le manone che non sanno più dove farle
sventolare. Si tratta però di un film che, chiunque alla mia età, ha visto
almeno una volta da bambino su qualche canale privato nel pomeriggio, visto che
lo trasmettevano a ripetizione. Per cui è impossibile parlarne male senza
sentirsi un minimo in colpa per averne offeso così la memoria nostalgica. Ma la
vita va avanti e certi miti perdono il loro fascino con la maggiore età, per
cui è giusto rivederli con uno spirito critico più avanzato. Nonostante questo
resta impossibile non volergli almeno un pò di bene, se non altro per la
compagnia che ci ha fatto nei lunghi pomeriggi di cazzeggio casalingo quando la
voglia di studiare annegava nelle profondità del nostro cervello.
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